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Data Pubblicazione 25-07-2013

Sindrome Bardet Bield

Si tratta di una sindrome piuttosto grave e rara che si presenta associata alla retinite pigmentosa. Oltre alla degenerazione tapeto-retinica essa comprende, secondo i criteri di classificazione internazionali, almeno quattro delle seguenti anomalie: obesità, polidattilia, ritardo mentale, insufficenza renale ed ipogonadismo. I soggetti colpiti possono presentare altresì, come fenomeni secondari, una bassa statura, problemi cardiologici e, nelle femmine, duplicazione dell'utero.   

Tutti questi sintomi non si manifestano contemporaneamente alla nascita. I problemi visivi anzi spesso compaiono nella seconda decade di vita. Per questo non risulta quasi mai possibile una diagnosi sicura prima dei dieci anni di età.

La malattia è di origine genetica e si trasmette in modo autosomico recessivo. Non esistono terapie risolutive ma soltanto trattamenti sintomatici come quelli per ridurre l'obesità o la ricostruzione chirurgica dei genitali. 


Data Pubblicazione 15-07-2013

Scienza: Uniprostone contro la Retinite Pigmentosa?

L'autorità statunitense FDA ha recentemente inserito il collirio a base di "Uniprostone" fra i farmaci orfani che possono essere utilizzati per il trattamento della retinite pigmentosa. La decisione fa seguito ad uno studio, di fase II, svoltosi presso l'Università di Khiba in Giappone. Questo tipo di colliri fino ad oggi è stato utilizzato solo nella terapia contro il glaucoma. Secondo i ricercatori giapponesi sarebbe però in grado di migliorare significativamente la sensibilità retinica anche nei pazienti retinopatici. Esistono tuttavia ancora forti dubbi fra gli oftalmologi da noi interpellati. Consigliamo dunque di aspettare informazioni più dettagliate nel prossimo futuro.


Data Pubblicazione 08-07-2013

Regione Piemonte: il tavolo sulle malattie rare

Martedì 2 luglio la nostra associazione è stata invitata, dal gruppo di lavoro regionale sulle malattie rare, ad una riunione operativa dedicata alla predisposizione del Progetto Diagnostico Terapeutico ed Assistenziale (P.D.T.A.)relativo alle distrofie retiniche ereditarie. In tale sede abbiamo portato alcune proposte che sono state molto apprezzate. In particolare abbiamo innanzitutto chiesto che il PDTA auspichi che le azioni diagnostiche possano svolgersi possibilmente in una o due giornate, onde limitare i disagi di trasporto dei pazienti. Abbiamo inoltre evidenziato le numerose criticità attualmente esistenti nell'organizzazione regionale dei Centri di Riabilitazione Visiva, a partire dalla mancanza di codici specifici per tali prestazioni sanitarie. Nel corso della riunione sono altresì emersi alcuni dati sulla consistenza del Registro Regionale delle distrofie retiniche ereditarie. Attualmente vi risultano inseriti poco più di centoventi pazienti su una popolazione presunta di oltre mille. Occorre dunque fare uno sforzo per incoraggiare l'adesione e vincere alcune ritrosie espresse soprattutto da coloro che sono colpiti dalle patologie in fase iniziale. Nei prossimi mesi si continuerà comunque la stesura del documento in vista della riunione conclusiva del prossimo ottobre.


Data Pubblicazione 01-07-2013

Scienza: arriva un nuovo antiangiogenico

Nelle scorse settimane è stato presentato un nuovo farmaco destinato al trattamento delle degenerazioni maculari di tipo essudativo. Si tratta, come "Avastin", "Lucentis" e "Macugen", di un cosiddetto Anti VEGF, ovvero una sostanza che dovrebbe inibire la crescita disordinata di neo-vasi sulla superfice retinica. Il nome di questa nuova molecola e: "Aflibercept" ed è prodotta dalla casa farmaceutica Bayer. Il farmaco è già autorizzato per l'utilizzo nell'Unione Europea e negli Stati Uniti.
Il principale vantaggio, evidenziato in fase di presentazione, sarebbe soprattutto quello di consentire un numero inferiore di iniezioni intraoculari a parità di effetti terapeutici. Un altro elemento positivo però, a nostro parere, potrebbe essere quello di introdurre un po' di sana concorrenza anche in questo settore che, come ben sanno molti nostri lettori, è stato recentemente al centro di forti polemiche di cui si sta occupando, tra l'altro, anche l'Autorità Nazionale Antitrust.


Data Pubblicazione 10-06-2013

Scienza: a Firenze il Congresso Siog

Venerdì 31 maggio scorso si è svolto a Firenze il Congresso Nazionale della Società Italiana di Oftalmologia Genetica. Con piacere inviamo dunque, ai nostri lettori, una interessante relazione preparata dall'amico Claudio Pisotti, presidente dell'Associazione R.P.-Liguria. Ovviamente per ragioni di sintesi ci limiteremo a fare un breve sunto di quanto trattato dai vari relatori, scusandoci per eventuali omissioni e imprecisioni.

Dopo l'introduzione del Prof. Rosario Brancato di Milano, del Prof. Ugo Menchini e del Dott. Andrea Sodi di Firenze, la parola è passata al primo intervento della giornata fatto dalla dott.ssa Francesca Testa. La dottoressa, ha affrontato la malattia di Stargardt descrivendo la stessa, secondo i criteri legati ai risultati dell'ERG (Elettroretinogramma) ove risulta che vi sono delle situazioni che presentano il tracciato "normale" o comunque molto vicino ad esso, delle forme con ERG fotopico ridotto e infine con ERG sia fotopico che scotopico ridotto. Nel proseguo ha descritto la patologia così detta "distrofia dei coni" che presenta un coinvolgimento primitivo dei coni e, a volte, la perdita concomitante dei coni e dei bastoncelli detta "distrofia coni e bastoncelli" evidenziando la differenzazione dalla Stargardt attraverso i risultati dell'ERG e la presenza di "nistagmo" (movimenti oculari involontari). Ha infine proseguito descrivendo la "distrofia a pattern multifocale" che ha un'insorgenza intorno ai 40 anni e un decorso abbastanza benigno, e la "distrofia coroideale aereolare centrale, che normalmente insorge dai 40 ai 60 anni. E' quindi seguita la relazione del dott. Andrea Sodi, che ha affrontato la malattia di Best evidenziandone la sua espressività variabile. In questa malattia l'EOG (Elettrooculogramma) è quasi sempre alterato mentre l'ERG normalmente risulta regolare. Nel 10% circa dei pazienti, si possono presentare delle complicanze dovute alla comparsa di neovasi (necessità quindi di follow-up), che possono essere trattati con gli attuali "antiangiogenici". Il dott. Sodi, che si occupa molto dell'aspetto genetico delle distrofie retiniche, ha riferito inoltre che la malattia di Best è autosomica dominante ed è dovuta alla mutazione del gene denominato BEST1 che codifica una proteina chiamata "Destrofina". La dott.ssa Maria Pia Manitto, con la terza relazione ha quindi presentato alcuni casi di pazienti affetti da Retinoschisi. Questa patologia è caratterizzata dalla riduzione dell'acuità visiva nei maschi, a causa di una degenerazione maculare "asintomatica" ad esordio precoce. La trasmissione avviene normalmente con modello X-Linked, vi sono casi comunque di trasmissione con modelli differenti. Normalmente la malattia e il suo decorso non sono caratterizzati da emeralopia o fotofobia. Molto utile per la differenziazione clinica rispetto all'Edema maculare cistoide risulta l'esame dell'OCT. La dott.ssa Francesca Torricelli ha quindi trattato l'evoluzione in questi ultimi anni della diagnostica molecolare, che è passata dal sequenziamento del singolo gene, alla tecnica dei microarray, all'attuale NGS (Next Generation Sequencing) che viene utilizzata presso il laboratorio dell'Ospedale Careggi di Firenze. Con questo sistema (e noi aggiungiamo importantissima attività di diagnostica per i pazienti) è stato possibile effettuare l'analisi per un notevole numero di geni e dare una risposta al 70% dei casi considerati sporadici. La dottoressa ha evidenziato che la tecnica NGS fornisce una rilevante mole di dati, ma solo in pochi centri che hanno le conoscenze specifiche e l'esperienza necessaria, si può ottenere una giusta e corretta interpretazione degli stessi.

Sono poi seguite due letture magistrali: Il prof Anthony Moore di Londra, forte della sua grande esperienza al Moorfields di Londra, ha descritto le principali distrofie della retina in ambito pediatrico. Il Prof. Josè Alain Sahel di Parigi, anch'esso affermato studioso in ambito internazionale, ha correlato la prognosi per varie forme di Amaurosi Congenita di Leber in funzione del gene mutato e ha parlato dei test di optogenetica che vengono effettuati su 24 pazienti con lo scopo di attivare i coni silenti tramite proteine. In seguito ha riferito della terapia genica per la Stargardt, in fase sperimentale sull'uomo, attraverso l'uso di un Lentivirus. Tale terapia presto, completata la fase di progettazione del trial, avrà inizio anche per la forma recessiva di sindrome di Usher USH1B. E' quindi intervenuta la Prof.ssa Francesca Simonelli che con dovizia di particolari, ha spiegato l'eterogeneità con cui si presentano la RP e le altre distrofie retiniche, la possibilità di trovarsi di fronte per esempio una forma di RP non proliferante, oppure post-virale o derivante dall'assunzione di farmaci che presuppongono l'essere affrontate in modo totalmente diverso dalle RP classiche. Ha dato una puntuale descrizione dei vari esami, ai fini della corretta classificazione: il fondo, il campo visivo, l'ERG fotopico/scotopico ecc. , l'OCT che è molto importante per monitorare l'edema maculare cistoide, osservare trazioni retiniche o fori maculari ecc. l'ERG multifocale, la microperimetria che mappa in modo preciso la retina. Ha poi descritto varie patologie quali la sindrome di Usher, la Bardet-Bield, la malattia di Refsum, l'Amaurosi di Leber, parlando anche della loro differenziazione in funzione della genetica molecolare. Il Prof. Enzo Vingolo ha affrontato il tema delle Distrofie Vitreoretiniche, affermando che vi sono varie forme di origine genetica, molto spesso associate a cataratta. In genere, ha sottolineato, è proprio in condizioni di presenza di cataratta precoce che in seguito si sviluppa una Distrofia vitreoretinica. Durante la relazione ha associato varie sindromi alle Distrofie vitreoretiniche, descrivendone le relative mutazioni genetiche che le causano. Dal punto di vista chirurgico, ha escluso la possibilità, in presenza di Distrofia vitroretinica, l'intervento per distacco di retina ritenendo la prognosi successiva quasi sempre infausta. Il Prof. Sandro Banfi, ricercatore di base in campo genetico-molecolare, ha riferito che più di 50 geni sono ad oggi risultati responsabili di distrofie retiniche. Attualmente le sue ricerche vertono in particolare sulle forme delle malattie a trasmissione recessiva. Alcuni anni fa, per analizzare 1 gene occorrevano da 2 settimane ad 1 mese, oggi la tecnologia NGS potenzialmente offre la possibilità di analizzare tutto il genoma ma, riprendendo il discorso della dott.ssa Torricelli, esistono delle difficoltà date dalla corretta interpretazione della grande mole di dati forniti. La tecnologia NGS offre di fatto tre possibilità: il sequenziamento "Target" (ristretto a un gruppo di geni conosciuti), il sequenziamento "Esomico", il sequenziamento "Genomico". Quello usato nelle sue attuali ricerche per analizzare le mutazioni e scoprire eventuali nuovi geni causativi di distrofia è il sequenziamento "Esomico" . continuando la sua relazione è quindi passato a descrivere la scoperta del nuovo gene ADAMTS18 (è possibile visionarne la descrizione attraverso il sito di RP Liguria www.rpliguria.org). Il Prof. Claudio Azzolini ha affrontato l'argomento della proliferazione vitreoretinica (PVR) spiegando che dal punto di vista clinico la PVR risulta una grave complicanza del distacco di retina, caratterizzata dalla formazione di membrane fibrose nel vitreo e sulla superficie retinica. La relazione in particolare si è rivolta oltre che agli aspetti clinici ed a eventuali possibilità di trattamento, anche agli aspetti genetici della malattia. Il Prof. Antonio Ciardella ha affrontato il tema "Trattamento antiangiogenico dell'AMD (Degenerazione Maculare) : aspetti genetici" . La relazione ha posto due quesiti: - Può il fattore genetico essere modificato in AMD ? - Può la terapia essere mirata in funzione della mutazione in AMD ?. Durante la relazione è stato riferito che diversi polimorfismi sono stati associati ad AMD da riferirsi in particolare ai geni HTRA1 - ARMS2 posti sul cromosoma 10. L'alterazione di questi geni aumentano la possibilità di rischio di sviluppare l'AMD. Ponendo 100% come rischio, il 70 % può essere imputato all'alterazione genetica, il 30% ai fattori ambientali. In realtà rispondendo alle domande iniziali, entro certi limiti, come dimostrato dallo studio AREDS2, l'assunzione di luteina e zeaxantina può modificare il rischio. Mentre come rilevato dallo studio CATT , non è stata trovata una correlazione diversa nella terapia con antiangiogenici.


Data Pubblicazione 27-05-2013

Scienza: scoperta in Italia una nuova mutazione

Da una collaborazione fruttuosa fra mondo dei pazienti e della ricerca arrivano nuove informazioni sulle basi ereditarie della cecità: grazie a un progetto finanziato dall'Associazione per la retinite pigmentosa e altre malattie della retina - RP Liguria, il gruppo di ricerca guidato da Sandro Banfi dell'Istituto Telethon di genetica e medicina (Tigem) di Napoli ha infatti identificato un nuovo gene, chiamato ADAMTS18, responsabile di una malattia genetica oculare, la distrofia retinica autosomica recessiva a esordio precoce.  I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica internazionale Orphanet Journal of Rare Diseases e sono il frutto dell'applicazione di innovative tecniche per l'analisi del genoma umano, quelle per il "sequenziamento di nuova generazione" che consentono oggigiorno di esaminare grandi quantitativi di Dna alla volta. Come spiega Sandro Banfi, "siamo partiti cercando di chiarire il difetto genetico responsabile della grave disfunzione retinica riscontrata in un paziente già nei primi anni di vita che non era spiegabile con le conoscenze che avevamo fino a quel momento. Purtroppo non sono pochi i pazienti in questa situazione: basti pensare che ad oggi non siamo ancora in grado di fare una precisa diagnosi molecolare oltre la metà delle persone affette da malattie ereditarie della retina, visto l'alto numero di geni responsabili molti dei quali ancora non noti. Anche in assenza di una terapia, questo è un presupposto essenziale per mettere in atto oggi le strategie più adatte per preservare la capacità visiva residua e per eventualmente indirizzare il paziente in futuro a terapie sperimentali specifiche". Analizzando il patrimonio genetico del paziente, i ricercatori napoletani hanno individuato un'anomalia in un particolare gene, ADAMTS18, che però fino a quel momento non era mai stato associato a quel tipo di malattia genetica della vista: per confermare che si trattasse effettivamente della mutazione responsabile della malattia hanno quindi innanzitutto analizzato il Dna di oltre 500 individui sani, senza riscontrare il difetto in nessuno di essi. Successivamente, hanno verificato in un modello animale quale fosse la funzione normale del gene in questione. Come spiega Ivan Conte, un altro ricercatore Tigem coinvolto in questo lavoro, "nel pesce medaka, che condivide con l'uomo una percentuale molto alta di geni, abbiamo visto che l'inattivazione di ADAMTS18 si traduce nella comparsa di problemi a carico del sistema nervoso, soprattutto a livello della retina, proprio come nel nostro paziente. Abbiamo quindi non solo avuto la conferma della diagnosi nel nostro paziente, ma abbiamo anche scoperto un nuovo gene-malattia responsabile di distrofia retinica ereditaria". Questo studio rappresenta quindi un nuovo tassello in quel complicato puzzle che è la mappa delle basi genetiche delle malattie ereditarie della retina responsabili di cecità, che contribuirà a migliorare non solo la diagnosi genetica di queste malattie, ma anche la comprensione dei meccanismi biologici alla base dello sviluppo del danno retinico. Una migliore conoscenza di questi meccanismi è infatti il presupposto essenziale per la messa a punto di terapie efficaci, sia tradizionali sia avanzate come la terapia genica. "Siamo molto soddisfatti per questo importante risultato raggiunto" dichiara il presidente dell'Associazione RP Liguria Claudio Pisotti: "ancora una volta la sinergia tra un'associazione dei pazienti e validi ricercatori ha dimostrato di essere la carta vincente in un periodo di crisi economica nazionale dove è fortemente penalizzato il mondo della ricerca. Resta quindi fondamentale anche per il futuro il sostegno che ogni paziente può dare alle associazioni affinché possano aiutare la ricerca a conquistare questi rilevanti traguardi".


Data Pubblicazione 01-03-2022

Madrid: un convegno della Novartis

Durante il weekend del 19 e 20 aprile, la nostra consigliera Sandra Giacomazzi, responsabile dei rapporti internazionali di APRI-onlus, si è recata a Madrid per un convegno su invito della casa farmaceutica Novartis. L'argomento del convegno era L'utilizzo dei social Media come strumenti di comunicazione per le associazioni di pazienti. Erano presenti al convegno rappresentanti di pazienti di ogni categoria e di tutto il mondo e numerosissimi addetti alle pubbliche relazioni di Novartis. Per quanto riguarda l'argomento del convegno, abbiamo imparato dell'esistenza di tanti social media meno conosciuti, e abbiamo visto come molte associazioni utilizzano questi mezzi per attrarre pazienti alle loro associazioni e per affrontare le loro varie esigenze di comunicazione. Ce sempre da imparare, ma bisogna dire che fra il nostro sito, il nostro profilo su Facebook e Twitter e il nostro Canale YouTube, grazie al nostro consigliere Alessandro Albano, questi mezzi li stiamo già sfruttando egregiamente. C'era, però, un nuovo mezzo che è stato particolarmente interessante. Ad ogni partecipante è stato consegnato una chiavetta USB chiamata Poken. La chiavetta fungeva da biglietto da visita elettronica, permettendo ai partecipanti di scambiare i loro dati personali "dandosi la mano", attraverso le chiavette. Toccandosi, si illuminavano confermando il successo della trasmissione reciproca dei dati. Era anche possibile usare il Poken per caricare il sommario di ogni presentazione.Come spesso succede in queste occasioni, non è solo il contenuto che conta, ma il networking che si riesce a fare conoscendo delle persone nuove. A questo proposito, sono stati particolarmente teressanti gli incontri con la Royal Society for the Blend a Londra e l'Associazione per i pazienti con la degenerazione maculare, sempre di ondra. Erano presenti anche due membri del Ministero della Salute di Barcellona e una giovane Legale della Novartis. Naturalmente non c'era il tempo, né quello era il luogo adatto per polemizzare sulla politica monopolistica della Novartis riguardo al farmaco anti-angiogenico  Lucentis. Però, i contatti presi saranno utili per aprire un dialogo e confrontarsi con gruppi di pazienti di altri Paesi.


Data Pubblicazione 28-02-2022

Retina: il futuribile, il sostenibile

Come preannunciato la scorsa settimana abbiamo potuto partecipare, insieme agli amici liguri, al convegno scientifico nazionale "Retina: il Futuribile, il Sostenibile", svoltosi ad Alessandria, su iniziativa della dott. Daniela Dolcino, sabato 23 marzo u.s. 

La manifestazione ha confermato le aspettative rivelandosi di alto spessore scientifico.  Nel corso delle sue sessioni abbiamo infatti potuto ascoltare relazioni assai interessanti ed a tratti anche affascinanti. Tutti gli aspetti concernenti la retina, dalla chirurgia, alla diagniosi, dal trattamento farmacologico alle prospettive protesiche sono stati trattati approfonditamente ma il linguaggio utilizzato ha permesso, anche ai non addetti ai lavori, di comprendere gli interventi dei relatori.  

Passando dunque brevemente in rassegna i principali contributi inizieremo senz'altro da quello del prof. Stanislao Rizzo di Pisa che ha nuovamente esposto i risultati ottenuti con l'impianto della retina artificiale "Argus II". I dati presentati ricalcano sostanzialmente quelli già emersi nel nostro convegno scientifico di Agliè e nel corso della conferenza stampa di Milano.

Il progetto va comunque avanti, nonostante le difficoltà economiche, e si spera in progressivi miglioramenti dei componenti utilizzati oltre che del software che regola il sistema.   

Molto interessante anche la relazione della dott. Grazia Pertile dell'ospedale di Negrar (VR). L'insigne retinologa si è soffermata a descrivere il "trapianto autologo di coroide", un complesso intervento chirurgicooggi possibile per il trattamento di taluni casi selezionati di maculopatie.

I risultati ottenuti non sono ancora molto entusiasmanti ma le prospettive appaiono comunque non  prive di interesse.  Si tenga conto infatti che una simile operazione, fino a qualche tempo fa, sembrava impensabile.

Altri interventi si sono addentrati poi ad approfondire argomenti avvenieristici come la possibile rigenerazione del tessuto retinico. Su questo punto non esiste ancora una posizione unanime dei ricercatori. Sappiamo infatti che alcune specie animali possiedono una retina rigenerabile ma a livello umano, almeno per ora, sussistono soltanto indizi, sia pur incoraggianti. 

Sul tema dell'ocriplasmina, sostanza che dovrebbe consentire, per lo meno in alcuni casi, la separazione non chirurgica del corpo vitreo dalla superfice retinica, si è soffermato il prof. Rossi di Genova. Questo farmaco si sta dimostrando molto efficace nelle situazioni iniziali di trazione vitreo-retinica che, se non trattate tempestivamente, possono determinare l'insorgere di un foro maculare. L'ocriplasmina potrebbe essere autorizzata in Europa nei prossimi mesi.

Abbiamo altresì ascoltato, con grande ammirazione, gli approfonditi contributi del dott. Giovanni Anselmetti, primario dell'Ospedale Maria Vittoria di Torino, che si è soffermato a descrivere le più moderne tecniche terapeutiche per la retinopatia degli immaturi, e del dott. Vito Belloli, primario oculista di Borgomanero, che si è occupato della vitrectomia mininvasiva, oggi possibile attraverso l'utilizzo di nuovi e piccolissimi strumenti chirurgici.    

Molto interesse ha infine suscitato l'atteso intervento della prof. Francesca Simonelli di Napoli, una delle principali ricercatrici italiane nel campo delle distrofie retiniche ereditarie. La sua relazione ha riproposto le prospettive di terapia genica, già positivamente sperimentate nell'amaurosi congenita di Leber. I prossimi passi, in tale direzione, si stanno indirizzando sul possibile trattamento della Malattia di Stargardt e, in prospettiva, di alcune forme di retinite pigmentosa di cui però sia chiaramente individuata l'anomalia genetica che ne sta alla base.   

Eccovi comunque, per rendere più completa questa breve sintesi, un'intervista registrata all'organizzatrice del convegno dott. Daniela Dolcino. Quì sotto il link per la visione: GUARDA IL VIDEO


Data Pubblicazione 25-03-2013

Piacenza: ancora disponibili alcuni posti

Rinnoviamo l'appello per la partecipazione al Convegno Internazionale sulla tecnologia che si svolgerà a Piacenza sabato 13 aprile p.v. Il pulmann partirà, da via Nizza 151 a  Torino, alle ore 7,30. La quota di partecipazione, comprendente viaggio, iscrizione e buffet di mezzogiorno, è stata fissata in euro 25 per i soci, ed euro 30 per tutti gli altri. Per ulteriori informazioni ed iscrizioni telefonare alla sede centrale (011 - 664.86.36) e chiedere di Aurora.


Data Pubblicazione 05-02-2013

Torino: il "Maria Vittoria" ritira Avastin

Nell'ambito del giro di orizzonte che stiamo effettuando, fra gli ospedali piemontesi, circa l'utilizzo del farmaco Avastin nel trattamento delle degenerazioni maculari senili, abbiamo ricevuto questa settimana notizie fresche dal Maria Vittoria. Ebbene, ci è stato comunicato che la Direzione Sanitaria di tale nosocomio ha ordinato alla farmacia interna di ritirare il prodotto dal reparto di oftalmologia vietandone la somministrazione ai pazienti maculopatici. Come si può dunque notare la situazione resta alquanto confusa ed ogni ospedale si comporta in modo assai diverso. Speriamo dunque di poter presto incontrare l'assessore regionale alla sanità a cui abbiamo chiesto ufficialmente un appuntamento urgente.


Data Pubblicazione 28-01-2013

Cristallini in provetta?

La rivista scientifica "Stem Cell Translational Medicine" ha recentemente pubblicato uno studio, realizzato, presso l'Università australiana di Melbourne, dal ricercatore italiano prof. Tiziano Barberi, che lascerebbe intravvedere la possibilità di produrre, comunque in un futuro assai remoto, cristallini umani da trapiantare partendo da cellule staminali embrionali.
Dopo esserci consultati con alcuni membri del nostro comitato scientifico ci sentiamo, in coscenza, di ridimensionare notevolmente la notizia. Può essere infatti culturalmente interessante conoscere con precisione i meccanismi biologici che stanno all'origine della formazione del cristallino, come di altri organi fra cui la retina.
Ben diversa appare però la questione concernente l'eventuale utilizzo pratico di una tale scoperta. A parte i gravissimi problemi etici che porterebbero all'eliminazione di un essere umano per la semplice produzione di una lentina già disponibile in commercio a poche decine di euro, resta il fatto che l'uso di cellule staminali embrionali, a tutt'oggi, è considerato assai pericoloso per la salute del ricevente a causa dell'alto rischio di sviluppi neoplastici. Anche per il trattamento delle cataratte congenite dunque sembrano assai più promettenti gli studi relativi alla costruzione di cristallini artificiali più evoluti.


Data Pubblicazione 21-01-2013

Alessandria: ci scrive la dott. Dolcino sulla questione Avastin

Con piacere pubblichiamo integralmente una lettera, inviataci dalla dott. Daniela Dolcino, primario della Struttura Complessa di Oftalmologia presso l'Ospedale di Alessandria. La posizione espressa è sostanzialmente contraria all'utilizzo "off label" del farmaco Avastin nelle degenerazioni maculari senili. Sollecitiamo ovviamente anche gli altri primari piemontesi a far sentire la propria voce.

Buonasera. La ringrazio per il suo interessamento. Per quel che riguarda la Struttura Complessa di Oculistica dell'ASO di Alessandria, la situazione è piuttosto semplice e poco fantasiosa: abbiamo seguito la legge. Dal momento in cui Lucentis e Macugen sono stati commercializzati in Italia ed ammessi alla rimborsabilità da parte del SSN, li abbiamo utilizzati sottoponendoci al faticosissimo monitoraggio nazionale. Infatti quando esiste un farmaco registrato per una indicazione ( ad es la degenerazione maculare senile essudativa) non si può fare un altro farmaco non registrato ( Finanziaria 2007). Vista la diffusa confusione , abbiamo richiesto ed ottenuto la certificazione di qualità per il percorso di iniezioni intravitreali, al fine di presentarci ai nostri utenti con una patente di affidabilità. Questo ci ha ulteriormente obbligati all'osservanza della normativa vigente. Abbiamo dunque utilizzato Avastin solo nei casi in cui non vi era un farmaco registrato : edema maculare diabetico, edema posttrombotico, neovascolarizzazione nel miope elevato, altre neovascolarizzazioni retiniche, Retinopatia del pretermine. Da Dicembre 2012 la normativa è però ulteriormente cambiata. Oggi Lucentis riporta sul foglio illustrativo ed è rimborsabile con le seguenti indicazioni: degenerazione maculare essudativa legata all'età, edema diabetico, edema posttrombotico. Quindi anche in queste due ultime  patologie non possiamo più iniettare Avastin. Nella degenerazione miopica, nella retinopatia del pretermine, nelle neovascolarizzazioni coroideali di altra natura, in cui non esiste un farmaco registrato, si può fare l' off label ( es Avastin). I requisiti  per eseguire una terapia off label sono i seguenti : mancaanza di un farmaco registrato per quell'utilizzo, letteratura scientifica a supporto del farmaco off label, consenso informato,  commercializzazione del farmaco per altri usi. Avremo quindi anche noi un aumento della spesa sanitaria. Anche se gli studi comparativi tra Avastin e Lucentis ( Catt e Ivavn) parlano di effetti collaterali simili con entrambi i farmaci, la maggior pericolosità sottolineata dall'Aifa, rende estremamente difficile la posizione del medico e di una Direzione Sanitaria che si assumano la responsabilità di un trattamento con Avastin. La soluzione ideale sarebbe l'esecuzione di ulteriori studi clinici comparativi ma credo che, stante la presente normativa, non resti altro che riconoscere all'oculistica un capitolo di spesa riguardante la spesa farmacologica superiore rispetto al passato. In passato la spesa farmacologica era molto bassa per l'oculistica. Oggi non si può trascurare l'importanza sanitaria e sociale di questa terapia che garantisce e talvolta restituisce a moltissimi pazienti una autonomia. Bisogna pensare altresì alla spesa sociale di una persona non vedente o gravemente ipovedente. Solo allora, la spesa sanitaria necessaria per il farmaco apparirà una spesa utile non solo socialmente ma anche economicamente. Esiste, tra l'altro, un health tecnology assesment proprio a proposito del Lucentis.

dott. Daniela Dolcino


Data Pubblicazione 14-01-2013

Che dire di "Auxdeco"?

Sembra il tormentone di questi ultimi mesi. C'è, come sempre, chi si entusiasma e chi, forse con maggiore senso pratico, preferisce ricordare tanti e tanti altri episodi di "nuovi dispositivi miracolosi" rivelatisi, dopo qualche tempo, vere e proprie bolle di sapone. Di che cosa si tratta? I più scettici hanno già soprannominato questo sistema "la fascia del Samurai" che ridona la vista. In realtà, al di là delle suggestioni, Auxdeco, questo è il nome commerciale del prodotto, non opera tanto sul piano visivo quanto piuttosto a livello tattile. Esso consiste in una fascia, comandata da una micro-telecamera computerizzata, da posizionare sulla fronte del non vedente. La fascia elettronica contiene 512 elettrostimolatori in grado, a detta dei produttori, di riprodurre il profilo delle immagini sul capo di chi la indossa. Tali immagini, sempre a detta dell'azienda giapponese, potrebbero essere successivamente percepite ed interpretate dalla corteccia cerebrale deputata alla elaborazione delle immagini vere.
I risultati pubblicizzati parrebbero eccezionali ma... quando mai si è visto qualcuno che non esalti il frutto di una propria realizzazione, specialmente quando da questa potrebbero derivarne notevoli guadagni?

Da parte nostra tuttavia non ci sembra giusto neppure "tranciare" aprioristicamente il progetto che è approdato in Italia da qualche mese, facendo parlare di sè numerosi organi d'informazione.
Auxdeco è frutto degli studi sviluppati in Giappone da un certo prof. Yonezo Kanno. La società produttrice,, che ha aperto recentemente una filiale italiana nel Molise, è la "Eyesplusplus" di Tokyo. La campagna di sensibilizzazione nel nostro paese si avvale, fra l'altro, del patrocinio dell'Unione Italiana Ciechi. Gli oculisti da noi interpellati ostentano comunque un grande scetticismo. Mancano pubblicazioni scientifiche accreditate e risultati verificati da soggetti terzi e imparziali.

Più che gli oculisti tuttavia dovrebbero forse pronunciarsi i neurologi o i neuro-oftalmologi. Auxdeco pare infatti postulare un processo di interazione fra tatto e vista che non è stato mai profondamente indagato dalla scienza ufficiale. Staremo dunque a vedere. Per ora consigliamo prudenza, specialmente prima di mettere mano al portafoglio.


Data Pubblicazione 04-12-2012

Genova: qualche notizia in più sulla retina artificiale IIT

Giovedì 15 novembre si è svolta a Genova un'interessante conferenza nella quale è stato illustrato il progetto italiano per la costruzione di un nuovo tipo di protesi retinica, ancora in sperimentazione su modello animale. Grazie alla gentile concessione degli amici dell'associazione R.P.-Liguria siamo in grado di inviarvi un'interessante relazione sui contenuti emersi.

Nei giorni scorsi una delegazione di RP Liguria ha partecipato ad un incontro tenuto da  ricercatori dell'IIT Istituto Italiano di Tecnologia, su un tema per noi sicuramente di rilevante interesse: la retina artificiale.
 "Occhio per occhio, neurone per neurone…verso la retina artificiale"  con questo titolo è stata presentata la relazione congiunta del dott. Fabio Benfenati  Direttore del Neuroscience and Brain Technologies dell'IIT di Genova Morego e del dott. Guglielmo Lanzani, Direttore  del Center for Nano Science and Tecnology dell' IIT di Milano.
Il dott. Guglielmo Lanzani, fisico della materia, durante l'introduzione ha portato come esempio le nuove tecnologie (es. telefonini, tv ecc..),  per descrivere  come tecnologi e fisici, nei recenti anni passati,  abbiano potuto constatare che determinate molecole che contengono atomi di carbonio, le quali sono conduttori elettrici ma anche di luce potessero essere utilizzate per creare varie applicazioni. Da queste conoscenze tecnologiche, i ricercatori dell'IIT si  sono chiesti se sviluppando  polimeri organici fotovoltaici a base di carbonio, gli stessi fossero in grado di interagire con i neuroni, cellule sensibili ai campi elettrici, stimolandoli a condurre un segnale elettrico, trovando applicazione sulla retina, per contrastare  gli effetti dovuti a gravi malattie, come la retinite pigmentosa e la degenerazione maculare che ne compromettono la funzionalità. Dopo varie sperimentazioni, di cui il dott. Lanzani ha portato ampia documentazione in merito al lavoro di ricerca svolto, facendo vedere l'attività e le applicazioni di segnali luminosi sul singolo neurone con relative registrazioni elettriche,  verificando che ciò era tecnicamente possibile.
Prendendo la parola il dott. Benfenati, medico neurologo ricercatore, ha introdotto l'argomento descrivendo la struttura retinica composta dall'epitelio pigmentato, dai fotorecettori (coni e bastoncelli), dalle cellule bipolari, dalle cellule gangliari e altre cellule che convogliano lo stimolo elettrico al nervo ottico e quindi al cervello.
In particolare riferendosi ai fotorecettori retinici, ha spiegato che l'attività elettrica avviene attraverso un processo biochimico, per cui se vengono investiti da uno stimolo luminoso generano un segnale elettrico che viene condotto al nervo ottico attraverso tutta la serie di cellule citate sopra. La degenerazione dei fotorecettori purtroppo fa si che venga interrotta questa attività elettrica.
In funzione dei risultati ottenuti nelle ricerche (descritte in precedenza dal dott. Lanzani) il gruppo di ricerca ha deciso di sperimentare l'uso dei polimeri su retine espiantate di ratti.
In un primo tempo questi polimeri sono stati posizionati sulle cellule gangliari di ratti albini con degenerazione dei fotorecettori indotta, si è verificato però che in questa posizione perdevano la capacità di trasmissione. In un secondo tempo sono stati messi al posto dei fotorecettori degenerati ed in questo modo avevano la capacità di trasmettere gli stimoli.
Nel dettaglio l'esperimento è stato condotto sottoponendo ratti albini a luce tenue indotta per 3 - 6 settimane ed in seguito a luce forte per 72 ore  e dopo 3 - 6 settimane è stata espiantata la retina. Tramite apparecchi per elettroretinografia  si è potuto constatare un recupero della sensibilità alla luce infatti:
Luce indotta a retina normale su vetro si registra uno stimolo
Luce indotta a retina cieca su vetro non si registra alcuno stimolo
Luce indotta a retina cieca su polimero si registra uno stimolo
Concludendo i polimeri recuperano la sensibilità alla luce di una retina con degenerazione dei fotorecettori. 
Dopo questi incoraggianti risultati, i ricercatori, passando alla fase successiva, hanno progettato di realizzare un impianto (protesi retinica), creando una retina artificiale estremamente flessibile, biocompatibile porosa, formata da un substrato composto da proteina pura della seta su cui si posiziona il polimero in modo da rendere il tutto maggiormente adattabile  e compatibile alla struttura dell'occhio. Questa deve essere inserita e posizionata con un intervento chirurgico in una tasca sottoretinica, in sostituzione delle cellule fotorecettrici.
Attualmente, realizzata la struttura in polimero come sopra descritta, sono stati impiantati circa una decina di ratti, da parte della dottoressa Maria Grazia Pertile Direttore del U.O. dell'Ospedale Sacro Cuore - Don Calabria di Negar Verona, che collabora al progetto. I ricercatori sono in attesa di verificare a breve, attraverso esami elettroretinografici e OCT, gli esiti.
Durante l'incontro, il dott. Benfenati ha inoltre sottolineato che questo tipo di approccio con i polimeri possono godere di un più versatile utilizzo rispetto alle altre protesi visive attualmente in fase di sperimentazione avanzata sull'uomo; infatti queste ultime essendo a base di silicio sono rigide, mentre quelle a base di polimeri usufruendo di una diversa tecnologia nei materiali, risultano flessibili.
Concludendo il dott. Benfenati ha riferito che se i risultati, come pensano, saranno positivi, potrebbe non essere lontana l'applicazione sull'uomo, non prima però di essere testata su animali di taglia superiore (es. maiali) al fine di verificarne la biocompatibilità totale e la durata nel tempo del sistema impiantato.


Data Pubblicazione 20-11-2012

Convegno di Agliè: relazione del Dott. Cusati


Potete scaricare la scaricare la relazione che avrebbe dovuto esporre il dottor Cusati al convegno scientifico di Agliè.

Purtroppo il dottore non è potuto essre presente, ma ci ha inviato la sua relazione che pubblichiamo con molto piacere.


Data Pubblicazione 10-11-2012

Aglie': un primo resoconto in attesa delle registrazioni

Inviamo, insieme agli amici liguri, una prima relazione concordata sui contenuti emersi nel convegno scientifico di Agliè svoltosi sabato 27 ottobre scorso. Stiamo, nel frattempo, caricando i filmati di tutti gli interventi sul nostro canale youtube. Non appena il lavoro sarà terminato provvederemo quindi ad inviarvi direttamente i link attraverso questa news-letter.   

RESOCONTO CONGIUNTO A.P.R.I. e  R.P. LIGURIA CONVEGNO DI AGLIE' (TO)

Il verde Canavese, ed in particolare il comune di Agliè, patria del poeta Guido Gozzano, ha ospitato, il 27 ottobre scorso, la VII edizione del convegno scientifico nazionale: "Distrofie Retiniche Ereditarie: il punto della ricerca in Italia e all'estero". L'organizzazione, gestita dal collaudato tandem APRI-onlus e Associazione R.P.-Liguria, si è allargata quest'anno al Centro di Riabilitazione Visiva dell'ASL TO-4. Oltre duecentocinquanta sono stati i partecipanti che hanno gremito il bellissimo Salone "Alladium" messo a disposizione dall'amministrazione comunale di Agliè. I tredici interventi scientifici, di assoluto valore, hanno scandagliato la materia sotto svariate angolature e fornito non poche preziose informazioni di prima mano.         

Dopo la prolusione introduttiva del dott. Giuseppe De Marie, responsabile del CRV eporediese, è stata infatti subito la volta della dott. Caterina Pisano proveniente da Arona. Il tema da lei sviscerato era, del resto, uno di quelli generalmente meno amati dagli oculisti e, di converso, maggiormente atteso dai pazienti: la degenerazione maculare di tipo secco. Quasi sempre le relazioni su questo tema si riducono a molti dati statistico-epidemiologici, a generiche "prediche" sulla necessità di condurre una vita sana e a vaghe e incerte prospettive sulle possibili future   terapie. La dott. Pisano invece è stata molto concreta ed ha snocciolato numerosi promettenti filoni di ricerca che si stanno sviluppando, contro questa malattia, anche in luoghi assai lontani come il Brasile, la Thailandia e l'Arabia Saudita.

E' quindi salita sul podio una delle relatrici più costanti ed apprezzate in questi convegni ovvero la genetista dott. Cristiana Marchese, membro del Comitato Scientifico APRI fin dalla fondazione del sodalizio. Il suo intervento è stato seguito con particolare attenzione da tutta la platea. La ricercatrice torinese ha illustrato, con il consueto linguaggio scientificamente rigoroso ma accessibile a tutti, i più recenti progressi in campo di indagine genetica:

"Oggi, con la tecnica NGS" - ha affermato - "si può esaminare il DNA di un paziente con assai maggiore velocità. Tutte le anomalie geniche possono essere evidenziate ma poi non è facile distinguere quali effettivamente stanno all'origine delle varie malattie e quali sono soltanto mutazioni ininfluenti".

E' stata quindi la volta della dott. Chiara Pierrottet dell'Ospedale San Paolo di Milano. Ella ci ha descritto le potenzialità terapeutiche della "miriocina", una sostanza di origine fungina, veicolata nell'occhio attraverso "nanosfere" che è stata sperimentata sui topi presso la struttura milanese. Le prospettive sono incoraggianti ma, come in modo chiaro ha evidenziato la dottoressa,  prima di iniziare trattamenti sull'uomo bisognerà ancora attendere varie fasi di sperimentazione su animali di taglia maggiore. Una relazione che senz'altro ha contribuito a delineare in modo corretto lo stato della ricerca su questa potenziale nuova terapia.   

Non sono mancati altresì contributi originali ed innovativi sul fronte riabilitativo. In tal senso ha relazionato soprattutto il prof. Guido Corallo di Genova che si è soffermato a considerare le potenzialità di recupero funzionale nelle gravi amputazioni del campo visivo. Egli ha osservato come spesso i divulgatori scientifici propaghino una idea distorta e riduttiva di cosa significhi la riduzione del campo visivo. In realtà nelle zone compromesse l'ipovedente crede spesso di vedere mentre, in realtà,  il cervello compensa le lacune, non sempre correttamente. Il prof. Corallo ha terminato quindi il suo contributo indicando che, proprio grazie alla plasticità del cervello, entro certi limiti, alcune tecniche, fra cui l'elettrostimolazione, potrebbero probabilmente consentire un ampliamento funzionale del residuo campimetrico.

Altro momento forte della manifestazione si è avuto con l'esposizione della dott. Laura Cinelli di Pisa. Il suo intervento si è incentrato su un tema affascinante e coinvolgente: le protesi retiniche o, come spesso si usa dire sui mass-media "l'occhio bionico". La dott. Cinelli ha portato la sua esperienza a proposito del dispositivo "Argus II" già impiantato su sette pazienti presso la Clinica Oculistica dell'Università di Pisa. I risultati sono indubbiamente incoraggianti ma bisogna sapere che, al momento, la vista ottenibile attraverso questi strumenti è ancora assolutamente primitiva e poco dettagliata.

Anche le altre relazioni sono state assai interessanti. La genovese prof. Dina Ghiglione ha parlato di un tema di attualità: i test genetici predittivi sui rischi di contrarre la degenerazione maculare senile. Il tema è stato affrontato con estrema chiarezza descrivendo le varie fasi ed evidenziando che, il test necessita del supporto di un medico per dare al paziente indicazioni sulla effettiva necessità nell'esecuzione ed una corretta interpretazione a risultati ottenuti. Naturalmente considerando che sono test predittivi di valutazione di rischio, occorre osservare che sono senz'altro molto utili ma non infallibili.

Il dott. Luigi Fusi, presidente del Comitato Scientifico APRI-onlus, ha esposto numerose significative statistiche sulla scarsa attenzione prestata dal nostro paese alle tematiche relative all'ipovisione ed alla riabilitazione visiva.

Il tossicologo prof. Luigi Valdenassi si è soffermato a descrivere le opportunità offerte dall'ozonoterapia. Si tratta di un argomento molto dibattuto nella letteratura scientifica e non ancora giunto a conclusioni certe. L'alessandrino dott. Matteo Sferra ha illustrato con dovizia di particolari, le nuove prospettive diagnostiche e prognostiche offerte dalle più moderne tecniche di tomografia a coerenza ottica (OCT), che in questi ultimi anni hanno preso sempre più campo sia per le diagnosi sia per il follow-up dei pazienti in trattamento.

I lavori sono stati infine conclusi, dopo la brillante relazione sulle uveiti del dott. Savino D'Ameglio,  dalla psicologa dott. Simona Guida. Il suo intervento ha ottimamente riassunto lo stato d'animo presente nelle persone ipovedenti colpite da patologie di tipo degenerativo. Il ruolo dello psicologo riveste dunque un'importanza fondamentale in ogni percorso riabilitativo. 

In concreto occorre evidenziare che anche in questo convegno, grazie all'autorevolezza nelle conoscenze specifiche e dirette sulle materie trattate da parte dei relatori,  i resoconti scientifici presentati hanno dato la giusta e corretta dimensione , al di fuori dei sensazionalismi giornalistici e dei midia, di ciò che è possibile affrontare attualmente in tema di malattie retiniche. La chiara esposizione degli  argomenti ha senz'altro contribuito a far comprendere ai partecipanti al convegno, quali siano i limiti e le potenzialità offerte dalla ricerca, in modo anche da preservare i pazienti da "false aspettative" e promesse da parte di qualche "mago di turno" che di  volta in volta si presenta, non per curare, ma per alleggerire il nostro portafoglio.       

Nel concludere con una punta di orgoglio, ci appare naturale mettere in evidenza che questo sforzo organizzativo, è stato possibile esclusivamente grazie alla determinante presenza sul territorio delle associazioni, - così come risultano possibili altre importantissime attività svolte a favore dei pazienti affetti da malattie retiniche-. Tali evidenze dovrebbero indurre le persone a riflettere e valutare attentamente l'opportunità e necessità di continuare a sostenere questi sodalizi, nell'interesse di tutti i retinopatici. Un sentito grazie a tutti i ricercatori intervenuti che hanno permesso il successo di questo convegno. A.P.R.I.  e  R.P. Liguria


Data Pubblicazione 28-10-2012

Agliè: un congresso pieno di stimoli

Davvero soddisfacente la riuscita del convegno scientifico di Agliè dedicato alle Distrofie Retiniche Ereditarie. Abbiamo profuso, insieme agli amici dell'Associazione R.P.-Liguria,  molte risorse ed energie nell'organizzazione ma i risultati ci hanno compensati degli sforzi. Circa duecentocinquanta i partecipanti, ottima la location, interessantissime le relazioni. Non possiamo certo, nel breve spazio di questa news-letter, riassumere i contenuti di ben tredici interventi assai densi ed approfonditi. Abbiamo tuttavia il piacere di preannunciare che l'intero convegno è stato videoregistrato e dunque, non appena montati e ottimizzati, i filmati delle relazioni verranno caricati sul nostro canale youtube. Anche gli amici più lontani avranno così la possibilità di gustare gli interventi. Vorremmo in conclusione ringraziare sentitamente tutti coloro che ci hanno aiutato nel realizzare questa importante iniziativa: la già citata associazione RP-Liguria, l'ASL TO-4, il comune di Agliè, la Pro Loco ed il Centro di Riabilitazione Visiva di Ivrea.


Data Pubblicazione 22-10-2012

Genova: in arrivo una retina artificiale tutta italiana?

Riportiamo, con tutte le cautele del caso, un interessante articolo, del giornalista scientifico Marco Pivato, apparso sul quotidiano La Stampa della scorsa settimana. Occorre comunque precisare che, rispetto ai dispositivi già in commercio, quì si fa riferimento a ricerche affascinanti ma ancora allo stato embrionale di sviluppo.

Sono passati 10 anni dallo "scandalo Schön", l'ex fisico tedesco assurto alla gloria dopo aver collezionato un'imponente letteratura, in tema di nanotecnologie, sulle riviste scientifiche più famose. Un ascesa, però, sulla quale è inciampato, dopo che i colleghi scoprirono che aveva sistematicamente falsificato i dati dei suoi esperimenti. Ma un decennio dopo si fa sul serio, fa intendere Roberto Cingolani, direttore scientifico dell'Istituto italiano di tecnologia di Genova. Con 30 brevetti, coautore di 700 articoli su riviste internazionali, ha lanciato tre aziende spin-off che stanno dando lustro al Paese, sempre più autorevole concorrente, a livello mondiale, nel campo delle nanotecnologie. Una delle "nanomeraviglie" appena uscita dalla sua fucina, sviluppata in 18 mesi, e presentata all'ultima "Conferenza sul futuro della scienza" di Venezia, è una retina artificiale, costruita su un supporto nanoingegnerizzato.

Professore, da dove si parte per costruire una retina artificiale?

"Dapprima è stato realizzato un dispositivo per via nanotecnologica, rendendolo sensibile alla luce. Si parte da un bagno composto da monomeri polimerizzati, vale a dire plastica, e nanosfere sensibili alla luce, della grandezza di qualche centinaio di atomi. Alla fine del processo le nanosfere rimangono intrappolate nelle fibre costituite dai polimeri. Così otteniamo un supporto plastico che si comporta come una cella fotovoltaica. Questi dispositivi sono trasparenti, flessibili e di spessore infinitesimale".

Come fa un essere umano a vedere con questo sistema?

"Sul dispositivo fotosensibile abbiamo depositato un film di neuroni umani vivi. Quando la cella è colpita dalla luce, come in tutti i sistemi fotovoltaici, trasforma l'impulso luminoso in un impulso di corrente e questo impulso, come un impulso di natura nervosa, attiva i neuroni a fare il loro mestiere...".

Quindi si tratta di neuroni del sistema visivo?

"Si possono utilizzare neuroni del sistema visivo, dunque già "educati" a svolgere la funzione di tradurre la luce in immagini per il cervello. Ma si possono usare anche neuroni allo stadio staminale, o comunque cellule primarie deputate alla visione, che poi si differenziano in neuroni della retina grazie a segnali biochimici. La scelta dipende anche dalla sensibilità che si intende ottenere e anche dai costi".

La retina artificiale è già stata impiantata nell'uomo?

"Saremo in grado di farlo, in futuro, ma per ora è stata applicata all'occhio di un ratto".

Che tempi prevede affinché la clinica si appropri di questa tecnologia?

"È necessario essere cauti sulle previsioni. Il brevetto, firmato dal dipartimento di neuroscienze in collaborazione con il nostro centro di nanoscienze al Politecnico di Milano, è giovane ed è una novità assoluta. Ma che procede molto velocemente. Abbiamo ottenuto informazioni molto positive dall'esperienza sulle cavie: con l'esperimento ci siamo sincerati che la retina funziona anche dal punto di vista biologico, oltre che tecnologico".

Una retina artificiale risolve il problema della reperibilità dai donatori, ma questo supporto è ben tollerato dall'organismo oppure potrebbe dare luogo a fenomeni di rigetto?

"Questo problema non si è presentato nelle cavie. Non servono immunosopressori. Il materiale, infatti, è completamente biocompatibile".

A proposito di biocompatibilità, come può essere tollerabile dall'organismo un dispositivo nanostrutturato?

"E' tollerabile, perché molto spesso le nanotecnologie utilizzano, come materiale di partenza da essere funzionalizzato, una serie di molecole biologiche. Per esempio frammenti di geni oppure di amminoacidi. A differenza dei sistemi di visione basati sul silicio, l'utilizzo di materiali molecolari che hanno struttura a base di carbonio permette una maggiore biocompatibilità, proprio perché la stragrande maggioranza delle molecole biologiche sono lunghe catene di carbonio ramificate".

La retina artificiale può essere utilizzata anche su robot o su automi destinati alla produzione di microchip o a compiti di microchirurgia?

"Di certo è una scommessa più semplice che non lavorare su un occhio umano, dove integrare retina e fasci nervosi richiede un approccio molto complicato, ma è comunque una scommessa non meno ambiziosa. I nostri sistemi fotosensibili stanno riscuotendo grande interesse da parte dell'industria, perché sono meno costosi e dalla resa energetica maggiore rispetto alle tradizionali celle fotovoltaiche. Proprio perché sono di plastica e non di silicio hanno, inoltre, un impatto estetico decisamente migliore. Sono duttili e possono essere anche esteticamente attraenti. O, ancora, dato che, singolarmente, le celle occupano poco spazio, potrebbero essere inserite sul retro di un cellulare per ricaricarlo velocemente".


Data Pubblicazione 15-10-2012

Sindrome di Usher



Questo opuscolo è stato realizzato nel 2008 dalla sezione provinciale APRI onlus di Asti
e contiene gli atti del convegno svoltosi su questo argomento
presso l'Ospedale "Cardinal Massaia" di Asti.


Data Pubblicazione 15-10-2012

La protesi Argus presto anche negli USA

Losanna, Svizzera, 3 ottobre 2012 - Venerdì 28 settembre scorso un gruppo di consulenti sui dispositivi oftalmici della Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti ha votato all'unanimità, 19 contro 0, che il probabile beneficio ottenibile con il sistema di protesi retinica Argus II supera i rischi per salute: un importante passo avanti verso l'approvazione da parte della FDA al mercato di questo prodotto della Second Sight Medical Products, Inc. Per pervenire a questa decisione, il gruppo di esperti ha trascorso 10 ore revisionando e discutendo accuratamente i dati che venivano sottoposti in relazione agli studi clinici internazionali di questa protesi retinica, la prima in grado di ristabilire parzialmente la vista in pazienti ciechi in seguito a retinite pigmentosa (RP). "Siamo compiaciuti della raccomandazione del gruppo di esperti. Le considerazioni degli specialisti erano ben informate e approfondite e la decisione convalida oltre due decenni di lavoro da parte di Second Sight e dei nostri collaboratori", ha dichiarato Robert Greenberg, MD, PhD, Presidente e CEO di Second Sight. "Vorremmo anche ringraziare tutte le persone con retinite pigmentosa che in tutto il mondo si sono offerte a partecipare come volontarie ai nostri studi clinici e i medici che li hanno trattati. Senza i loro sforzi pionieristici, il risultato di oggi non sarebbe stato possibile". Il gruppo di esperti, composto da 19 membri votanti con competenze in oftalmologia, malattie della retina, ipovisione, elettrofisiologia e altre specialità, ha ascoltato la testimonianza di Second Sight, della US Food and Drug Administration, di diversi medici e dei partecipanti coinvolti nello studio clinico più recente che ha avuto inizio nel 2007. Dopo aver ascoltato le testimonianze, fatto domande, discusso su aspetti oggetto di preoccupazione, e deliberato accuratamente, gli specialisti hanno votato all'unanimità che il beneficio probabile del sistema di protesi retinica Argus II sia superiore ai rischi per la salute. Questa raccomandazione è arrivata dopo più di 20 anni di lavoro sul campo, 200 milioni di dollari di investimenti pubblici e privati, e 10 anni dopo che il primo impianto "occhio bionico" di Second Sight nello studio clinico della prima generazione di protesi retinica Argus I, che ha avuto inizio nel 2002.

Molte delle centinaia di persone che hanno avuto un ruolo determinante nello sviluppo di Argus II sono state sentite ai fini della raccomandazione del gruppo di specialisti. "Come oftalmologo e chirurgo vitroretinico, ritengo che si tratti del Santo Graal per ripristinare la funzione visiva ai non vedenti. Sono stato il primo medico al mondo ad offrire come prodotto commerciale questo trattamento che ora cambia la vita ai pazienti non vedenti in Italia. Le conclusioni del panel della FDA hanno confermato i risultati che ho osservato nella mia pratica. I miei pazienti (che hanno utilizzato il sistema da circa 1 mese a quasi un anno), sono veramente felici e non hanno avuto alcun effetto collaterale grave", ha detto il Dott. Stanislao Rizzo, chirurgo vitroretinico e direttore dell'U.O. Chirurgia Oftalmica, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, Pisa, Italia. "Personalmente sono stato sorpreso dal beneficio che il sistema ha apportato ai miei pazienti. Essi utilizzano il dispositivo ogni giorno. Tutti hanno descritto l'impatto positivo che ha avuto sulla loro vita, e il loro entusiasmo per le cose che stanno di nuovo apprendendo a fare dopo anni di cecità. I commenti più frequenti che ricevo riguardano i loro miglioramenti in compiti di orientamento e mobilità, e la loro percezione di essere meno isolati dal punto di vista sociale e ambientale". "Penso che sia un sistema fantastico, è meraviglioso, ha cambiato la mia vita. Sono lieto di partecipare a un'iniziativa che fa qualcosa per gli altri pazienti con retinite pigmentosa", ha detto Keith da Manchester, utente del sistema dal 2009, in una dichiarazione al panel della FDA. "Questo è un momento storico e veramente eccitante per le persone con avanzate degenerazioni ereditarie della retina, come la retinite pigmentosa", ha affermato Stephen Rose, Chief Research Officer della Foundation Fighting Blindness (la fondazione statunitense per la lotta contro la cecità), che ha contribuito con il suo sostegno a far avviare il progetto.

Informazioni su Argus ll: Il sistema Argus II funziona convertendo immagini video catturate da una microcamera, ospitata negli occhiali del paziente, in una serie di piccoli impulsi elettrici che vengono trasmessi senza fili a una matrice di elettrodi sulla superficie della retina. Questi impulsi sono destinati a stimolare le cellule rimanenti della retina con una conseguente percezione corrispondente di pattern di luce nel cervello. Successivamente i pazienti imparano a interpretare questi motivi visivi, riacquistando così in parte la funzione visiva. Second Sight ha ottenuto l'approvazione europea (marchio CE) per il sistema nel 2011 - la prima e unica approvazione di una protesi retinica in tutto il mondo. Con questo voto schiacciante di fiducia da parte della comunità medica, la società ora rivolgerà la sua attenzione a garantire che Argus II diventi la prima protesi retinica mai approvata negli Stati Uniti.

Fonte: Dossier Medicina


Data Pubblicazione 08-10-2012

Convegno di Agliè: aggiornamenti

Continua a muoversi la macchina organizzativa in vista del convegno scientifico nazionale di sabato 27 ottobre prossimo. In primo luogo abbiamo il piacere di comunicare che la Regione Piemonte ha concesso 5 crediti sanitari a favore di medici ed altri professionisti della sanità che parteciperanno all'evento, accreditato come momento formativo ufficiale. Gli interessati a conseguire i crediti, medici, ortottisti, infermieri, psicologi, educatori ecc., potranno procedere all'iscrizione gratuita accedendo al sito "www.ecmpiemonte.it". Sono giunti inoltre i patrocini della Regione Piemonte, del Consiglio Regionale, della Provincia di Torino e del comune di Agliè. Comunichiamo infine che appena fuori del Centro "Alladium", dove si svolgerà il convegno, sosterà, per tutta la giornata, un camper attrezzato della Tiflosystem che esporrà, facendoli provare, i più recenti ausili per ipovedenti e non vedenti. Ricordiamo che, per facilitare la partecipazione, si sta organizzando un pullmann in partenza da Torino. Per informazioni e prenotazioni telefonare al 011 - 664.86.36.


Data Pubblicazione 01-10-2012

Nuovi test genetici a Firenze

Finalmente una buona notizia dalla ricerca italiana.
E' attivo a Firenze presso il laboratorio della azienda ospedaliero universitaria Careggi,  quindi nell'ambito del sistema sanitario nazionale,  il test per la ricerca contemporanea di mutazioni nei geni ad oggi noti  alla base delle distrofie retiniche ereditarie. Il metodo è il next generation sequencing  (NGS). Come è noto il laboratorio del Careggi  ha acquisito una forte esperienza non solo nella esecuzione dei test genetici di moltissime malattie genetiche comprese le retinopatie, ma anche nella loro interpretazione, che soprattutto con le nuove tecniche è la parte più  rilevante del test!
La dott. Cristiana Marchese, membro del nostro Comitato Scientifico contatterà prossimamente i pazienti che potenzialmente potranno usufruire di questa nuova metodica di indagine genetica. Altri malati di patologie eredo-degenerative della retina, che ancora non siano transitati dal Centro di Riferimento dell'Ospedale Mauriziano, potranno comunque segnalare la propria disponibilità a partecipare all'indagine telefonando in associazione.


Data Pubblicazione 24-09-2012

Agliè: programma definitivo del convegno scientifico

E' disponibile il programma definitivo del convegno scientifico nazionale: "Distrofie retiniche ereditarie: il punto della ricerca in Italia e all'estero" che la nostra associazione, insieme all'ASL TO-4 ed a R.P.-Liguria, organizzerà ad Agliè sabato 27 ottobre prossimo. Come potrete facilmente constatare abbiamo messo insieme una compagine di relatori assolutamente prestigiosa e verranno trattati tutti i più importanti filoni di ricerca attualmente attivi. Avvisiamo soci e simpatizzanti che sarà predisposto un pullmann da Torino per il trasporto di chi fosse interessato a partecipare. Per  usufruire di questo servizio, per cui è richiesto un contributo di euro 12, è necessario iscriversi telefonando alla sede centrale. Anche alcune altre sedi decentrate si stanno organizzando in tal senso. Preghiamo pertanto gli interessati di prendere contatto con i responsabili locali.

SCARICA IL PROGRAMMA DEL CONVEGNO


Data Pubblicazione 24-09-2012

Nuova ricerca all'università di Pisa

Pisa, 10 set. - (Adnkronos) - Si aprono nuove prospettive per lo studio delle malattie della retina: una ricerca condotta da studiosi del Dipartimento di Scienze fisiologiche e di quello di Psichiatria, Neurobiologia, Farmacologia e Biotecnologie dell'Ateneo Pisano ha permesso di far luce sui meccanismi che regolano la visione notturna con tecniche che potranno essere applicate all'indagine dell'evoluzione di patologie come la retinite pigmentosa.  Lo studio dell'Ateneo e' stato pubblicato nel mese di agosto sulla prestigiosa rivista inglese "The Journal of Physiology", ottenendo l'immagine di copertina, un articolo di elogio da parte di un noto studioso dell'Mrc di Cambridge e una menzione speciale degli editor della rivista.  Come spiega Lorenzo Cangiano, ricercatore del dipartimento di Scienze fisiologiche e autore dello studio insieme a Sabrina Asteriti, dottoranda della Scuola di Fisiopatologia clinica e Scienze del farmaco, e a Luigi Cervetto e Claudia Gargini, docenti del dipartimento di Psichiatria, Neurobiologia, Biotecnologie e Farmacologia, "nella visione notturna il nostro sistema visivo cattura i pochi fotoni disponibili e trasforma la loro piccolissima energia in segnali nervosi sufficientemente grandi in modo che il cervello possa elaborare le immagini degli oggetti che ci circondano". Questo straordinario processo di amplificazione avviene nei bastoncelli, uno dei due tipi di cellule fotosensibili dell'occhio.


Data Pubblicazione 17-09-2012

Stimolazioni elettriche contro la retinite

Si torna a parlare di Retinite Pigmentosa, o di RP, una malattia degenerativa della retina che consiste in un gruppo di disturbi ereditari che comporta anormalità dei fotorecettori (coni e bastoncelli) o dell'epitelio pigmentato retinico o della retina stessa fino alla perdita della vista graduale e progressiva. Questa malattia è studiata da molto tempo, ma non è facile trovare una soluzione veramente definitiva anche se la scienza è sempre al lavoro. Ultimamente qualche speranza in più arriva da Tubingen, in Germania. Non si tratta di una vera e propria cura ma di un sistema che dovrebbe rallentare la progressione della degenerazione in attesa che si arrivi alla soluzione. Ritardare al massimo i sintomi e i danni, insomma, mentre si continua a ricercare. Lo studio tedesco è stato effettuato fornendo a malati di RP un dispositivo simile agli occhiali ma composto da elettrodi applicati alle tempie e alle cornee del paziente. L'applicazione veniva ripetuta ogni 7 giorni per 6 settimane e consisteva nello stimolare la retina con impulsi elettrici. In tal modo, sembra, che si possa rallentare il processo di degenerazione e di morte delle cellule retiniche, contrastando un decorso rapido della malattia. Se questo può servire a dare sollievo e ad allungare i tempi, mentre si studia una cura più appropriata, è già un passo avanti importante. I ricercatori sono comunque ottimisti, e credono di aver imboccato una strada promettente. (Fonte: http://benessere.guidone.it)


Data Pubblicazione 10-09-2012

Nuovo modello di "occhio bionico"

Riportiamo integralmente la nota ANSA relativa all'impianto di un nuovo tipo, più avanzato, di "occhio bionico" o "retina artificiale". Come è noto già esistono alcuni modelli di protesi retiniche sviluppate in Europa e negli Stati Uniti. Questa, costruita in Australia, sembra più evoluta perchè sarebbe in grado di stimolare direttamente le cellule cerebrali. Consigliamo tuttavia la massima prudenza anche perchè gli impianti di questo tipo non sono scevri da effetti collaterali e il tipo di visione prodotto è ancora molto primitivo. Al termine della nota abbiamo anche inserito un link col quale potrete visionare un breve filmato realizzato da "Repubblica.tv".

(ANSA) - SYDNEY, 30 AGO - Specialisti australiani hanno impiantato con successo il prototipo di un occhio bionico in una donna affetta da una profonda menomazione visiva, retinite pigmentosa, una condizione ereditaria. E' la prima volta al mondo che un simile congegno viene impiantato dietro la retina.

La donna, Dianne Ashworth, ha riacquistato in qualche misura la vista quando il prototipo, impiantato in maggio nell'ospedale per gli occhi e le orecchie di Melbourne, e' stato attivato il mese scorso. Il congegno a 24 elettrodi e' stato progettato, costruito e testato da un'equipe del Bionics Institute ed e' stato inserito dalla specialista oculistica Penny Allen.

''Abbiamo impiantato un congegno in posizione dietro la retina, dimostrando la fattibilita' del nostro approccio'', ha detto Allen. L'occhio bionico e' stato attivato e stimolato solo dopo che l'occhio aveva completamente recuperato dopo l'operazione, ha spiegato. ''Non sapevo cosa aspettarmi, ma d'improvviso ho potuto vedere un piccolo lampo. E' stato incredibile'', ha detto oggi la signora Ashworth. ''Ogni volta che il congegno era stimolato, una forma diversa mi compariva davanti all'occhio''. I ricercatori del Bionics Institute lavorano ora con la paziente per determinare cosa vede ogni volta che la retina e' stimolata, in cerca di regolarita' di forme, di luminosita', grandezza e posizione dei bagliori, per determinare come il cervello interpreta queste formazioni, ha detto il direttore dell'Istituto, Rob Shepherd. ''Quando saremo in possesso di queste informazioni uniche, potremo massimizzare la nostra tecnologia man mano che si evolve'', ha aggiunto.

Video RepubblicaTV


Data Pubblicazione 27-08-2012

Riaprono le scuole, controllia​mo gli occhi dei bambini

Fra poco ricominceranno le scuole. Si riapriranno, sia per gli allievi che per i docenti, libri, registri e quaderni. Bisogna dunque ritornare a leggere e a scrivere con continuità e gli occhi dovranno riprendere il loro duro lavoro di "scrutatori".

Quale migliore occasione allora per dare una controllatina alla propria vista e prevenire l'insorgere di qualche malattia oculare? Non sono rari infatti i difetti visivi che, se trattati adeguatamente nell'infanzia, possono essere spesso risolti con successo. L'ambiente scolastico può dunque svolgere, in tale prospettiva, un ruolo assai importante. Viene in mente, in primo luogo, il caso dell'ambliopia, fenomeno denominato popolarmente come "occhio pigro". Questo problema, determinato essenzialmente da un diverso sviluppo dei due apparati visivi,  può portare, in caso di mancata diagnosi precoce, alla perdita completa della vista nell'occhhio più debole. Il trattamento consiste principalmente in tecniche di occlusione o bendaggio dell'organo maggiormente sviluppato.
Più l'intervento avviene in giovane età, più elevate risultano le percentuali di successo.  Ma le difficoltà nella lettura e scrittura possono rappresentare importanti spie anche di altre patologie oculari da non trascurare. Ci riferiamo principalmente alla miopia, all'ipermetropia ed all'astigmatismo. In questi casi il problema risulterà quasi sempre superabile con la prescrizione di un buon paio di occhiali. I bambini però spesso rifiutano tale ausilio. Insegnanti e genitori dovranno allora, con pazienza e fermezza, cercare di convincerli circa l'estrema utilità dello strumento.
Esistono infine anche malattie alquanto più gravi che possono essere riconosciute da un'attenta osservazione del comportamento di un bambino all'interno della scuola.
La difficoltà, ad esempio, di muoversi con scioltezza in ambienti oscuri, frequenti inciampature nei gradini o collisioni contro ostacoli imprevisti, non sono fenomeni da sottovalutare o da liquidare esclusivamente con qualche battuta. Affezioni come la retinite pigmentosa o la maculopatia di Stargardt non sono così rare e meritano pertanto ogni attenzione.   Riaprono le scuole dunque: facciamo fare ai nostri figli però, proprio per iniziare nel migliore dei modi, un controllino dal nostro oculista di fiducia. Prevenire è sempre meglio di curare. 

Marco Bongi


Data Pubblicazione 27-08-2012

Nuova generazione di retine artificiali

Due ricercatori della Weill Cornell Medical College, hanno decifrato il codice neurale della retina di topo e accoppiato queste informazioni ad un nuovo dispositivo protesico, per restituire la visione a topi ciechi. Gli autori riferiscono di aver decifrato il codice anche per una retina di scimmia che è sostanzialmente simile a quella degli esseri umani e sperano di progettare  un dispositivo che i non vedenti potranno utilizzare. La scoperta, riportata negli Atti della National Academy of Science, segna un significativo passo avanti negli sforzi per ripristinare la visione di lunga durata. Il codice individuato è così preciso che permette agli animali di discernere i tratti del viso e monitorare le immagini in movimento. Questo nuovo approccio fornisce speranze a 25 milioni di persone nel mondo che soffrono di cecità a causa di malattie della retina. Poichè le terapie farmacologiche aiutano solo una piccola frazione di questa popolazione, i dispositivi protesici sono la migliore opzione per il futuro. "Questa è la prima protesi con capacità di fornire una visione normale, perchè incorpora il codice neurale della retina" spiega il Dott.Nirenberg.  La visione normale si verifica quando la luce colpisce i fotorecettori della superficie della retina. Il circuito retinico elabora i segnali di fotorecettori  e li trasforma in codice di impulsi neurali. Questi impulsi vengono poi inviati al cervello da parte delle cellule gangliari della retina. Il cervello codifica il codice degli impulsi neurali e li traduce in immagini. La cecità è spesso causata da malattie della retina che uccidono i fotorecettori e distruggono il circuito associato. In genere però, le cellule gangliari vengono risparmiate dalla malattia.  Le attuali protesi funzionano guidando queste cellule sopravvissute : vengono impiantati degli elettrodi negli occhi di un paziente non vedente e stimolate le cellule gangliari con la corrente,ma il processo produce campi visivi molto approssimativi. Altri gruppi stanno sperimentando l'uso di proteine sensibili alla luce come metodo alternativo, per stimolare le cellule gangliari.Le proteine vengono introdotte nella retina  attraverso la terapia genica  e una volta nell'occhio possono indirizzare le cellule gangliari.  Il Dott. Nirenberg,autore della ricerca, fa notare: " Non solo è necessario stimolare un gran numero di cellule gangliari, ma è necessario stimolarle con il codice giusto, il codice che la retina normalmente utilizza per comunicare con il cervello".  Questo codice è ciò che i ricercatori hanno individuato e che hanno riportato nel nuovo dispositivo protesico. Gli autori della ricerca spiegano che ogni modello di luce che cade sulla retina deve essere convertito  in un codice generale, un insieme di equazioni, che trasforma patter luminosi in modelli di impulsi elettrici. Di conseguenza gli scienziati hanno riportato queste equazioni su un chip e le hanno combinate con un mini proiettore. Il chip, chiamato encoder, converte le immagini che entrano nell'occhio in flussi di impulsi elettrici ed il miniproiettore a sua volta, converte gli impulsi elettrici in impulsi luminosi.Questi impulsi di luce guidano le proteine sensibili alla luce nelle cellule gangliari che a loro volta, inviano il codice fino al cervello. L'intero approccio è stato sperimentato su modello animale, attraverso due dispositivi proteici,uno con codice ed uno senza. In una rigorosa sperimenatzione, i ricercatori hanno scoperto che i modelli prodotti dalla retina protesica in topi non vedenti, corrispondono a quelli prodotti da topi normali. La retina protesica dovrà ora essere sottoposta a sperimentazioni cliniche umane. (dal portale www.medimagazine.it)


Data Pubblicazione 20-08-2012

Acido valproico contro la retinite

Il 20 luglio alcune riviste scientifiche internazionali hanno pubblicato un interessante studio realizzato dalll'Università del Massachusetts negli Stati Uniti. I ricercatori sostengono che l'acido valproico, o "valproato di sodio",   una sostanza fino ad oggi utilizzata soprattutto nel trattamento dell'epilessia, potrebbe aiutare sensibilmente le cellule retiniche a fermare il processo degenerativo causato dalla retinite pigmentosa. Il prof. Kaushal, componente dell'equip che ha condotto la ricerca, ha affermato che l'acido valproico, somministrato a bassi dosaggi, potrebbe evitare, in numerosi casi,  la morte cellulare dei fotorecettori. Si attendono conferme più precise sulla portata dei risultati pubblicati. 


Data Pubblicazione 12-08-2012

Amburgo: relazione sul XVII Congresso di "Retina-International"

Gateway to vision Varco alla vista

di Sandra Giovanna Giacomazzi

"La speranza non ha niente a che vedere con l'ottimismo. Non è la convinzione che qualcosa andrà bene, ma la certezza che qualcosa ha un senso, indipendentemente da come finirà". E' con questa citazione da Klaus Havel che si è aperto il 17° congresso di Retina International svoltosi presso l'Hotel Grand Elisée ad Amburgo in Germania il 14 e 15 luglio scorsi. Come a Stresa due anni prima, si sono riuniti per l'occasione "la crème de la crème" dei ricercatori mondiali sulle distrofie retiniche ereditarie.. Oltre alle delegazioni dei 33 membri nazionali e 43 relatori da Nordamerica, Europa e Germania, erano presenti più di 500 partecipanti fra pazienti e familiari.

La scelta della citazione di Havel sembrava fatta per portare un po' di realismo e sobrietà alle aspettative. Da quando è stato scoperto il genoma umano, molti pazienti, come anche medici e ricercatori, erano convinti che le soluzioni per molte patologie sarebbero state dietro l'angolo. A più di un decennio di distanza si ha la consapevolezza che ciò che appariva imminente continua a sfuggire nel futuro, nonostante i salti da gigante compiuti dalla ricerca. C'è un clima quasi socratico riguardo all'accumulo di conoscenza: più si sa, più si scopre di non sapere. Tuttavia, le tante strade della ricerca vanno percorse con coraggio, determinazione, e sì, con speranza.

La sessione plenaria di sabato è iniziata con i discorsi di benvenuto da parte di Cristina Fasser, presidente di Retina International in carica ormai da un ventennio, Claus Gehrig, Presidente di Pro Retina Germania e organizzatore dell'incontro, e Stephen M. Rose, il direttore della ricerca della Fondazione per la Lotta contro la Cecità (Foundation Fighting Blindness), la madre statunitense di tutte le organizzazioni di ricerca su retinite pigmentosa e altre patologie della retina.

Dopo i discorsi di benvenuto, il Professor e Dottor Eberhart Zrenner, dell'Istituto per la Ricerca Oftalmologica dell'Università di Tubingen, ha parlato sulla importanza della interdisciplinarietà come chiave per il progresso nello sviluppo di soluzioni terapeutiche per le degenerazioni della retina. Che si tratti di terapie genetiche, di impianti retinici o di elettrostimolazioni, tre delle tecniche più innovative, ciò che risulta fondamentale è la sinergia fra specialisti dei vettori virali, biochimici, biologi molecolari, genetisti, chirurghi e fisiatri della retina, fisici, ingegneri elettronici, come anche specialisti in conoscenze legali, e di ipovisione, per non parlare dei pazienti stessi.

Terminati gli incontri plenari della prima mattinata, le sessioni si sono divise in due: quelle scientifiche, durante le quali, appunto, gli specialisti delle varie discipline potevano scambiare conoscenze fra di loro; e quelle per i pazienti, durante le quali ogni tipo di retinopatia è stato presentato e discusso: da quelle ereditarie, come la retinite pigmentosa, i tre tipi della sindrome di Usher, la sindrome di Stargardt, quella di Bardet-Biedl e l'amaurosi di Leber, o quelle acquisite come la retinopatia diabetica o l'infarto venoso della retina. Ognuno è stato affrontato sia dal punto di vista clinico, dal progresso nei sistemi diagnostici alle terapie attuali e le prospettive per il futuro, sia dal punto di vista della qualità della vita dei pazienti.

Molta attenzione è stata dedicata anche a quella che è diventata la più diffusa causa di cecità nel mondo moderno e sviluppato : la degenerazione maculare senile. Per quanto riguarda la degenerazione maculare umida o essudativa, si è confermata l'efficacia delle iniezioni di farmaci antiangiogenici, anche se non tutti i pazienti riscontrano un beneficio. Oramai si è confermato scientificamente ciò che era già evidente da tempo sull'efficacia di Avastin rispetto a Lucentis, il cui costo 40 volte superiore a quello di Avastin non può più essere giustificato. Sono già in corso dei trial clinici che comportano l'introduzione nell'occhio di microcapsule che rilasciano il farmaco con gradualità, tecnica che era già stata preannunciata a Stresa. Per quanto riguarda la degenerazione maculare secca, sono in corso dei trial clinici farmacologici e a base di nutrienti anti-ossidanti.

Quando tutte o la maggior parte delle cellule dei fotorecettori sono morte, una soluzione scontata sembrerebbe il trapianto di cellule sane per rimpiazzare quelle distrutte. Sfortunatamente anni di  ricerca su modelli animali hanno portato solo successi marginali, ed i  risultati di un primo trial clinico sono stati inconclusivi.

Al contrario, il trapianto di cellule staminali continua ad offrire una speranza per il futuro sia per le malattie ereditarie sotto l'ombrello della retinite pigmentosa, sia per le degenerazioni maculari senili. Le cellule staminali sono cellule primitive che posseggono  la potenzialità di moltiplicarsi e svilupparsi in qualunque tipo di cellule che si trova nel corpo umano.  Tuttavia, benché ci siano stati casi di successo in sperimenti con modelli animali, prima di raggiungere gradi di sicurezza che permetteranno ai ricercatori di effettuare trial clinici su esseri umani, la strada è ancora lunga.

Una vera novità nel campo diagnostico riguarda i test di analisi genetici. Le distrofie retiniche ereditarie possono essere divise in due categorie: le malattie che provengono dalla mutazione di un gene solo e quelle che provengono da mutazioni di più geni. La retinite pigmentosa è un esempio del secondo. Fino ad adesso in RP sono stati implicati 55 geni, che spiegano circa il 55% dei casi. Testare 55 geni con la vecchia metodologia, Sanger sequencing, comporterebbe costi troppo onerosi. Un nuovo tipo di analisi chiamato Next Generation Screening, NGS, permette la lettura di sequenze di DNA ad una velocità senza precedenti. Nel settore, NGS può essere applicato ai 150 geni delle degenerazioni retiniche, il cosidetto Pachetto RD, oppure si può appiccare a tutti i ventiduemila geni umani, test che si chiama Exon intero o Exome NGS. L'antropologo e genetista professor Frans P.M. Cremers, dell'Università van Nijmegen Afdeling in Olanda, ha spiegato gli aspetti pratici finanziari e etici di entrambi.

Per quanto riguarda la visione artificiale, ossia le protesi retiniche o l'occhio bionico, come preferiscono chiamarli i media, attualmente ci sono tre tipi di cui sono in corso dei trial clinici. Sono simili, in quanto tutti e tre consistono in tre componenti: l'impianto stesso che viene inserito nell'occhio con un intervento chirurgico, la telecamera che viene applicata ad un paio di occhiali e un pacco da tenere in tasca, contenente la pila di alimentazione. La fondamentale differenza fra i tre riguarda la locazione nell'occhio dell'impianto: epi-retinico, sub-retinico e subcoroidale. Quindi si tratta di tre concetti molto diversi, per quanto sembrino simili. Anche se i risultati fino ad ora sono molto promettenti, ci sono tre prerequisiti che limitano il numero di pazienti che potrebbero trarne beneficio. Devono essere ciechi totali e avere il nervo ottico intatto. Devono anche, però, essere persone che prima hanno visto per poter beneficiare della fase rieducativa. Ad Amburgo erano presenti due pazienti che hanno partecipato ai trial clinici di due impianti diversi, che hanno condiviso le loro esperienze con tutti i presenti.

La grande novità di Stresa due anni fa era stata la terapia genica con la quale un virus, privato dei suoi aspetti patologici, era stato così neutralizzato e poi caricato di materiale retinico sano e usato come vettore. Iniettato negli occhi di pazienti malati di amaurosi di Leber, il virus si è comportato secondo la sua natura: moltiplicandosi, ha occupato le retine malate con cellule retiniche sane. La professoressa Jean Bennet, dell'Università di Philadelphia, ha confermato il miglioramento dei pazienti e l'intenzione di procedere con trial clinici applicando la tecnica ad altre Patologie, quale per esempio la sindrome di Stargardt.

L'innovazione terapeutica di quest'anno, invece, è un trattamento chiamato elettrostimolazione trans corneale, in cui un bassissimo voltaggio di elettricità è usato per stimolare e potenzialmente proteggere la retina di pazienti affetti da retinite pigmentosa. Benché i trial clinici siano solo alle prime fasi, secondo il Dott. Florian Gekeler dell'Università di Tubingen, i primi risultati sono molto incoraggianti con effetti positivi per i pazienti partecipanti al trial pilota. Il trattamento è stato sviluppato dall'azienda tedesca Ocuvision, la quale sta allargando lo studio per capire meglio il potenziale del trattamento e la sua sicurezza ed efficacia. Aspettiamo di sentire i risultati di un'applicazione più ampia di questa nuova affascinante tecnica al prossimo appuntamento a Parigi nel 2014.


Data Pubblicazione 29-07-2012

L’agenzia europea del farmaco autorizza la prima terapia genica

Il 23 luglio scorso l'Agenzia Europea del Farmaco ha autorizzato ufficialmente la commercializzazione di "Glybera" (alipogene tiparvovec), il primo trattamento medico di tipo genico che servirà a combattere le pancreatiti gravi o multiple. L'evento riveste una particolare importanza anche per chi soffre di malattie retiniche ereditarie in quanto fino ad oggi sono stati portati a termine, nel nostro settore solo terapie a carattere sperimentale e non quindi aperte a tutti i pazienti. Si tratta dunque di un importante passo avanti che intendiamo seguire nel prossimo futuro con particolare attenzione. Si apre infatti ufficialmente un nuovo importante capitolo nella pratica terapeutica di molte patologie come la Amaurosi congenita di Leber, la malattia di Stargardt… Non è detto che i risultati incoraggianti di queste cure possano essere automaticamente ribaltati a livello retinico. Vale comunque la pena di seguire gli sviluppi di questi percorsi.


Data Pubblicazione 23-07-2012

Amburgo: congresso mondiale di "Retina International"

Nello scorso week-end si è svolto ad Amburgo il tradizionale congresso scientifico mondiale della federazione "Retina-international", la manifestazione biennale che nella scorsa edizione si era tenuta a Stresa. La nostra associazione ha inviato nella città tedesca la consigliera prof. Sandra Giacomazzi, responsabile dei rapporti internazionali di A.P.R.I.-onlus. Nelle prossime settimane Sandra ci preparerà sicuramente una sintetica relazione che riporterà i contenuti più significativi emersi nel convegno. Non appena saremo in possesso di tale relazione la diffonderemo attraverso questa news-letter. In un primo colloquio ci ha comunque assicurato di aver avviato interessanti contatti con esponenti di altre associazioni e di aver parlato con ricercatori che stanno portando avanti importanti progetti di ricerca.


Data Pubblicazione 23-07-2012

Nuove terapie contro il cheratocono

Il cheratocono, malattia progressiva della cornea che colpisce, in forma più o meno grave, circa trentamila italiani, ora potrà essere meglio curato grazie all'instillazione di un nuovo collirio a base di vitamina B2 che, nella nuova formulazione, è chiamata "riboflavina", seguita dall'irradiazione, per tre minuti, di raggi ultravioletti. La tecnica, non invasiva, porta la firma del ricercatore italiano prof. Roberto Pinelli, docente all'Università di Lugano e direttore scientifico dell'Istituto di microchirurgia oculare di Brescia. Essa promette, nella stragrande maggioranza dei casi, di evitare, o di allontanare nel tempo, il trapianto di cornea, unica soluzione per risolvere radicalmente il problema del cheratocono. Moltissimi sono i pazienti già trattati con successo, tanto che, la multinazionale americana "Avedro", dopo mesi di verifiche, ha acquistato il brevetto della riboflavina per lanciarlo nel mondo e ha già ottenuto l'approvazione sanitaria per l'Europa. Pinelli intanto sta sperimentando la riboflavina anche negli interveti per correggere, con il laser, presbiopia, ipermetropia e miopia.


Data Pubblicazione 15-07-2012

Settimo convegno scientifico sulle distrofie retiniche ereditarie: il punto della ricerca in Italia e nel mondo

A distanza di due anni dal precedente, anche nel 2012 l'A.P.R.I.-onlus e l'Associazione R.P.-Liguria organizzeranno congiuntamente l'ormai tradizionale convegno scientifico dal titolo: "Distrofie Retiniche Ereditarie: il punto della ricerca in Italia e nel mondo". La manifestazione, giunta ormai alla settima edizione, si svolgerà ad Agliè (TO), presso il Centro Congressi "Alladium", nella giornata di sabato 27 ottobre 2012, dalle ore 10 alle 17 circa.  Hanno già garantito la propria presenza numerosi specialisti in oftalmologia, genetica, psicologia, tossicologia ed altre branche della medicina. Il convegno, grazie alla preziosa disponibilità dell'ASL TO-4, potrà attribuire crediti professionali sanitari ad oculisti, ortottisti, psicologi ed educatori. Si invitano dunque soci e simpatizzanti a partecipare numerosi. Da Torino, e forse anche da altre città piemontesi, si organizzeranno dei pullmann. Gli interessati sono perciò pregati di prendere contatto, per ulteriori informazioni, con le nostre principali sedi.

SCARICA IL PROGRAMMA DEL CONVEGNO


Data Pubblicazione 15-07-2012

Alcuni acidi grassi del pesce possono aiutare i maculopatici

Ci stiamo riferendo ai cosiddetti "Omega-3", un ingrediente molto abbondante negli sgombri, tonni e sardine. Gli studiosi da parecchi anni ne stanno valutando l'effetto protettivo sulla macula. Gli acidi grassi contenuti nel pesce aiutano a proteggere le cellule retiniche. Che legame esiste tra una dieta ricca di pesce e la prevenzione della cecità? Un consumo elevato di tonno, pesce azzurro o salmone può aiutare a combattere la degenerazione della zona centrale della retina (maculopatia), che colpisce principalmente gli anziani. I ricercatori dell'università di Alberta (Canada) hanno constatato che l'incremento dell'assunzione di un particolare tipo di Omega-3 - un acido grasso chiamato DHA - impedisce a una molecola tossica per le cellule retiniche di accumularsi sul fondo dell'occhio: si tratta della lipofuscina, un materiale di scarto dei processi visivi dal colore bianco-giallastro. Il modello sperimentale dei ricercatori ha previsto l'uso di topi geneticamente modificati, anche se si punta a replicare questi risultati sugli esseri umani; per constatare risultati positivi gli Omega-3 sono stati somministrati per almeno sei mesi. "Mentre invecchiamo normalmente - hanno scritto i ricercatori canadesi su Investigative Ophthalmology & Visual Science - la quantità di questa tossina, la lipofuscina, raddoppia mentre nei test di laboratorio tale incremento non è stato affatto riscontrato nelle cavie a cui veniva somministrato il DHA".


Data Pubblicazione 09-07-2012

L'occhio bionico a batterie solari

Una nuova protesi promette di restituire la vista a milioni di persone affette da malattie della retina. La sperimentazione, seppur promettente, è solo nelle primissime fasi Un paio di occhiali speciali e microchip simili a pannelli solari impiantati direttamente sulla retina. È questa la tecnologia che potrebbe tra non molti anni restituire la vista alle persone affette da gravi patologie della retina, come la degenerazione maculare senile o la retinite pigmentosa. A mettere a punto il complesso dispositivo un gruppo di ricercatori del dipartimento di Oftalmologia della Stanford University School of Medicine, che nei giorni scorsi ha pubblicato sulla rivista Nature Photonicsi dati derivanti dai primi esperimenti condotti su tessuti biologici. I risultati sono promettenti, tanto che il team ha già avviato la sperimentazione su topi da laboratorio. OCCHIALI E PANNELLI SOLARI - Quello messo a punto dai ricercatori americani è un sistema integrato che cerca di sopperire alla progressiva degenerazione delle cellule della retina deputate a captare la luce, prima che questa venga trasmessa al cervello sotto forma di impulso elettrico. Malattie come la degenerazione maculare senile o la retinite pigmentosa danneggiano, infatti, i recettori ma lasciano quasi illese le terminazioni nervose. L'obiettivo della nuova protesi è proprio quello di trovare altre fonti, diverse dalla luce visibile, per stimolare questi neuroni. Per questa ragione il team ha messo a punto un paio di occhiali speciali. Sono dotati di microcamera e di un sistema in grado di proiettare le immagini catturate dalla realtà su un display a cristalli liquidi posto sul retro delle lenti. Il display ha però una peculiarità: proietta le immagini così ottenute non con la normale luce visibile, ma con luce pulsata nella lunghezza d'onda del quasi infrarosso. Questa, però, è soltanto la parte esterna della protesi. L'altra fondamentale componente è costituita da un microscopico chip di circa 3 millimetri di diametro impiantato chirurgicamente sulla retina. "Funziona esattamente come un pannello solare messo sul tetto", ha spiegato il coordinatore dello studio Daniel Palanker. "Converte la luce in corrente elettrica. Ma invece di mandarla al frigorifero la invia alla retina". Da qua, sperano i ricercatori, attraverso la rete di terminazioni nervose posta sullo strato più profondo della retina, lo stimolo dovrebbe raggiungere il cervello restituendo la capacità di vedere. SEGNALE RICEVUTO - È questo complesso sistema di dispositivi che i ricercatori hanno sperimentato su tessuti retinici sia sani sia danneggiati prelevati da topolini da laboratorio. Sui tessuti sani, è stato osservato che il mini pannello solare era in grado di ricevere le immagini trasmesse sia nello spettro della luce visibile sia in quello del quasi-infrarosso e di stimolare le cellule nervose deputate a captare questi segnali. Al contrario, i tessuti danneggiati erano in grado di funzionare soltanto con le informazioni trasmesse nel quasi-infrarosso. "Ciò significa che con il nostro sistema la vista viene recuperata", ha commentato Palanker che tuttavia resta molto cauto. Nonostante questo e altri dispostivi possano aiutare a restituire la vista, rimane da capire quale sarà la qualità della visione. Per esempio, spiega il ricercatore, le tecnologie attualmente disponibili non consentono di vedere i colori. Nelle persone sane infatti, il sistema di captazione dei colori è gestito, all'interno dalla retina, da diverse popolazioni di cellule specializzate nella ricezione dei singoli colori primari. Una complessità che gli attuali sistemi non sono riusciti ancora a riprodurre. Il risultato, insomma, potrebbe essere molto diverso da una visione normale. Si tratterebbe tuttavia di un progresso importante per milioni di persone. Per questo il team sta bruciando le tappe. La nuova protesi è già in sperimentazione su topi da laboratorio che saranno osservati per sei mesi e i primissimi dati, anticipano i ricercatori, suggeriscono che il sistema funziona. Occorreranno però anni prima che la protesi possa essere sperimentata sull'uomo. Soltanto a quel punto si capirà se la capacità del sistema di trasformare la realtà in segnali elettrici effettivamente ricevuti dal cervello corrisponda realmente al recupero della vista.

Fonte: Antonino Michienzi - www.corriere.it


Data Pubblicazione 24-06-2012

Il nervo ottico rigenerato nelle cavie

Questa  interessante notizia  e stata pubblicata sulla prestigiosa rivista PNAS. Le cavie ci vedono di nuovo, anche se solo parzialmente. Nonostante il loro nervo ottico fosse gravemente danneggiato i ricercatori sono riusciti a rigenerarlo quel tanto che è bastato per restituire loro un po' di visione. A ridare speranza anche alle persone che, a causa di traumi o di malattie, hanno perso la vista per danni al nervo ottico ci ha pensato una squadra d'Oltreoceano (statunitense e brasiliana), che ha condotto esperimenti sui topi di laboratorio. Due sono stati i fattori che hanno consentito una parziale rigenerazione del nervo ottico: l'oncomodulina e una specifica stimolazione delle cellule nervose. Per ora non sono stati ancora effettuati esperimenti sugli esseri umani. "Abbiamo dimostrato - scrivono i ricercatori sulla rivista PNAS - che, con adeguata stimolazione, le cellule ganglionari retiniche possono rigenerare gli assoni (prolungamento delle cellule nervose) per l'intera lunghezza della via visiva". In questo caso la rigenerazione nervosa ripristina parzialmente i movimenti oculari in risposta agli stimoli e la percezione della profondità; inoltre così viene ricostruito il circuito centrale della visione in seguito a danni del nervo ottico.


Data Pubblicazione 28-05-2012

Test genetici predittivi per la maculopatia

Da alcuni mesi sono disponibili, presso laboratori specializzati, alcuni test genetici predittivi sul rischio di poter contrarre in futuro la degenerazione maculare senile. Il campione da esaminare viene estratto solitamente, senza alcun disagio per il paziente, dalla mucosa orale. Si tratta ovviamente di esami a carattere probabilistico in quanto non sono ancora completamente conosciuti tutti i fattori genetici predisponenti alla patologia. Al momento dunque non tutti gli oftalmologi ritengono consigliabile il test, sia a causa del suo costo non proprio popolare (circa 1000 euro), sia perchè potrebbe generare ansie eccessive ed in parte immotivate in alcuni pazienti. L'unica prevenzione concreta all'insorgere della degenerazione maculare senile del resto, consiste attualmente nell'adozione di una dieta equilibrata e nella rinuncia al fumo, tutte precauzioni utili anche per la prevenzione di molte altre malattie. Dato tuttavia l'interesse ingeneratosi intorno a questi test ci proponiamo di ospitare, nel prossimo futuro, interventi più approfonditi in proposito da parte di alcuni componenti del nostro comitato scientifico.


Data Pubblicazione 14-05-2012

Prospettive della farmacogenetica in campo oftalmologico

La variazione interindividuale in risposta ai farmaci e determinate reazioni avverse al farmacosono fenomeni ben noti in medicina. Tale variazione individuale potrebbe essere, almeno in parte, causata  da diversità genetiche tra gli individui. Anche se gli studi sostanziali che collegano le varianti genetiche a variazione interindividuale in risposta al farmaco sono stati documentati in diverse malattie come il cancro e le malattie di cuore, tali studi stanno procedendo lentamente anche in oftalmologia. Negli ultimi anni, un avanzamento nelle tecnologie ha portato all'identificazione di geni associati a diversi disturbi degli occhi. Allo stesso tempo, alcuni piccoli studi hanno dimostrato l'associazione di diversi genotipi o aplotipi con risposte diverse  alle terapie farmacologiche. Tuttavia, una applicazione di questi risultati di integrazione nella pratica clinica in oftalmologia non è al momento ancora possibile. Questo perché ci sono molte domande impegnative che restano da affrontare. Per esempio, nel caso di disturbi complessi lo  studio di un singolo gene non è sufficiente. Geni multipli, polimorfismi di un singolo nucleotide (SNP), fattori ambientali e varianti rare o a bassa frequenza possono contribuire alla malattia e devono essere considerati attentamente . Gli aspetti funzionali di molte varianti genetiche inoltre non sono noti. Questo solleva interrogativi sulla loro importanza biologica e la loro potenziale utilità clinica. Inoltre, ci sono questioni legali, etiche e sociali che devono essere regolamentate. I medici e i pazienti devono essere poi istruiti circa la limitazione e la sensibilità dei test genetici. Gli studi farmacogenetici presenti in oftalmologia sono ancora ai primi passi e non suggeriscono che un approccio quanto mai prudente. La farmacogenetica oculare è dunque un settore di ricerca che non può produrre risultati immediati, ma potrebbe però diventare una realtà in futuro.

Fonte: Department of Biological Sciences, Oakland University, Rochester, MI 48309, USA.
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Data Pubblicazione 06-05-2012

In arrivo impianti per il rilascio controllato di farmaci anti-angiogenici

Genentech, un'azienda  del gruppo Roche, è in procinto di presentare la domanda per i test clinici di un nuovo ausilio progettato per rilasciare, all'interno dell'occhio, Lucentis per un periodo di alcuni mesi. Allo stato attuale, il Lucentis, un farmaco inibitore del vascular endothelial growth factor (VEGF), è indicato per il trattamento della degenerazione maculare senile e per l'edema maculare. Una ulteriore domanda di licenza per l'uso del Lucentis relativamente  al  trattamento dei pazienti con edema maculare diabetico, è attualmente in esame da parte delle autorità sanitarie statunitensi. La somministrazione consigliata di Lucentis, in quest'ultimo caso, consiste in  un'iniezione mensile all'occhio, fattore che aumenta in modo significativo i costi e le visite cliniche per i pazienti ed inoltre aumenta i rischi di effetti collaterali negativi associati all'iniezione oculare, dolore, distacco della retina, emorragie e infezioni. La prospettiva di evitare l'iniezione diretta attraverso l'uso di un dispositivo ricaricabile per il rilascio di Lucentis potrebbe dunque modificare radicalmente la gestione clinica dei diversi disturbi della retina. Nel dicembre 2010, Genentech e ForSight VISION4 Inc., stipularono un accordo di licenza affinché Genentech ricevesse i diritti esclusivi in tutto il mondo sul dispositivo impiantabile di proprietà di ForSights. Il ricaricabile " drug port delivery system " (PDS) consiste in una capsula il cui dispositivo rilascia in prossimità della retina l'agente attivo destinato quindi al segmento posteriore dell'occhio. Una delle estremità della capsula è un'imboccatura esterna che permette un ripristino periodico della fornitura di un particolare farmaco, Lucentis nel caso di Genentech. L'introduzione con successo del dispositivo potrebbe ridurre le visite a una volta ogni quattro mesi per permettere la ricarica del dispositivo mediante iniezione dalla porta esterna.     Commentando il comunicato stampa di Genentech, il Dr. Hal Barron, M.D., Chief Medical Officer and Head, Global Product Development, ha dichiarato che "questo sviluppo riflette l'impegno di Genentech in oftalmologia nello studio di nuove tecnologie che potenzialmente possono consentire la consegna mirata di Lucentis e ridurre la frequenza delle iniezioni. Il contratto di licenza con ForSight VISION4 rappresenta parte della nostra strategia in corso per sostenere la comunità scientifica che si occupa della retina nell'innovare e nello scoprire nuovi modi per aiutare le persone con malattie della vista". L'accordo di licenza esclusiva è inteso al fine di consentire a Genentech di avere la possibilità di applicare il dispositivo ad altri target oftalmici. Genentech sarà responsabile della commercializzazione e sviluppo clinico e sta attualmente collaborando con ForSight nella produzione e ingegnerizzazione del dispositivo. Secondo il Dr. Eugene de Juan, Jr., MD, fondatore di ForSight VISION4, Inc., "la tecnologia ForSight VISION4 ha i requisiti per rivoluzionare il modo in cui oggi trattiamo la malattia oftalmica e Genentech è un partner ideale, data la sua lunga esperienza clinica con Lucentis e il lavoro pionieristico profuso in campo anti-VEGF".


Data Pubblicazione 02-05-2012

V.C.O.: nuova pubblicazione sulla degenerazione maculare senile

La nostra delegazione zonale del Verbano-Cusio-Ossola ha realizzato un nuovo ed aggiornato opuscolo dedicato alla degenerazione maculare senile. L'iniziativa editoriale è stata portata a compimento grazie anche ad un contributo del locale Centro Servizi per il Volontariato. I testi e le immagini sono a cura dei dott. Renzo Bordin e Lucia Lanzi, oculisti presso l'Ospedale  di Domodossola. Ci complimentiamo ovviamente per l'ottimo lavoro e per la chiarezza dell'esposizione che risulta, pur nella completezza scientifica,  accessibile a tutti. Nelle prossime settimane si procederà alla distribuzione capillare dell'opuscolo presso farmacie, ambulatori ed altri punti di aggregazione del territorio.  Chi fosse comunque interessato ad averne una copia potrà richiederla alla sezione provinciale A.P.R.I. del V.C.O. o alla sede centrale.


Data Pubblicazione 02-05-2012

Trattamento con retinoidi sintetici nella retinite pigmentosa

La RLN Inc., (NASDAQ: QLTI) una società di biotecnologia canadese con sede a Vancouver, ha recentemente annunciato che il suo prodotto a base di retinoidi sintetici per uso orale, QLT091001, ha dimostrato positivi risultati preliminari in uno studio di 17 pazienti con RP. I retinoidi orali di sintesi sono un sostituto dell' 11-cis-retinale, che svolge un ruolo chiave in biochimica visiva ed è progettato per il trattamento delle malattie della retina causate da mutazioni di geni che interferiscono con la disponibilità di 11-cis retinale. La società ha annunciato che i risultati della  fase 1b di studio hanno mostrato " rapidi miglioramenti nel campo visivo, statisticamente e clinicamente significativi ". I 17 soggetti che partecipano al trial, con un'età media di 29 anni, hanno ricevuto una dose di 40 mg di QLT091001 una volta al giorno per sette giorni. Le valutazioni sul campo visivo hanno mostrato miglioramenti statisticamente significativi del 34% al 7 ° giorno (p = 0,005), 29% al giorno 14 (p = 0,02) e il 23% al giorno 30 (p = 0,07). Inoltre, il 53% dei soggetti ha mostrato un miglioramento del visus in almeno un occhio. La ragione per impiegare i retinoidi sintetici come una terapia sostitutiva per la carenza di 11-cis-retinale si fonda, in parte, sul lavoro del Prof. Krzysztof Palczewski, operante  presso il dipartimento di farmacologia della Case Western Reserve University. Studi pre-clinici condotti sul topo e sul cane hanno dimostrato una correzione del difetto sui fotorecettori oltre al ripristino del tracciato elettroretinografico in risposta alla luce. Il completamento degli studi è previsto per il 2015. Commentando la fase 1 b il Dr. Hendrik Scholl della Wilmer Eye Institute, Johns Hopkins University ha dichiarato che, "a seguito del trattamento con QLT091001, i pazienti nel trial clinico hanno sperimentato un rapido e significativo miglioramento in determinati parametri della funzione visiva. Scoprire la causa genetica della degenerazione della retina ha rivoluzionato la nostra intuizione dei processi della malattia a livello molecolare e ci ha dato incoraggiamento per potenziali approcci terapeutici. E ora è emozionante vedere che la RLN lavora nel processo di sviluppo di una promettente potenziale terapia medica per la prima volta per pazienti affetti da cecità dovuta a mutazioni di geni specifici come RPE65 e LRAT (retinolo lecitina aciltransferasi)".  Bob Butchofsky, Presidente e Chief Executive Officer di RLN ha aggiunto che " questi risultati si applicano solo a un singolo ciclo di terapia; ulteriori studi sono in corso per valutare l'impatto di eventuali cicli di ripetizione del trattamento con QLT091001 in questi pazienti, come parte della nostra valutazione in itinere sulla sicurezza e sulla durata dell'effetto. I risultati finali di questo studio sono attesi nel secondo trimestre di quest'anno. Questi ci permetteranno di lavorare con le autorità di regolamentazione negli Stati Uniti e nell'Unione europea allo scopo di prendere decisioni sull'ulteriore sviluppo del farmaco".


Data Pubblicazione 23-04-2012

Una retina da staminali adulte

Per la prima volta sono state ottenute in laboratorio strutture tissutali retiniche contenenti cellule progenitrici proliferanti dei tessuti neurali retinici da cellule staminali pluripotenti indotte (iPS) ricavate da sangue umano. Il rivoluzionario annuncio arriva da uno studio pubblicato sulla rivista Investigative Ophthalmology & Visual Science . I ricercatori dell'University of Wisconsin-Madison coordinati da David M. Gamm hanno isolato da campioni di sangue umano dei linfociti T riprogrammandoli mediante trasduzione retrovirale per ottenere cellule staminali pluripotenti indotte (iPS) successivamente differenziate in cellule oculari, isolate e coltivate durante i vari step della retinogenesi. Non solo è stato possibile ottenere cellule retiniche da un semplice prelievo di sangue, ma tali cellule si sono rivelate in grado di organizzarsi in strati dando luogo a rudimentali strutture tissutali come accade in vivo: inoltre ogni cellula è risultata dotata di tutte le strutture funzionali necessarie alla percezione e alla conduzione dell'impulso visivo, esprimendo i marker che indicano la presenza di sinapsi chimiche ed elettriche. Le possibili applicazioni di questa scoperta vanno dall'utilizzo di questi tessuti ottenuti in laboratorio per i test su nuovi farmaci allo studio dei meccanismi cellulari delle patologie degenerative della retina, fino alla prospettiva elettrizzante di poter in un futuro non troppo lontano rimpiazzare strati di tessuto retinico nei pazienti che hanno subito danni di vario genere alla retina. "Non sappiamo quanto lontano ci porterà la tecnologia che abbiamo messo a punto", spiega Gamm, "ma il fatto che si sia riusciti a costruire una retina rudimentale da un semplice campione di sangue del paziente è incoraggiante, non solo perché conferma la bontà del lavoro del nostro team negli ultimi anni, ma anche perché il sangue è una fonte di staminali comodissima e a basso costo".


Data Pubblicazione 15-04-2012

Il Norgestrel potrebbe rappresentare una terapia della degenerazione retinica

Le degenerazioni retiniche rappresentano una delle maggiori cause di cecità nel mondo occidentale. Fra queste vi è la retinite pigmentosa. Rimane ad oggi ancora una malattia non trattabile, in parte a causa della sua complessità e variabilità genetica. Terapie geniche, il trapianto delle cellule staminali e la somministrazione di fattori di crescita ad emissione lenta sono alcuni dei trattamenti attualmente in fase di sperimentazione per il trattamento di questa patologia . Più recentemente, gli ormoni steroidei, ora noti per avere funzioni all'interno del  SNC oltre ai loro obiettivi tradizionali, sono stati suggeriti come potenziali agenti terapeutici. Gli ormoni Progestinici servono a  modulare la sopravvivenza della retina e poiché questi ormoni sono prodotti naturalmente dal corpo, il loro valore come agenti terapeutici potenziali risulta abbastanza chiaro. Saranno dunque prossimamente discussi i possibili  effetti  che favorirebbero la sopravvivenza delle cellule nervose da parte dei progestinici, sia  nel cervello, che specialmente nell'occhio.

Fonte: University College Cork, Biosciences Research Institute, Biochemistry Department, Cell Development and Disease Laboratory , Cork , Ireland +353 21 4901321 ; +353 21 4901382 ; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..


Data Pubblicazione 11-04-2012

La degenerazione retinica foto-indotta è impedita dallo zinco

I supplementi minerali sono inclusi spesso nelle preparazioni di prodotti multivitaminici a causa dei loro effetti benefici sul metabolismo. In questo studio è stato usato un modello animale in cui è stata indotta, tramite la luce, una  degenerazione retinica. Lo scopo era quello di provare l'effetto di protezione dello zinco. I ratti sono stati trattati con varie dosi di ossido di zinco  e quindi esposti a luce visibile intensa per 8 ore.  Il trattamento con lo zinco ha impedito efficacemente il danno, come rilevato mediante l'analisi del DNA.  L'ossido di zinco si è rivelato particolarmente efficace quando è stato somministrato prima dell'esposizione alla luce ed ad un dosaggio di  2-4 volte superiore rispetto a quanto raccomandato dal gruppo di studio relativo alle degenerazioni oculari legate all'età. Facendo uso di un database, 512 geni sono apparsi in grado di rispondere alla somministrazione di zinco, con il 45% di questi collegati al controllo della morte cellulare, della crescita, della proliferazione, del ciclo cellulare in generale. Questi dati suggeriscono una risposta regolatrice integrata ed estesa: i cambiamenti indotti nell'espressione genica dallo zinco sembrano dunque migliorare la capacità della retina di resistere ai danni ossidativi e ridurre il danno ossidativo in seguito all'esposizione alla luce intensa.

Fonte: Petticrew Research Laboratory, Department of Biochemistry and Molecular Biology, Boonshoft Schoolof Medicine, Wright State University, Dayton, OH. Department of Ophthalmology, Emory University, Atlanta, GA. Alcon Research Ltd. Fort Worth, TX.


Data Pubblicazione 02-04-2012

Il tegumento della soia nera può ridurre gli effetti di talune degenerazioni maculari

Gli antociani sono conosciuti per avere effetti antiossidanti e possono giocare così un importante ruolo nell'impedire le varie malattie degenerative. In questo studio, È STATO ESAMINATO l'effetto degli antociani estratti dal tegumento della soia nera su un modello animale con degenerazione retinica (RD), una delle cause principali di cecità. La RD è stata indotta in ratti tramite un'iniezione intraperitoneale di N-metil-N-nitrosurea (MNU) (50mg/kg), un agente di metilazione che provoca danni ai fotorecettori. Gli antociani estratti dal tegumento nero della soia (50mg/kg) sono stati somministrati giornalmente, oralmente, per 1, 2 e 4 settimane dopo l’iniezione. Le registrazioni (ERG) di Elettroretinografia e le analisi morfologiche sono state eseguite nei ratti di controllo  e con danno retinico indotto MN.

L’ ERG ha mostrato una riduzione dipendente dal tempo significativa e graduale rispetto a quelle degli animali normali. Nei ratti con degenerazione retinica indotta da MNU gli antociani dati per 4 settimane, mostrano un aumento nella risposta di ERG significativa rispetto ai ratti non trattati, nello stimolo scotopico

 Tuttavia, nei ratti trattati con gli antociani per 1 e 2 settimane, l'aumento nelle risposte di ERG non era significativo. Morfologicamente, lo strato nucleare esterno, dove i fotoricettori risiedono, era ben conservato nelle retine trattate del ratto in tutto il periodo sperimentale. Inoltre, la lesione retinica, valutata immunologicamente con un anticorpo contro la proteina acida fibrillare gliale, è stata ridotta nelle retine antociano-trattate. Questi risultati dimostrano che gli antociani estratti dai semi neri della soia possono proteggere i neuroni retinici da danni strutturali e funzionali, suggerendo un uso come supplemento utile per modulare il RD.

Fonte: Department of Anatomy, College of Medicine, The Catholic University of Korea, The Catholic University of Korea, Seoul 137-701, Republic of Korea.


Data Pubblicazione 12-03-2012

Un nuovo studio sulla retinite pigmentosa

L'azienda farmaceutica canadese  QLT  Inc ha annunciato, il 1 marzo, i risultati preliminari, giudicati positivamente,  del suo studio internazionale multicentrico fase 1b della sperimentazione clinica di una nuova sostanza, denominata QLT091001,  per il trattamento della Retinite Pigmentosa  causata da mutazioni genetiche ereditarie di proteine dell’epitelio pigmentato retinico  (RPE65) o lecitina retinolo aciltransferasi (LRAT). Lo studio di fase 1b ha mostrato cambiamenti rapidi, statisticamente significativi e clinicamente rilevanti sia nel campo visivo, come pure alcuni miglioramenti dell'acuità visiva . Lo studio ha coinvolto 17 soggetti con RP. Inoltre, piccoli sottoinsiemi di persone con RP sono stati studiati, per quanto concerne effetti secondari della malattia, su altri parametri chiave della visione influenzati da RP, come ad esempio la diminuita sensibilità della retina. Anche i dati disponibili per questi sottoinsiemi hanno mostrato aumenti notevoli e promettenti nei livelli di sensibilità media.


Data Pubblicazione 05-03-2012

Nuove sostanze antiangiogeniche

La casa farmaceutica  Regeneron annuncia l’approvazione da parte della FDA di EYLEA, iniezione per il trattamento della degenerazione maculare essudativa correlata all’età alternativo al Lucentis attualmente in uso. La dose intraoculare del farmaco raccomandata è 2mg ogni quattro settimane per le prime 12 settimane, seguita da 2mg ogni otto settimane. Gli effetti collaterali che si verificano  nel 5% circa dei casi sono simili a quelli della terapia tradizionale con LUCENTIS, ossia dolore agli occhi, cataratta, distacco del vitreo, aumento della pressione oculare e, in pochi casi,  distacco di retina. Rispetto al prodotto in uso, richiede una frequenza minore di somministrazioni e minori controlli intermedi. EYLEA è una proteina di fusione ricombinante contenente il recettore per VEGF (fattore di crescita che nel distretto oculare determina una anomala angiogenesi) unito con una porzione delle immunoglobuline G (IgG) in soluzione isosmotica. E’ controindicato in pazienti con infezioni oculari o perioculari, o infiammazioni oculari. Come per altri inibitori di VEGF vi è un rischio di fenomeni trombo-embolici sebbene con probabilità inferiore all’1,8%. Lo studio di efficacia è stato effettuato su 2412 pazienti di età compresa tra i 49 e i 99 anni. Il prodotto sarà distribuito in Europa da Bayer che ha richiesto a giugno 2011 le autorizzazioni necessarie.


Data Pubblicazione 27-02-2012

Aniridia

Nascere senza l'iride non significa semplicemente non poter mostrare il colore dei propri occhi. Se questa fosse infatti l'unica conseguenza dell'aniridia non staremmo certo a riferirne in una serie di articoli dedicati alle malattie rare che si manifestano nell'occhio.  L'iride, questa sottilissima membrana, fittamente innervata e controllata  da piccolissimi muscoli, ha in realtà l'importante funzione di regolare il flusso dei raggi luminosi all'interno del bulbo oculare. Di conseguenza chi soffre di aniridìa, una rara malattia di origine genetica, è fortemente esposto a gravi rischi dovuti alla luce troppo intensa che potrebbe danneggiare seriamente la retina. Non a caso infatti questa affezione è soprannominata "occhio indifeso": manca cioè il filtro che ripara la retina dalla luce troppo intensa che, come tutti sanno, può essere assai dannosa. Si tratta di un'anomalia di origine genetica che compare fin dalla nascita. I ricercatori ne hanno individuato l'origine in una alterazione del gene "pax-6" che si trova sul cromosoma 11. La trasmissione ereditaria risulta quindi solitamente autosomica dominante ma si registrano altresì parecchi casi sporadici, dovuti cioè ad una nuova mutazione comparsa per la prima volta. L'aniridia comporta quasi sempre una grave ipovisione. Chi ne è colpito difficilmente presenta un visus superiore a 2 / 10. Sebbene, di per sè, la patologia non sia progressiva, non mancano tuttavia effetti collaterali e complicanze che ne tendono ad aggravare il decorso.  Ricorderemo, a tal proposito, il nistagmo che consiste in frequenti ed incontrollati movimenti a scatti dello sguardo, un probabile scarso sviluppo della macula e, soprattutto, la frequente comparsa, a partire dall'adolescenza, di una particolare forma di glaucoma. Per questi motivi gli aniridici devono sottoporsi a frequenti controlli oculistici ed, in particolare, alla misurazione del tono oculare.  Esiste inoltre una seconda forma, assai più grave, della malattia detta "aniridia di tipo 2". Questa variante comporta anche un rischio significativo di contrarre un particolare tumore renale detto "nefroblastoma" o tumore di Wilms. Nel 15% dei casi poi si potrebbe manifestare la Sindrome di Wagr, un insieme di situazioni che comprende, oltre all'aniridìa, anche alcune malformazioni uro-genitali e ritardo mentale. A tutt'oggi non esiste una cura efficace in grado di vincere questa malattia. Si consiglia sempre di utilizzare comunque occhiali scuri e lenti protettive.   Nelle scuole i bambini privi dell'iride hanno spesso bisogno di essere seguiti in modo particolare. Diventano per loro assai importanti le condizioni di illuminazione delle aule e la possibilità di utilizzare ausili per ipovedenti. Allo scopo di promuovere la ricerca scientifica in questo campo è nata, nel 2005 l'Associazione Aniridia Italia (www.aniridia.it) che ha sede a Roma. Chi fosse però interessato ad avere maggiori informazioni potrà tranquillamente contattare anche l'A.P.R.I. di Torino che conta, fra i propri soci, anche persone affette da questo importante problema.


Data Pubblicazione 27-02-2012

Ancora uno studio sull'apoptosi

Alcune cellule dell’epitelio retinico sono state sottoposte a stress ossidativo con acqua ossigenata per stimolare l’apoptosi che, come è noto, consiste in una sorta di autodistruzione delle medesime. Nelle cellule di controllo è stato iniettato invece il vettore virale privo dell’inibitore. Nelle altre cellule il vettore conteneva anche la sequenza  dell’inibitore dell’apoptosi. Dopo l'esposizione ad acqua ossigenata per un'ora, le cellule transfettate dal gene dell’inibitore presentano una sovra--espressione del gene stesso ed una riduzione statisticamente significativa dei fenomeni di apoptosi. Ne consegue che l’inserimento dell’inibitore dell’apoptosi nelle cellule retiniche può proteggere le stesse dallo stress ossidativo tipico ad esempio della degenerazione maculare legata all’età.

Fonte: NIHR Biomedical Research Centre, United Kingdom.  


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