Una doppia disabilità sensoriale, visiva ed uditiva, questo è il risultato prodotto dalla Sindrome di Usher, una patologia rara e senza dubbio particolarmente grave. Non vedere e non sentire infatti significa, nella realtà, essere quasi completamente isolati dal mondo esterno. Diventano pertanto assai difficoltose le relazioni interpersonali ma, nonostante ciò, non sono poche le persone che, pur essendone afflitte, riescono comunque a condurre una esistenza piena ed integrata. Il nome della sindrome deriva dall'oculista scozzese Charles Usher che la identificò e descrisse intorno alla metà del XIX secolo. In genere i problemi uditivi si manifestano prima rispetto a quelli visivi. L'origine di questa affezione, che si calcola colpisca in Italia circa 3.000 persone, va ricercata senz'altro a livello genetico. In realtà i due organi coinvolti dalla degenerazione, la retina e la coclea, sono entrambi costituiti da cellule nervose piuttosto simili fra di loro. Essa si trasmette in modo autosomico recessivo e quindi, se entrambi i genitori risultano portatori sani, avranno il 25% di probabilità di generare figli malati. Il problema è che non sempre è possibile identificare con certezza i portatori sani. Gli esperti hanno classificato la Sindrome di Usher in tre sotto-categorie. Quella di tipo uno, la più grave, si manifesta con una sordità profonda fin dalla nascita mentre il declino della vista avviene progressivamente a partire dall'infanzia. Spesso compaiono anche disturbi dell'equilibrio dovuti ad anomalie dell'orecchio interno. Il secondo tipo risulta, per fortuna, meno grave: la sordità non è assoluta mentre la retinite pigmentosa, che causa la perdita della vista, compare dopo l'adolescenza e progredisce più lentamente. Esiste infine una terza forma della malattia, diffusa quasi soltanto in Scandinavia, dove anche il deficit uditivo è progressivo così come la retinite pigmentosa. Fatta però questa breve carrellata di presentazione scientifica, penso che qualcuno possa legittimamente incuriosirsi su come si riesca a comunicare con coloro che non sentono e non vedono. Naturalmente, per fortuna, non sempre la minorazione raggiunge l'assoluta cecità e sordità. Anche per i più sfortunati esistono però metodi che consentono un contatto, magari più lento e difficoltoso, ma reale. Chi ha appreso, ad esempio, la Lingua Italiana dei Segni (L.I.S.) perchè prima vedeva, ha la possibilità di adottare un sistema tattile di questo linguaggio. Toccando le mani che si muovono si riescono ad interpretare i concetti espressi in un discorso. Chi invece non ha imparato la L.I.S. ha a disposizione l'alfabeto "Malossi". Si tratta di un metodo nel quale si indicano, con piccoli tocchi o pizzichi, le lettere posizionate su ben determinati punti del palmo della mano. Non è comunque una vita facile quella del sordo-cieco. Attualmente purtroppo non esistono cure efficaci contro la Sindrome di Usher. Numerosi progetti di ricerca vengono portati avanti in tutto il mondo e si spera, così come per altre malattie genetiche, che nei prossimi anni siano messe a punto terapie specifiche in grado almeno di fermare il processo degenerativo. I settori più promettenti sono quelli della bioingegneria, degli innesti di cellule staminali e delle possibili terapie genetiche.
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La degenerazione maculare senile è una patologia altamente invalidante e sempre più diffusa nella nostra società. Si calcola infatti che essa colpisca, in modo più o meno grave, oltre il 10% degli ultrasettantenni. Le percentuali tendono poi ad aumentare ancora con l'avanzare dell'età. La macula è la parte centrale e di gran lunga più sensibile della retina. Essa è costituita da tessuto nervoso e pertanto non è in grado di ricostituirsi in caso di un suo grave danneggiamento. La malattia si presenta solitamente attraverso sintomi molto caratteristici come la visione di linee spezzate od improvvise gravi difficoltà nella lettura. Gli effetti più evidenti consistono nella perdita della capacità di leggere senza l'utilizzo di particolari ausili, nel non riconoscere i colori ed i volti delle persone che s'incontrano. Esistono due categorie molto diverse di degenerazione maculare. La forma secca o atrofica è meno grave. Progredisce più lentamente ma purtroppo è anche quella per cui persistono minori possibilità di trattamento. Attualmente si cerca di contrastarla attraverso l'assunzione di antiossidanti, vitamine ed altri integratori alimentari. Più pericolosa è invece la forma umida o essudativa. In questo caso si può intervenire per bloccare la degenerazione sia attraverso l'utilizzo di un particolare raggio laser (terapia fotodinamica), sia tramite iniezioni intravitreali di sostanze che inibiscono la proliferazione di vasi sanguigni sopra e sotto la superficie della retina. Si può prevenire la maculopatia? Non sempre ma certamente l'adozione di uno stile di vita sano può ridurre non poco i rischi di contrarre la malattia. I ricercatori hanno infatti identificato alcuni fattori di rischio che possono aumentare le probabilità di ammalarsi. In tal senso possiamo citare il fumo, le diete troppo ricche di grassi insaturi, l'obesità e l'ipertensione arteriosa. Esiste inoltre, almeno per talune forme, una predisposizione genetica che può essere verificata attraverso un particolare test molecolare recentemente messo a punto negli Stati Uniti. Va infine detto, onde tranquillizzare chi ha contratto la patologia, che quasi mai la degenerazione maculare porta alla cecità assoluta. Essa in genere progredisce compromettendo però soltanto la porzione centrale del campo visivo. Si tratta certamente di una minorazione grave sul piano funzionale ma talune tecniche riabilitative, come la cosiddetta "microperimetria" possono limitarne in parte la valenza invalidante.
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La retinite pigmentosa (RP), o "retinosi pigmentaria" secondo una denominazione formalmente più corretta, è una famiglia di patologie degenerative e di origine genetica che colpiscono la retina. Queste malattie determinano, seguendo un decorso molto variabile a seconda della tipologia, una progressiva disattivazione delle cellule fotorecettrici, ossia i coni e i bastoncelli. I principali sintomi che possono indirizzare alla diagnosi di RP sono:
Con l'avanzare della patologia si possono manifestare anche altri effetti come una elevata fotofobia, difficoltà a distinguere i colori e problemi nella fissazione.
Appare ormai accertata l'origine genetica della RP. Essa si trasmette secondo meccanismi propri ad ogni sottocategoria, ed essenzialmente, sul piano dell'ereditarietà, può essere così classificata:
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AUTOSOMICA DOMINANTE: Basta un solo genitore che trasmetta il gene mutato per avere il 50% di probabilità di generare un figlio malato.
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AUTOSOMICA RECESSIVA: E' necessario che entrambi i genitori siano portatori sani del gene mutato. In tal caso vi sono il 25 % di probabilità di generare un figlio malato.
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LEGATA AL CROMOSOMA X: Si trasmette solo dalle madri portatrici sane ai figli maschi.
Esistono anche molti casi cosiddetti "sporadici" nei quali non è possibile risalire al meccanismo di trasmissione genetica. E' comunque consigliabile sottoporre ogni malato, ed i suoi famigliari, ad una consulenza da parte di un genetista.
Non esistono attualmente terapie risolutive che possano guarire la RP. Si sperimentano tuttavia, in tutto il mondo, numerosi trattamenti empirici finalizzati almeno al rallentamento del decorso. Non è comunque facile determinarne l'efficacia anche perchè la malattia può spesso fermarsi anche per molti anni, per poi aggravarsi improvvisamente senza apparente motivo.
In una percentuale significativa di malati la RP può essere accompagnata anche da problemi di udito più o meno gravi. Quando però la sordità precede cronologicamente il deficit visivo si parla di "Sindrome di Usher".
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Si tratta di una rassegna di conferenze di carattere divulgativo realizzata presso il Circolo dei Lettori di Torino, ente culturale di proprietà della Regione Piemonte. L'attività è iniziata nel 2010 in occasione delle manifestazioni organizzate per ricordare il ventesimo anniversario di fondazione dell'A.P.R.I. onlus. Nel 2010 si sono svolti quattro incontri, tutti seguiti da un vasto pubblico: la presentazione del libro di Wolfgang Fasser, conferenze dedicate a Ray Charles, Steve Wonder e J. S. Bach. Nell'autunno del 2011 sono state organizzate due conferenze dedicate rispettivamente ai musicisti blues americani non vedenti ed alla musicalità del parlato. La rassegna si avvale della collaborazione del giornalista e musicologo Marco Basso e del musicista Leonzio Gobbi. Coordinatori organizzativi sono Tony Lama e Silvia Mamini.
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Il Comitato Non Vedenti Africani, di cui trattiamo in altra pagina, ha fino ad oggi sviluppato tre missioni umanitarie a favore dei disabili visivi di quel continente.
Nella primavera del 2010 si è svolto un viaggio conoscitivo nella Repubblica Democratica del Congo. Nel corso dell'iniziativa si è visitato l'Istituto Nazionale dei Ciechi di Kinshasa. Si sono stabiliti inoltre contatti con il locale governo e con associazioni operanti a favore dei disabili visivi.
Al ritorno in Italia abbiamo effettuato una raccolta di attrezzature oculistiche e materiale tiflologico che sono stati poi consegnati all'organizzazione ADESCOPHA composta da non vedenti congolesi.
Nel 2011 invece abbiamo inviato aiuti in Costa d'Avorio. Nel mese di luglio abbiamo affidato oltre cento lentine intraoculari alla coordinatrice del comitato Jaqueline N'gbè che si è recata ad Abidjan. Nel gennaio 2012 invece il presidente Marco Bongi ha visitato l'Istituto dei Ciechi della capitale invoriana e, nell'occasione ha donato a tale struttura alcuni computer con sintesi vocale, tavolette Braille, bastoni bianchi, libri tattili e derrate alimentari.
Nel 2012 si è iniziata anche una campagna di raccolta fondi a favore dei disabili visivi del Senegal.
Nel 2014 siamo inoltre riusciti, grazie al contributo della Fondazione VII Novembre di Ivrea, a creare una biblioteca, rivolta agli studenti ipovedenti, nella città camerunese di Douala. La struttura, denominata "Le Pavillon Blanc", contiene molti video-ingranditori, un'aula informatica e numerosi ausili tiflo-didattici.
Tutti questi progetti sono attualmente coordinati da Jaqueline N'gbè coadiuvata da Stephane Ebongue.
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L'immigrazione extracomunitaria ci ha portato negli anni anche numerosi nuovi disabili visivi.
La maggioranza solitamente ha acquisito l'handicap quando si trovava già nel nostro paese. La nostra associazione li ha sempre accolti con affetto ed ha cercato di seguirli, per quanto possibile, nel loro peregrinare fra problemi di burocrazia e gravi difficoltà di sopravvivenza. In ciò non abbiamo mai fatto distinzioni di provenienza. Storicamente si sono rivolti a noi soprattutto rumeni, seguiti da magrebini, albanesi, africani ed anche un profugo afgano.
E' accaduto però che alcuni disabili visivi africani, ormai inseriti nel nostro paese e riconoscenti verso l'operato dell'associazione, ci abbiano chiesto di aiutare i loro fratelli non vedenti, certamente meno fortunati, rimasti nell'Africa nera. Il primo nucleo del comitato si è costituito attorno ad alcuni amici congolesi. Successivamente si sono aggiunti alcuni invoriani, senegalesi, nigeriani, ghanesi, togolesi e capoverdiani. A partire dal 2009 si sono quindi organizzate iniziative di solidarietà e raccolta fondi a favore dei disabili visivi residenti nell'Africa subsahariana ed in aiuto soprattutto degli istituti per ciechi esistenti in tale area geografica. Si sono avviati anche promettenti contatti con varie associazioni di immigrati africani in Piemonte.
Fino ad oggi si sono svolte tre missioni umanitarie con relativi contatti in loco: una nella Repubblica Democratica del Congo e due in Costa d'Avorio. In tali occasioni sono stati consegnati aiuti sanitari ed ausili tiflotecnici.
Attualmente il Comitato Non Vedenti Africani è coordinato da Jaqueline N'gbè della Costa d'Avorio.
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