Gateway to vision Varco alla vista
di Sandra Giovanna Giacomazzi
"La speranza non ha niente a che vedere con l'ottimismo. Non è la convinzione che qualcosa andrà bene, ma la certezza che qualcosa ha un senso, indipendentemente da come finirà". E' con questa citazione da Klaus Havel che si è aperto il 17° congresso di Retina International svoltosi presso l'Hotel Grand Elisée ad Amburgo in Germania il 14 e 15 luglio scorsi. Come a Stresa due anni prima, si sono riuniti per l'occasione "la crème de la crème" dei ricercatori mondiali sulle distrofie retiniche ereditarie.. Oltre alle delegazioni dei 33 membri nazionali e 43 relatori da Nordamerica, Europa e Germania, erano presenti più di 500 partecipanti fra pazienti e familiari.
La scelta della citazione di Havel sembrava fatta per portare un po' di realismo e sobrietà alle aspettative. Da quando è stato scoperto il genoma umano, molti pazienti, come anche medici e ricercatori, erano convinti che le soluzioni per molte patologie sarebbero state dietro l'angolo. A più di un decennio di distanza si ha la consapevolezza che ciò che appariva imminente continua a sfuggire nel futuro, nonostante i salti da gigante compiuti dalla ricerca. C'è un clima quasi socratico riguardo all'accumulo di conoscenza: più si sa, più si scopre di non sapere. Tuttavia, le tante strade della ricerca vanno percorse con coraggio, determinazione, e sì, con speranza.
La sessione plenaria di sabato è iniziata con i discorsi di benvenuto da parte di Cristina Fasser, presidente di Retina International in carica ormai da un ventennio, Claus Gehrig, Presidente di Pro Retina Germania e organizzatore dell'incontro, e Stephen M. Rose, il direttore della ricerca della Fondazione per la Lotta contro la Cecità (Foundation Fighting Blindness), la madre statunitense di tutte le organizzazioni di ricerca su retinite pigmentosa e altre patologie della retina.
Dopo i discorsi di benvenuto, il Professor e Dottor Eberhart Zrenner, dell'Istituto per la Ricerca Oftalmologica dell'Università di Tubingen, ha parlato sulla importanza della interdisciplinarietà come chiave per il progresso nello sviluppo di soluzioni terapeutiche per le degenerazioni della retina. Che si tratti di terapie genetiche, di impianti retinici o di elettrostimolazioni, tre delle tecniche più innovative, ciò che risulta fondamentale è la sinergia fra specialisti dei vettori virali, biochimici, biologi molecolari, genetisti, chirurghi e fisiatri della retina, fisici, ingegneri elettronici, come anche specialisti in conoscenze legali, e di ipovisione, per non parlare dei pazienti stessi.
Terminati gli incontri plenari della prima mattinata, le sessioni si sono divise in due: quelle scientifiche, durante le quali, appunto, gli specialisti delle varie discipline potevano scambiare conoscenze fra di loro; e quelle per i pazienti, durante le quali ogni tipo di retinopatia è stato presentato e discusso: da quelle ereditarie, come la retinite pigmentosa, i tre tipi della sindrome di Usher, la sindrome di Stargardt, quella di Bardet-Biedl e l'amaurosi di Leber, o quelle acquisite come la retinopatia diabetica o l'infarto venoso della retina. Ognuno è stato affrontato sia dal punto di vista clinico, dal progresso nei sistemi diagnostici alle terapie attuali e le prospettive per il futuro, sia dal punto di vista della qualità della vita dei pazienti.
Molta attenzione è stata dedicata anche a quella che è diventata la più diffusa causa di cecità nel mondo moderno e sviluppato : la degenerazione maculare senile. Per quanto riguarda la degenerazione maculare umida o essudativa, si è confermata l'efficacia delle iniezioni di farmaci antiangiogenici, anche se non tutti i pazienti riscontrano un beneficio. Oramai si è confermato scientificamente ciò che era già evidente da tempo sull'efficacia di Avastin rispetto a Lucentis, il cui costo 40 volte superiore a quello di Avastin non può più essere giustificato. Sono già in corso dei trial clinici che comportano l'introduzione nell'occhio di microcapsule che rilasciano il farmaco con gradualità, tecnica che era già stata preannunciata a Stresa. Per quanto riguarda la degenerazione maculare secca, sono in corso dei trial clinici farmacologici e a base di nutrienti anti-ossidanti.
Quando tutte o la maggior parte delle cellule dei fotorecettori sono morte, una soluzione scontata sembrerebbe il trapianto di cellule sane per rimpiazzare quelle distrutte. Sfortunatamente anni di ricerca su modelli animali hanno portato solo successi marginali, ed i risultati di un primo trial clinico sono stati inconclusivi.
Al contrario, il trapianto di cellule staminali continua ad offrire una speranza per il futuro sia per le malattie ereditarie sotto l'ombrello della retinite pigmentosa, sia per le degenerazioni maculari senili. Le cellule staminali sono cellule primitive che posseggono la potenzialità di moltiplicarsi e svilupparsi in qualunque tipo di cellule che si trova nel corpo umano. Tuttavia, benché ci siano stati casi di successo in sperimenti con modelli animali, prima di raggiungere gradi di sicurezza che permetteranno ai ricercatori di effettuare trial clinici su esseri umani, la strada è ancora lunga.
Una vera novità nel campo diagnostico riguarda i test di analisi genetici. Le distrofie retiniche ereditarie possono essere divise in due categorie: le malattie che provengono dalla mutazione di un gene solo e quelle che provengono da mutazioni di più geni. La retinite pigmentosa è un esempio del secondo. Fino ad adesso in RP sono stati implicati 55 geni, che spiegano circa il 55% dei casi. Testare 55 geni con la vecchia metodologia, Sanger sequencing, comporterebbe costi troppo onerosi. Un nuovo tipo di analisi chiamato Next Generation Screening, NGS, permette la lettura di sequenze di DNA ad una velocità senza precedenti. Nel settore, NGS può essere applicato ai 150 geni delle degenerazioni retiniche, il cosidetto Pachetto RD, oppure si può appiccare a tutti i ventiduemila geni umani, test che si chiama Exon intero o Exome NGS. L'antropologo e genetista professor Frans P.M. Cremers, dell'Università van Nijmegen Afdeling in Olanda, ha spiegato gli aspetti pratici finanziari e etici di entrambi.
Per quanto riguarda la visione artificiale, ossia le protesi retiniche o l'occhio bionico, come preferiscono chiamarli i media, attualmente ci sono tre tipi di cui sono in corso dei trial clinici. Sono simili, in quanto tutti e tre consistono in tre componenti: l'impianto stesso che viene inserito nell'occhio con un intervento chirurgico, la telecamera che viene applicata ad un paio di occhiali e un pacco da tenere in tasca, contenente la pila di alimentazione. La fondamentale differenza fra i tre riguarda la locazione nell'occhio dell'impianto: epi-retinico, sub-retinico e subcoroidale. Quindi si tratta di tre concetti molto diversi, per quanto sembrino simili. Anche se i risultati fino ad ora sono molto promettenti, ci sono tre prerequisiti che limitano il numero di pazienti che potrebbero trarne beneficio. Devono essere ciechi totali e avere il nervo ottico intatto. Devono anche, però, essere persone che prima hanno visto per poter beneficiare della fase rieducativa. Ad Amburgo erano presenti due pazienti che hanno partecipato ai trial clinici di due impianti diversi, che hanno condiviso le loro esperienze con tutti i presenti.
La grande novità di Stresa due anni fa era stata la terapia genica con la quale un virus, privato dei suoi aspetti patologici, era stato così neutralizzato e poi caricato di materiale retinico sano e usato come vettore. Iniettato negli occhi di pazienti malati di amaurosi di Leber, il virus si è comportato secondo la sua natura: moltiplicandosi, ha occupato le retine malate con cellule retiniche sane. La professoressa Jean Bennet, dell'Università di Philadelphia, ha confermato il miglioramento dei pazienti e l'intenzione di procedere con trial clinici applicando la tecnica ad altre Patologie, quale per esempio la sindrome di Stargardt.
L'innovazione terapeutica di quest'anno, invece, è un trattamento chiamato elettrostimolazione trans corneale, in cui un bassissimo voltaggio di elettricità è usato per stimolare e potenzialmente proteggere la retina di pazienti affetti da retinite pigmentosa. Benché i trial clinici siano solo alle prime fasi, secondo il Dott. Florian Gekeler dell'Università di Tubingen, i primi risultati sono molto incoraggianti con effetti positivi per i pazienti partecipanti al trial pilota. Il trattamento è stato sviluppato dall'azienda tedesca Ocuvision, la quale sta allargando lo studio per capire meglio il potenziale del trattamento e la sua sicurezza ed efficacia. Aspettiamo di sentire i risultati di un'applicazione più ampia di questa nuova affascinante tecnica al prossimo appuntamento a Parigi nel 2014.
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Segnaliamo con piacere la recente pubblicazione del nuovo libro scritto dal nostro socio p. Silvano Sabatini, sacerdote missionario, divenuto non vedente, appartenente alla Congregazione dei "missionari della Consolata". Il volume si intitola: "Il prete e l'antropologo, fra gli Indios dell'Amazzonia", edizioni EDIESSE, euro 12,00. Padre Sabatini ha vissuto oltre quarant'anni nella foresta brasiliana e quì racconta molti episodi della sua vita avventurosa. Oggi, ormai novantenne, è ricoverato presso una casa di riposo nella cintura di Torino. Non ha perso tuttavia la lucidità mentale e la voglia di trasmettere a tutti il suo pensiero. Stiamo tentando di realizzare, con l'aiuto di alcuni volontari, una edizione audio dell'interessante volume.
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Il 23 luglio scorso l'Agenzia Europea del Farmaco ha autorizzato ufficialmente la commercializzazione di "Glybera" (alipogene tiparvovec), il primo trattamento medico di tipo genico che servirà a combattere le pancreatiti gravi o multiple. L'evento riveste una particolare importanza anche per chi soffre di malattie retiniche ereditarie in quanto fino ad oggi sono stati portati a termine, nel nostro settore solo terapie a carattere sperimentale e non quindi aperte a tutti i pazienti. Si tratta dunque di un importante passo avanti che intendiamo seguire nel prossimo futuro con particolare attenzione. Si apre infatti ufficialmente un nuovo importante capitolo nella pratica terapeutica di molte patologie come la Amaurosi congenita di Leber, la malattia di Stargardt… Non è detto che i risultati incoraggianti di queste cure possano essere automaticamente ribaltati a livello retinico. Vale comunque la pena di seguire gli sviluppi di questi percorsi.
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La compagnia "Affetti Collaterali", che, come è noto, cura la preparazione artistica del nostro laboratorio teatrale, ha diffuso, nei giorni scorsi, un duro comunicato stampa che denuncia la propria immotivata espulsione dal Teatro Cuore di via Nizza 56 a Torino. A.P.R.I.-onlus, pur non volendo entrare nel merito delle gravi accuse contenute nel comunicato, esprime tuttavia la propria preoccupazione per il destino del gruppo che, fino ad oggi, sotto l'esperta guida dell'attrice non vedente Carlotta Bisio, ha ottenuto ottimi risultati sul piano della recitazione e su quello, forse ancora più importante, dell'integrazione sociale dei disabili visivi. Ci dispiace inoltre apprendere di gravi dissapori verificatisi nell'ultimo periodo e di supposte insolenze ricevute da alcuni disabili. Valuteremo dunque prossimamente, di concerto con "Affetti Collaterali", le possibili soluzioni in vista della ripresa delle attività in autunno.
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Nello scorso week-end si è svolto ad Amburgo il tradizionale congresso scientifico mondiale della federazione "Retina-international", la manifestazione biennale che nella scorsa edizione si era tenuta a Stresa. La nostra associazione ha inviato nella città tedesca la consigliera prof. Sandra Giacomazzi, responsabile dei rapporti internazionali di A.P.R.I.-onlus. Nelle prossime settimane Sandra ci preparerà sicuramente una sintetica relazione che riporterà i contenuti più significativi emersi nel convegno. Non appena saremo in possesso di tale relazione la diffonderemo attraverso questa news-letter. In un primo colloquio ci ha comunque assicurato di aver avviato interessanti contatti con esponenti di altre associazioni e di aver parlato con ricercatori che stanno portando avanti importanti progetti di ricerca.
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Il cheratocono, malattia progressiva della cornea che colpisce, in forma più o meno grave, circa trentamila italiani, ora potrà essere meglio curato grazie all'instillazione di un nuovo collirio a base di vitamina B2 che, nella nuova formulazione, è chiamata "riboflavina", seguita dall'irradiazione, per tre minuti, di raggi ultravioletti. La tecnica, non invasiva, porta la firma del ricercatore italiano prof. Roberto Pinelli, docente all'Università di Lugano e direttore scientifico dell'Istituto di microchirurgia oculare di Brescia. Essa promette, nella stragrande maggioranza dei casi, di evitare, o di allontanare nel tempo, il trapianto di cornea, unica soluzione per risolvere radicalmente il problema del cheratocono. Moltissimi sono i pazienti già trattati con successo, tanto che, la multinazionale americana "Avedro", dopo mesi di verifiche, ha acquistato il brevetto della riboflavina per lanciarlo nel mondo e ha già ottenuto l'approvazione sanitaria per l'Europa. Pinelli intanto sta sperimentando la riboflavina anche negli interveti per correggere, con il laser, presbiopia, ipermetropia e miopia.
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Ci stiamo riferendo ai cosiddetti "Omega-3", un ingrediente molto abbondante negli sgombri, tonni e sardine. Gli studiosi da parecchi anni ne stanno valutando l'effetto protettivo sulla macula. Gli acidi grassi contenuti nel pesce aiutano a proteggere le cellule retiniche. Che legame esiste tra una dieta ricca di pesce e la prevenzione della cecità? Un consumo elevato di tonno, pesce azzurro o salmone può aiutare a combattere la degenerazione della zona centrale della retina (maculopatia), che colpisce principalmente gli anziani. I ricercatori dell'università di Alberta (Canada) hanno constatato che l'incremento dell'assunzione di un particolare tipo di Omega-3 - un acido grasso chiamato DHA - impedisce a una molecola tossica per le cellule retiniche di accumularsi sul fondo dell'occhio: si tratta della lipofuscina, un materiale di scarto dei processi visivi dal colore bianco-giallastro. Il modello sperimentale dei ricercatori ha previsto l'uso di topi geneticamente modificati, anche se si punta a replicare questi risultati sugli esseri umani; per constatare risultati positivi gli Omega-3 sono stati somministrati per almeno sei mesi. "Mentre invecchiamo normalmente - hanno scritto i ricercatori canadesi su Investigative Ophthalmology & Visual Science - la quantità di questa tossina, la lipofuscina, raddoppia mentre nei test di laboratorio tale incremento non è stato affatto riscontrato nelle cavie a cui veniva somministrato il DHA".
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A distanza di due anni dal precedente, anche nel 2012 l'A.P.R.I.-onlus e l'Associazione R.P.-Liguria organizzeranno congiuntamente l'ormai tradizionale convegno scientifico dal titolo: "Distrofie Retiniche Ereditarie: il punto della ricerca in Italia e nel mondo". La manifestazione, giunta ormai alla settima edizione, si svolgerà ad Agliè (TO), presso il Centro Congressi "Alladium", nella giornata di sabato 27 ottobre 2012, dalle ore 10 alle 17 circa. Hanno già garantito la propria presenza numerosi specialisti in oftalmologia, genetica, psicologia, tossicologia ed altre branche della medicina. Il convegno, grazie alla preziosa disponibilità dell'ASL TO-4, potrà attribuire crediti professionali sanitari ad oculisti, ortottisti, psicologi ed educatori. Si invitano dunque soci e simpatizzanti a partecipare numerosi. Da Torino, e forse anche da altre città piemontesi, si organizzeranno dei pullmann. Gli interessati sono perciò pregati di prendere contatto, per ulteriori informazioni, con le nostre principali sedi.
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Una nuova protesi promette di restituire la vista a milioni di persone affette da malattie della retina. La sperimentazione, seppur promettente, è solo nelle primissime fasi Un paio di occhiali speciali e microchip simili a pannelli solari impiantati direttamente sulla retina. È questa la tecnologia che potrebbe tra non molti anni restituire la vista alle persone affette da gravi patologie della retina, come la degenerazione maculare senile o la retinite pigmentosa. A mettere a punto il complesso dispositivo un gruppo di ricercatori del dipartimento di Oftalmologia della Stanford University School of Medicine, che nei giorni scorsi ha pubblicato sulla rivista Nature Photonicsi dati derivanti dai primi esperimenti condotti su tessuti biologici. I risultati sono promettenti, tanto che il team ha già avviato la sperimentazione su topi da laboratorio. OCCHIALI E PANNELLI SOLARI - Quello messo a punto dai ricercatori americani è un sistema integrato che cerca di sopperire alla progressiva degenerazione delle cellule della retina deputate a captare la luce, prima che questa venga trasmessa al cervello sotto forma di impulso elettrico. Malattie come la degenerazione maculare senile o la retinite pigmentosa danneggiano, infatti, i recettori ma lasciano quasi illese le terminazioni nervose. L'obiettivo della nuova protesi è proprio quello di trovare altre fonti, diverse dalla luce visibile, per stimolare questi neuroni. Per questa ragione il team ha messo a punto un paio di occhiali speciali. Sono dotati di microcamera e di un sistema in grado di proiettare le immagini catturate dalla realtà su un display a cristalli liquidi posto sul retro delle lenti. Il display ha però una peculiarità: proietta le immagini così ottenute non con la normale luce visibile, ma con luce pulsata nella lunghezza d'onda del quasi infrarosso. Questa, però, è soltanto la parte esterna della protesi. L'altra fondamentale componente è costituita da un microscopico chip di circa 3 millimetri di diametro impiantato chirurgicamente sulla retina. "Funziona esattamente come un pannello solare messo sul tetto", ha spiegato il coordinatore dello studio Daniel Palanker. "Converte la luce in corrente elettrica. Ma invece di mandarla al frigorifero la invia alla retina". Da qua, sperano i ricercatori, attraverso la rete di terminazioni nervose posta sullo strato più profondo della retina, lo stimolo dovrebbe raggiungere il cervello restituendo la capacità di vedere. SEGNALE RICEVUTO - È questo complesso sistema di dispositivi che i ricercatori hanno sperimentato su tessuti retinici sia sani sia danneggiati prelevati da topolini da laboratorio. Sui tessuti sani, è stato osservato che il mini pannello solare era in grado di ricevere le immagini trasmesse sia nello spettro della luce visibile sia in quello del quasi-infrarosso e di stimolare le cellule nervose deputate a captare questi segnali. Al contrario, i tessuti danneggiati erano in grado di funzionare soltanto con le informazioni trasmesse nel quasi-infrarosso. "Ciò significa che con il nostro sistema la vista viene recuperata", ha commentato Palanker che tuttavia resta molto cauto. Nonostante questo e altri dispostivi possano aiutare a restituire la vista, rimane da capire quale sarà la qualità della visione. Per esempio, spiega il ricercatore, le tecnologie attualmente disponibili non consentono di vedere i colori. Nelle persone sane infatti, il sistema di captazione dei colori è gestito, all'interno dalla retina, da diverse popolazioni di cellule specializzate nella ricezione dei singoli colori primari. Una complessità che gli attuali sistemi non sono riusciti ancora a riprodurre. Il risultato, insomma, potrebbe essere molto diverso da una visione normale. Si tratterebbe tuttavia di un progresso importante per milioni di persone. Per questo il team sta bruciando le tappe. La nuova protesi è già in sperimentazione su topi da laboratorio che saranno osservati per sei mesi e i primissimi dati, anticipano i ricercatori, suggeriscono che il sistema funziona. Occorreranno però anni prima che la protesi possa essere sperimentata sull'uomo. Soltanto a quel punto si capirà se la capacità del sistema di trasformare la realtà in segnali elettrici effettivamente ricevuti dal cervello corrisponda realmente al recupero della vista.
Fonte: Antonino Michienzi - www.corriere.it
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Proseguono le iniziative della rassegna RI-ABILITÀ coordinata dalla dott. Simona Guida. Martedì 24 luglio è prevista un'interessante visita alla Villa della Regina, interessante costruzione barocca inserita nel percorso torinese delle residenze sabaude. Il ritrovo è fissato, per le ore 15,30, in strada S. Margherita 79 a Torino, zona Gran Madre. Ci saranno sicuramente oggetti esplorabili tattilmente ed una guida che cercherà di descrivere le attrattive del monumento. Le prenotazioni dovranno giungere, anche telefonicamente, entro martedì 17 luglio.
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La scorsa settimana è iniziato, presso il C.R.V. di Ivrea, un corso di alfabetizzazione Braille rivolto principalmente ad insegnanti, educatori ed operatori sociali. L'iniziativa avrà la durata di circa venti ore.
Si tratta del primo corso del genere organizzato presso la riabilitazione visiva eporediese. Chi fosse interessato a partecipare al prossimo dovrà contattare il centro al numero telefonico: 0125 - 41.48.83.
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Questa interessante notizia e stata pubblicata sulla prestigiosa rivista PNAS. Le cavie ci vedono di nuovo, anche se solo parzialmente. Nonostante il loro nervo ottico fosse gravemente danneggiato i ricercatori sono riusciti a rigenerarlo quel tanto che è bastato per restituire loro un po' di visione. A ridare speranza anche alle persone che, a causa di traumi o di malattie, hanno perso la vista per danni al nervo ottico ci ha pensato una squadra d'Oltreoceano (statunitense e brasiliana), che ha condotto esperimenti sui topi di laboratorio. Due sono stati i fattori che hanno consentito una parziale rigenerazione del nervo ottico: l'oncomodulina e una specifica stimolazione delle cellule nervose. Per ora non sono stati ancora effettuati esperimenti sugli esseri umani. "Abbiamo dimostrato - scrivono i ricercatori sulla rivista PNAS - che, con adeguata stimolazione, le cellule ganglionari retiniche possono rigenerare gli assoni (prolungamento delle cellule nervose) per l'intera lunghezza della via visiva". In questo caso la rigenerazione nervosa ripristina parzialmente i movimenti oculari in risposta agli stimoli e la percezione della profondità; inoltre così viene ricostruito il circuito centrale della visione in seguito a danni del nervo ottico.
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La Tiflosystem di Padova informa di aver lanciato un concorso di lettura Braille riservato a ragazzi di età fino ai quattordici anni. L'iniziativa intende ricordare la figura della dott. Lucia Guderzo recentemente scomparsa. Gli interessati potranno iscriversi compilando l'apposito modulo scaricabile dal sito www.winlusy.it. Le domande dovranno pervenire entro il 7 settembre 2012. Successivamente verrà organizzata la selezione a Roma o a Milano. I candidati dovranno leggere, davanti alla giuria, un testo di narrativa non precedentemente conosciuto. Il vincitore verrà premiato con un assegno di mille euro. Farà parte della giuria, accanto ad altri esperti, il presidente della nostra associazione Marco Bongi. Per ulteriori informazioni telefonare a Tiflosystem: 049 - 93.66.933.
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Lunedì 11 giugno si sono conclusi, per quest'anno, gli incontri del C.R.V. eporediese riservati a parenti e conviventi di persone disabili della vista. La dott. Simona Guida, affiancata dall'educatore Massimiliano Tala ha illustrato le tecniche di accompagnamento e risposto alle domande poste dai partecipanti. L'iniziativa si è rivelata senz'altro assai utile e si pensa di replicarla sicuramente dopo la pausa estiva.
Sempre ad Ivrea, e nel medesimo giorno, il presidente Marco Bongi, accompagnato dal delegato zonale Ivo Cavallo, ha aperto il primo corso di Braille presso la Casa Circondariale. I detenuti, che da tempo operano attivamente nel progetto "Libri dal Carcere" si sono mostrati molto volonterosi e desiderosi di apprendere l'alfabeto tattile usato dai non vedenti. Il corso proseguirà nei mesi estivi per un totale di circa venti ore.
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Il Centro di Riabilitazione Visiva dell'ASL TO-4 propone una nuova iniziativa, sicuramente unica per quanto riguarda la sanità piemontese. Si tratta di un corso di cucito finalizzato a far recuperare, specialmente alle signore con gravi problemi di vista, la capacità di compiere autonomamente rammendi, applicazioni di bottoni, orli e altre semplici operazioni con ago e filo. L'interessante laboratorio sarà gestito da una sarta ed inizierà venerdì 8 giugno, dalle ore 9,30 alle 11,30, presso il C.R.V. di corso Costantino Nigra 37 ad Ivrea. Le lezioni avranno cadenza quindicinale. Per informazioni: tel. 0125 - 41.48.83.
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Da alcuni mesi sono disponibili, presso laboratori specializzati, alcuni test genetici predittivi sul rischio di poter contrarre in futuro la degenerazione maculare senile. Il campione da esaminare viene estratto solitamente, senza alcun disagio per il paziente, dalla mucosa orale. Si tratta ovviamente di esami a carattere probabilistico in quanto non sono ancora completamente conosciuti tutti i fattori genetici predisponenti alla patologia. Al momento dunque non tutti gli oftalmologi ritengono consigliabile il test, sia a causa del suo costo non proprio popolare (circa 1000 euro), sia perchè potrebbe generare ansie eccessive ed in parte immotivate in alcuni pazienti. L'unica prevenzione concreta all'insorgere della degenerazione maculare senile del resto, consiste attualmente nell'adozione di una dieta equilibrata e nella rinuncia al fumo, tutte precauzioni utili anche per la prevenzione di molte altre malattie. Dato tuttavia l'interesse ingeneratosi intorno a questi test ci proponiamo di ospitare, nel prossimo futuro, interventi più approfonditi in proposito da parte di alcuni componenti del nostro comitato scientifico.
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Sabato 19 maggio si è felicemente concluso il progetto triennale di formazione intitolato: "Mobilità e strategie per l'autonomia dei disabili visivi", realizzato dalla nostra sezione provinciale di Asti e finanziato dal locale Centro Servizi Volontariato. Si è trattato di un'iniziativa molto qualificante e complessa che dimostra senz'altro l'alto livello di operatività raggiunto dalla sede decentrata. Ringraziamo sentitamente tutti i partecipanti ai corsi, i docenti e, soprattutto, la coordinatrice Renata Sorba che ha saputo condurre in porto l'attività con grande competenza.
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La variazione interindividuale in risposta ai farmaci e determinate reazioni avverse al farmacosono fenomeni ben noti in medicina. Tale variazione individuale potrebbe essere, almeno in parte, causata da diversità genetiche tra gli individui. Anche se gli studi sostanziali che collegano le varianti genetiche a variazione interindividuale in risposta al farmaco sono stati documentati in diverse malattie come il cancro e le malattie di cuore, tali studi stanno procedendo lentamente anche in oftalmologia. Negli ultimi anni, un avanzamento nelle tecnologie ha portato all'identificazione di geni associati a diversi disturbi degli occhi. Allo stesso tempo, alcuni piccoli studi hanno dimostrato l'associazione di diversi genotipi o aplotipi con risposte diverse alle terapie farmacologiche. Tuttavia, una applicazione di questi risultati di integrazione nella pratica clinica in oftalmologia non è al momento ancora possibile. Questo perché ci sono molte domande impegnative che restano da affrontare. Per esempio, nel caso di disturbi complessi lo studio di un singolo gene non è sufficiente. Geni multipli, polimorfismi di un singolo nucleotide (SNP), fattori ambientali e varianti rare o a bassa frequenza possono contribuire alla malattia e devono essere considerati attentamente . Gli aspetti funzionali di molte varianti genetiche inoltre non sono noti. Questo solleva interrogativi sulla loro importanza biologica e la loro potenziale utilità clinica. Inoltre, ci sono questioni legali, etiche e sociali che devono essere regolamentate. I medici e i pazienti devono essere poi istruiti circa la limitazione e la sensibilità dei test genetici. Gli studi farmacogenetici presenti in oftalmologia sono ancora ai primi passi e non suggeriscono che un approccio quanto mai prudente. La farmacogenetica oculare è dunque un settore di ricerca che non può produrre risultati immediati, ma potrebbe però diventare una realtà in futuro.
Fonte: Department of Biological Sciences, Oakland University, Rochester, MI 48309, USA.
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Ricordiamo l'interessante appuntamento culturale previsto, nell'ambito della rassegna RI-ABILITA' in questo mese di maggio, ovvero la visita al Museo della radio e della TV in programma per martedì 22 maggio p.v., dalle ore 15 alle 17,30 circa.
In occasione della nostra venuta, le guide allestiranno un percorso contenente diversi reperti e oggetti storici tratti dal magazzino del museo stesso, al fine di ricostruire una retrospettiva archeologica tattile ed uditiva di radio e televisione. Si tratta dunque di una esperienza di grande interesse.
Ritrovo alle ore 15 davanti al museo, via Verdi, 16. Termine della visita ore 17-17.30.
Prenotazione obbligatoria entro il 15 maggio 2012 c/o APRI 011.6648636.
Info: Dott.ssa Simona GUIDA.
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Genentech, un'azienda del gruppo Roche, è in procinto di presentare la domanda per i test clinici di un nuovo ausilio progettato per rilasciare, all'interno dell'occhio, Lucentis per un periodo di alcuni mesi. Allo stato attuale, il Lucentis, un farmaco inibitore del vascular endothelial growth factor (VEGF), è indicato per il trattamento della degenerazione maculare senile e per l'edema maculare. Una ulteriore domanda di licenza per l'uso del Lucentis relativamente al trattamento dei pazienti con edema maculare diabetico, è attualmente in esame da parte delle autorità sanitarie statunitensi. La somministrazione consigliata di Lucentis, in quest'ultimo caso, consiste in un'iniezione mensile all'occhio, fattore che aumenta in modo significativo i costi e le visite cliniche per i pazienti ed inoltre aumenta i rischi di effetti collaterali negativi associati all'iniezione oculare, dolore, distacco della retina, emorragie e infezioni. La prospettiva di evitare l'iniezione diretta attraverso l'uso di un dispositivo ricaricabile per il rilascio di Lucentis potrebbe dunque modificare radicalmente la gestione clinica dei diversi disturbi della retina. Nel dicembre 2010, Genentech e ForSight VISION4 Inc., stipularono un accordo di licenza affinché Genentech ricevesse i diritti esclusivi in tutto il mondo sul dispositivo impiantabile di proprietà di ForSights. Il ricaricabile " drug port delivery system " (PDS) consiste in una capsula il cui dispositivo rilascia in prossimità della retina l'agente attivo destinato quindi al segmento posteriore dell'occhio. Una delle estremità della capsula è un'imboccatura esterna che permette un ripristino periodico della fornitura di un particolare farmaco, Lucentis nel caso di Genentech. L'introduzione con successo del dispositivo potrebbe ridurre le visite a una volta ogni quattro mesi per permettere la ricarica del dispositivo mediante iniezione dalla porta esterna. Commentando il comunicato stampa di Genentech, il Dr. Hal Barron, M.D., Chief Medical Officer and Head, Global Product Development, ha dichiarato che "questo sviluppo riflette l'impegno di Genentech in oftalmologia nello studio di nuove tecnologie che potenzialmente possono consentire la consegna mirata di Lucentis e ridurre la frequenza delle iniezioni. Il contratto di licenza con ForSight VISION4 rappresenta parte della nostra strategia in corso per sostenere la comunità scientifica che si occupa della retina nell'innovare e nello scoprire nuovi modi per aiutare le persone con malattie della vista". L'accordo di licenza esclusiva è inteso al fine di consentire a Genentech di avere la possibilità di applicare il dispositivo ad altri target oftalmici. Genentech sarà responsabile della commercializzazione e sviluppo clinico e sta attualmente collaborando con ForSight nella produzione e ingegnerizzazione del dispositivo. Secondo il Dr. Eugene de Juan, Jr., MD, fondatore di ForSight VISION4, Inc., "la tecnologia ForSight VISION4 ha i requisiti per rivoluzionare il modo in cui oggi trattiamo la malattia oftalmica e Genentech è un partner ideale, data la sua lunga esperienza clinica con Lucentis e il lavoro pionieristico profuso in campo anti-VEGF".
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La RLN Inc., (NASDAQ: QLTI) una società di biotecnologia canadese con sede a Vancouver, ha recentemente annunciato che il suo prodotto a base di retinoidi sintetici per uso orale, QLT091001, ha dimostrato positivi risultati preliminari in uno studio di 17 pazienti con RP. I retinoidi orali di sintesi sono un sostituto dell' 11-cis-retinale, che svolge un ruolo chiave in biochimica visiva ed è progettato per il trattamento delle malattie della retina causate da mutazioni di geni che interferiscono con la disponibilità di 11-cis retinale. La società ha annunciato che i risultati della fase 1b di studio hanno mostrato " rapidi miglioramenti nel campo visivo, statisticamente e clinicamente significativi ". I 17 soggetti che partecipano al trial, con un'età media di 29 anni, hanno ricevuto una dose di 40 mg di QLT091001 una volta al giorno per sette giorni. Le valutazioni sul campo visivo hanno mostrato miglioramenti statisticamente significativi del 34% al 7 ° giorno (p = 0,005), 29% al giorno 14 (p = 0,02) e il 23% al giorno 30 (p = 0,07). Inoltre, il 53% dei soggetti ha mostrato un miglioramento del visus in almeno un occhio. La ragione per impiegare i retinoidi sintetici come una terapia sostitutiva per la carenza di 11-cis-retinale si fonda, in parte, sul lavoro del Prof. Krzysztof Palczewski, operante presso il dipartimento di farmacologia della Case Western Reserve University. Studi pre-clinici condotti sul topo e sul cane hanno dimostrato una correzione del difetto sui fotorecettori oltre al ripristino del tracciato elettroretinografico in risposta alla luce. Il completamento degli studi è previsto per il 2015. Commentando la fase 1 b il Dr. Hendrik Scholl della Wilmer Eye Institute, Johns Hopkins University ha dichiarato che, "a seguito del trattamento con QLT091001, i pazienti nel trial clinico hanno sperimentato un rapido e significativo miglioramento in determinati parametri della funzione visiva. Scoprire la causa genetica della degenerazione della retina ha rivoluzionato la nostra intuizione dei processi della malattia a livello molecolare e ci ha dato incoraggiamento per potenziali approcci terapeutici. E ora è emozionante vedere che la RLN lavora nel processo di sviluppo di una promettente potenziale terapia medica per la prima volta per pazienti affetti da cecità dovuta a mutazioni di geni specifici come RPE65 e LRAT (retinolo lecitina aciltransferasi)". Bob Butchofsky, Presidente e Chief Executive Officer di RLN ha aggiunto che " questi risultati si applicano solo a un singolo ciclo di terapia; ulteriori studi sono in corso per valutare l'impatto di eventuali cicli di ripetizione del trattamento con QLT091001 in questi pazienti, come parte della nostra valutazione in itinere sulla sicurezza e sulla durata dell'effetto. I risultati finali di questo studio sono attesi nel secondo trimestre di quest'anno. Questi ci permetteranno di lavorare con le autorità di regolamentazione negli Stati Uniti e nell'Unione europea allo scopo di prendere decisioni sull'ulteriore sviluppo del farmaco".
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La nostra delegazione zonale del Verbano-Cusio-Ossola ha realizzato un nuovo ed aggiornato opuscolo dedicato alla degenerazione maculare senile. L'iniziativa editoriale è stata portata a compimento grazie anche ad un contributo del locale Centro Servizi per il Volontariato. I testi e le immagini sono a cura dei dott. Renzo Bordin e Lucia Lanzi, oculisti presso l'Ospedale di Domodossola. Ci complimentiamo ovviamente per l'ottimo lavoro e per la chiarezza dell'esposizione che risulta, pur nella completezza scientifica, accessibile a tutti. Nelle prossime settimane si procederà alla distribuzione capillare dell'opuscolo presso farmacie, ambulatori ed altri punti di aggregazione del territorio. Chi fosse comunque interessato ad averne una copia potrà richiederla alla sezione provinciale A.P.R.I. del V.C.O. o alla sede centrale.
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Proponiamo ancora un interessante appuntamento culturale per gli affezionati fruitori della rassegna Ri-abilità. Si tratta della visita al Museo della Radio e della Televisione che si trova presso la RAI. L'iniziativa è prevista per martedì 22 maggio 2012 dalle 15 alle 17. Pensiamo che l'esperienza multisensoriale si possa inserire, a pieno titolo, nel filone di quest'anno che è dedicato all'estetica non visiva. Il ritrovo sarà davanti al Museo via Verdi, 16, Torino. Iscrizione obbligatoria entro il 15 maggio presso APRI onlus, 011.6648636.
Referente: Dott.ssa Simona GUIDA
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Giovedì 3 maggio p.v. inizierà, presso il nuovo Centro di Riabilitazione Visiva di Ivrea, il primo corso di cucina rivolto a persone disabili della vista. L'iniziativa avrà la durata di dieci lezioni e ci consentirà di inaugurare la bella cucina sistemata nel centro. Auguriamo ai novelli sei aspiranti cuochi un buon lavoro e di riuscire a preparare ottimi cibi. Chi desiderasse fin d'ora mettersi in lista per il prossimo corso dovrà comunque telefonare al C.R.V. e prendere un appuntamento: tel. 0125 - 41.48.83.
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Chi non è in grado di distinguere i colori viene generalmente definito "daltonico" ma in realtà il daltonismo consiste soltanto in una anomala percezione di alcune famiglie cromatiche. L'assoluta insensibilità ad ogni colore, che possiamo invece sinteticamente descrivere come "vedere tutto il mondo in bianco e nero", rientra fra i sintomi di una patologia assai più grave e rara chiamata "acromatopsia. Negli U.S.A. esistono dati ben precisi in merito alla diffusione di questa malattia: si calcola che essa colpisca una persona su circa 33.000. Basandoci su tali rilevazioni possiamo ragionevolmente affermare che in Italia i malati si aggirino intorno ai duemila. In realtà la mancata visione dei colori rappresenta solo uno dei sintomi più evidenti di questa affezione congenita e di natura genetica. Gli acromati, in effetti, non possono utilizzare una delle due categorie di cellule foto-recettrici presenti nella retina: i coni. Essi consentono la fissazione degli oggetti, l'individuazione dei particolari di ogni immagine e, per l'appunto, la visione dei colori. Gli acromati, di conseguenza, sono comunque sempre degli ipovedenti piuttosto gravi. Il loro residuo visivo difficilmente supera un decimo di acutezza. Altri effetti negativi prodotti dalla malattia sono la fotofobia elevata e il nistagmo. Il primo sintomo è dovuto al fatto che la retina di questi soggetti funziona soltanto utilizzando i cosiddetti bastoncelli. Queste cellule foto-recettrici si saturano facilmente con la luce elevata e non sono in grado di garantire la bisione dettagliata. Il nistagmo invece consiste in un movimento rapido ed involontario degli occhi. Il fenomeno si verifica soprattutto quando la persona cerca di fissare un oggetto e non ci riesce. L'acromatopsia, per fortuna, non tende ad aggravarsi con il passare del tempo. Per questa sua caratteristica essa si differenzia nettamente da una situazione, per molti versi, assai simile: la distrofia dei coni che invece è degenerativa. Gli acromati dunque possono vivere relativamente tranquilli rispetto alle prospettive future della loro vita. Se infatti riescono ad abituarsi all'uso di determinati ausili, come il videoingranditore o i testi ingranditi, non dovranno stare in ansia, come purtroppo molti altri ipovedenti, temendo un peggioramento della vista. A tutt'oggi sono stati identificati alcuni geni che, se difettosi, possono determinare questa malattia rara. Il meccanismo della trasmissione si inquadra, nella maggioranza dei casi, nello schema che i genetisti sogliono definire "autosomico recessivo". Occorre, in altre parole, che entrambi i genitori siano portatori sani e, in tale evenienza, la coppia avrà una probabilità su quattro di generare un figlio malato. In Italia si è costituita nel 1999 l'Associazione Acromati Italiani che ha sede a Verona. Ad essa ci si può rivolgere per informazioni più approfondite. Anche le altre organizzazioni dei retinopatici comunque, come l'A.P.R.I-onlus di Torino sono in grado di fornire supporto a chi si trova a dover affrontare questo problema.
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Come indica già chiaramente la denominazione "amaurosi congenita di Leber" ci troviamo di fronte ad una patologia rara che compare fin dalla nascita. Essa può dunque essere diagnosticata già attorno ai sei mesi di vita, quando cioè il bambino inizia a manifestare con chiarezza le proprie percezioni visive. Il termine "amaurosi" può apparire difficile ed oscuro: in realtà significa semplicemente "non visione" e quindi "cecità". La malattia fu descritta per la prima volta, verso la fine del secolo XIX, dall'oculista tedesco che le diede il nome. Essa consiste sostanzialmente in un mancato sviluppo delle cellule fotorecettrici presenti nella retina: i coni, che consentono la fissazione e il riconoscimento dei colori, e i bastoncelli che sono sensibili al movimento degli oggetti e al contrasto. L'incidenza sociale rilevata statisticamente dalla O.M.S. è di un caso ogni circa 30.000 nati. Siamo dunque a pieno titolo nel campo delle cosiddette patologie rare. Quali sono i sintomi che possono far sospettare la presenza dell'amaurosi di Leber? Siccome ci si trova a che fare con piccoli bambini le manifestazioni evidenziate non sempre appaiono univoche e specifiche. Un sintomo molto spesso presente è quello del "nistagmo" che consiste in un movimento incontrollato, rotatorio o a scatti, dell'occhio. A volte inoltre i piccoli tendono a sfregarsi o toccarsi frequentemente gli occhi allo scopo di provocare le tipiche sensazioni luminose dovute alla compressione della retina. Una diagnosi incontrovertibile la si può però ottenere solo sottoponendo il giovane paziente all'elettroretinogramma e ai potenziali evocati visivi. Il decorso della patologia è in genere fortemente progressivo. La cecità pressochè assoluta è raggiunta purtroppo quasi sempre entro l'adolescenza. L'amaurosi congenita di Leber è un'affezione di origine genetica a trasmissione autosomica dominante. Il gene difettoso è, nella maggior parte dei casi, quello contrassegnato con la sigla "RPE65". Non esistono attualmente terapie efficaci ma, dall'anno scorso, si sta sviluppando, fra Italia e Stati Uniti, uno dei primi progetti di sperimentazione per la messa a punto di una terapia genica. I ricercatori del CNR di Napoli, insieme a quelli operanti alla Pennsylvania University, hanno provato ad "infettare" alcune cellule retiniche di sei malati, con un virus-vettore che, appositamente trattato, portava con se un frammento di DNA da sostituire. I risultati, di cui parlarono a lungo i media nella primavera del 2008, sembrano incoraggianti. Recentemente, in un convegno nazionale organizzato dall'A.P.R.I. a Domodossola, il prof Alfredo Ciccodicola, componente dell'equipe che effettuò lo storico intervento, ha riferito che la cura genica è stata nel frattempo praticata ad altri trenta malati i quali, in maggioranza, hanno ottenuto significativi miglioramenti visivi. Il trattamento inoltre pare non abbia provocato alcun effetto collaterale negativo. Qualche speranza dunque si intravvede per il futuro.
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Mentre la degenerazione maculare senile sta diventando sempre più un vero e proprio flagello fra le persone entrate nella cosiddetta "terza età", assai meno diffusa, e pertanto rientrante appieno fra le patologie rare, è la malattia di Stargardt o maculopatia giovanile. Come si evince dalla stessa denominazione essa colpisce la zona centrale della retina, chiamata appunto macula. Quest'area, grande non più di 2 millimetri quadrati, svolge una funzione fondamentale nel processo della nostra visione. Essendo infatti fittamente popolata da un tipo di cellule fotosensibili, note come "coni", la visione attraverso la macula consente di fissare gli oggetti e le persone e di distinguere i particolari delle immagini. Da questo organo dipendono dunque la lettura, il riconoscimento dei volti, la percezione dei colori e la realizzazione di tutti i lavori di precisione. La malattia di Stargardt va pertanto ad impattare pesantemente su tutte queste funzioni della vita quotidiana. Si tratta, come molte altre affezioni retiniche, di una patologia degenerativa di origine genetica. I dati epidemiologici disponibili ci dicono che essa colpisce circa un soggetto su 10.000 abitanti. In Italia dunque dovrebbero soffrirne più o meno 6.000 individui. I primi sintomi normalmente compaiono in età infantile o adolescenziale. Si nota un repentino abbassamento dell'acutezza visiva e la comparsa di piccole macchie giallastre sulla superfice retinica attorno alla macula. Per fortuna la progressione della degenerazione è in genere molto lenta e difficilmente i malati giungono alla cecità assoluta. Il campo visivo, a parte la zona centrale, si mantiene abbastanza ampio per lunghi periodi. Il forte abbassamento dell'acuità centrale comporta in ogni caso la discesa del "visus" anche al di sotto di 1/10 o 1/20. Per facilitare allora operazioni come la lettura si consiglia l'uso di ausili specifici per l'ipovisione come lenti telescopiche o video-ingranditori. Sotto l'aspetto genetico sappiamo che il meccanismo di trasmissione è quasi sempre di tipo autosomico recessivo. Ciò significa che i soggetti malati devono ricevere il gene responsabile della malattia da entrambi i genitori. Sia il padre che la madre dunque sono necessariamente portatori sani. Il rischio dell'ereditarietà aumenta notevolmente dunque nel caso di matrimonio fra consanguinei o all'interno di comunità chiuse. La malattia di Stargardt risulta a tutt'oggi incurabile. Esistono tuttavia numerosi progetti di ricerca nel mondo che lasciano ben sperare per il futuro. I filoni di studio che appaiono più promettenti sono quelli che puntano alla messa a punto di una terapia genica o basata sull'innesto di cellule staminali opportunamente trattate. Sullo sfondo rimane comunque sempre il sogno della realizzazione di una retina artificiale. Al momento si stanno muovendo in questa direzione i primi passi ma i progressi della ricerca sono senz'altro incoraggianti. Chi fosse interessato ad ottenere maggiori informazioni su questa patologia altamente invalidante potrà rivolgersi ad una delle tredici associazioni italiane che si occupano, a livello regionale, di promuovere la ricerca scientifica contro le distrofie retiniche ereditarie. L'A.P.R.I.-onlus resta a disposizione per informazioni e consigli.
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Non sono nè molti, nè frequenti, per fortuna, i tumori maligni dell'occhio. Fra i pochi ne figura però uno molto grave, il retinoblastoma, che colpisce purtroppo soprattutto bambini anche molto piccoli. La sua incidenza è valutata all'incirca in un caso ogni ventimila nati. A differenza però dalla maggioranza delle affezioni di natura oncologica, il retinoblastoma presenta, in almeno il 40% delle sue manifestazioni, un'origine accertata di tipo genetico. In queste forme infatti si trasmette in modo autosomico dominante e quindi comporta un rischio del 50% ad ogni successiva generazione di figli. Ma come si manifesta concretamente questa grave patologia? I primi sintomi compaiono solitamente non oltre i trentasei mesi di vita. Una macchia biancastra o un riflesso rossiccio, si rendono evidenti a livello della pupilla oppure nell'interno del bulbo oculare. A questo punto l'oculista può facilmente formulare una diagnosi precisa attraverso l'esame del fondo oculare che, data la tenera età dei piccoli pazienti, viene generalmente effettuato sotto anestesia totale. I casi più gravi, specialmente quelli ereditari, sono purtroppo bilaterali. Pare che lo sviluppo della massa tumorale sia favorito dalla mancanza, nei malati, di una proteina che inibisce normalmente la formazione di neoplasie. Quali sono le prospettive di cura e la prognosi? Come in tutte le malattie oncologiche, quando la diagnosi avviene precocemente e le dimensioni del tumore sono ancora relativamente piccole, le speranze di guarigione aumentano notevolmente. Attualmente del resto sono disponibili parecchie terapie che possono essere applicate singolarmente o associate fra di loro. Citeremo le radiazioni esterne o somministrate, in modo più mirato, con piccole piastre inserite nell'occhio, la chemioterapia, la terapia laser e la crioterapia per l'eliminazione radicale della massa. Quando però tutte queste cure si dovessero rivelare inadeguate si può giungere purtroppo, in alcune situazioni, all'enucleazione totale di uno od entrambi i bulbi oculari. Sono raccomandati, anche nel caso di esito positivo delle terapie, frequenti controlli nelle fasi successive. La mancanza infatti della proteina sopra citata espone i soggetti colpiti a possibili recidive ed anche le metastasi a carico di cervello, polmoni e fegato non possono essere escluse. Si consiglia altresì, sia ai genitori dei bambini malati che agli stessi retinopatici divenuti adulti, di sottoporsi ad una consulenza genetica allo scopo di valutare i rischi di trasmissione della malattia ai figli. In tale prospettiva assume una particolare importanza l'esistenza di altri casi in famiglia fra i parenti più o meno lontani. In Italia il centro più importante nella cura del retinoblastoma si trova a Siena. Attorno a questa struttura di eccellenza si è costituita, dal 1997, l'Associazione Italiana Genitori Retinoblastoma (A.I.G.R.) alla quale ci si può ovviamente rivolgere per informazioni ed approfondimenti. Anche presso le altre organizzazioni di retinopatici, come l'A.P.R.I.-onlus) vi sono comunque persone disposte a dare una mano a chi dovesse affrontare questo difficile problema.
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La retinopatia del prematuro, o del pretermine, R.O.P. nella sigla inglese con la quale viene solitamente identificata, è classificata come malattia rara ma così non è se la si circoscrive ad una fascia ben precisa di popolazione, ossia coloro che sono nati prima delle canoniche trentasei settimane di una normale gestazione. Se si considerano infatti i bambini prematuri nel loro insieme la patologia colpisce circa un terzo di essi e la metà dei casi assume connotati di gravità. Se si restringe ancora di più l'angolo di osservazione poi si può notare che la ROP si manifesta nel 85% dei neonati di peso, alla nascita, inferiore ad 1 Kg ed addirittura nel 90% dei piccoli nati prima della ventisettesima settimana. Date però alcune cifre che possono sembrare fredde e distaccate, possiamo passare a descrivere in cosa consiste l'affezione. Tutti gli organi del nostro corpo si sviluppano gradualmente nel corso della gestazione. Così avviene anche per la retina a partire dal quarto mese. Quando però la gravidanza, per un motivo qualsiasi, si interrompe in anticipo, anche lo sviluppo di questo organo così importante e delicato, può subire delle alterazioni significative. La conseguenza più diffusa consiste nella crescita disordinata di piccolissimi vasi sanguigni sopra e sotto la superfice retinica. Tali neo-formazioni, se non si interviene tempestivamente, possono giungere a determinare il distacco parziale o totale della retina con pesanti conseguenze sul piano della funzionalità visiva. Per anni si è pensato che tale processo si innescasse in seguito alla forte ossigenazione a cui è sottoposto il neonato alla nascita, specialmente quando si rende necessario un periodo di incubazione artificiale. Oggi, pur non sottovalutando comunque l'effetto provocato dall'iperossigenazione a cui sono sottoposti i piccoli prematuri nelle incubatrici, si è notato che la R.O.P. può svilupparsi anche a prescindere da tale elemento. Attualmente comunque la moderna tecnologia consente di limitare l'esposizione al troppo ossigeno e si possono prevedere protezioni abbastanza efficaci. Esistono inoltre buone prospettive terapeutiche a patto che la diagnosi sia precoce e gli interventi tempestivi e mirati. A tal proposito va innanzitutto precisato che alcune situazioni possono evolvere in senso positivo spontaneamente. Se ciò però non avviene si procede con protocolli ormai ben definiti e standardizzati. Le due metodiche maggiormente utilizzate fanno ricorso a particolari tipologie di laser e alla cosiddetta "crioterapia" ovvero all'eliminazione dei neo-vasi attraverso una sorta di loro congelamento. Nei casi più gravi non è esclusa la possibilità di giungere ad un intervento intravitreale di tipo tradizionale. Anche per la retinopatia del pretermine esiste in Italia una rete di centri di riferimento regionali fra cui eccelle certamente il reparto di oftalmologia dell'Ospedale "Maria Vittoria" di Torino guidato dal prof. Giovanni Anselmetti. La malattia infatti richiede sempre uno stretto monitoraggio e la sottoposizione dei bambini colpiti a frequenti visite di controllo. Anche le associazioni, sia pur su un piano diverso, possono tuttavia fornire un notevole supporto psicologico ed informativo ai genitori spesso disorientati. L'A.P.R.I.-onlus, come altre organizzazioni sparse sul territorio nazionale, resta a disposizione per tutte le necessità e gli approfondimenti necessari.
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Per la prima volta sono state ottenute in laboratorio strutture tissutali retiniche contenenti cellule progenitrici proliferanti dei tessuti neurali retinici da cellule staminali pluripotenti indotte (iPS) ricavate da sangue umano. Il rivoluzionario annuncio arriva da uno studio pubblicato sulla rivista Investigative Ophthalmology & Visual Science . I ricercatori dell'University of Wisconsin-Madison coordinati da David M. Gamm hanno isolato da campioni di sangue umano dei linfociti T riprogrammandoli mediante trasduzione retrovirale per ottenere cellule staminali pluripotenti indotte (iPS) successivamente differenziate in cellule oculari, isolate e coltivate durante i vari step della retinogenesi. Non solo è stato possibile ottenere cellule retiniche da un semplice prelievo di sangue, ma tali cellule si sono rivelate in grado di organizzarsi in strati dando luogo a rudimentali strutture tissutali come accade in vivo: inoltre ogni cellula è risultata dotata di tutte le strutture funzionali necessarie alla percezione e alla conduzione dell'impulso visivo, esprimendo i marker che indicano la presenza di sinapsi chimiche ed elettriche. Le possibili applicazioni di questa scoperta vanno dall'utilizzo di questi tessuti ottenuti in laboratorio per i test su nuovi farmaci allo studio dei meccanismi cellulari delle patologie degenerative della retina, fino alla prospettiva elettrizzante di poter in un futuro non troppo lontano rimpiazzare strati di tessuto retinico nei pazienti che hanno subito danni di vario genere alla retina. "Non sappiamo quanto lontano ci porterà la tecnologia che abbiamo messo a punto", spiega Gamm, "ma il fatto che si sia riusciti a costruire una retina rudimentale da un semplice campione di sangue del paziente è incoraggiante, non solo perché conferma la bontà del lavoro del nostro team negli ultimi anni, ma anche perché il sangue è una fonte di staminali comodissima e a basso costo".
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Ricordiamo l'avvicinarsi del termine di consegna dei lavori scritti per il CONCORSO "Scritti per libri tattili" riservato a bambini delle scuole primarie e ai ragazzi delle scuole secondarie di primo e secondo grado senza limiti geografici su tutto il territorio nazionale. I partecipanti dovranno comporre un racconto, una poesia o una filastrocca in rima di massimo 20-30 righe o 20-30 versi in corpo 12. Le composizioni dovranno vertere a scelta sui seguenti temi: i 5 sensi, intelligenza, bontà, bellezza, creatività, coraggio, conoscenza, solidarietà, partecipazione. L'opera giudicata più meritevole e originale da una giuria composta da persone non vedenti e persone vedenti avrà l'onore di diventare il testo di un libro tattile che verrà prodotto dall'atelier dei libri tattili del Centro Documentazione Non vedenti della Città di Torino. Inviare i lavori scritti in nero o per posta cartacea o consegnarli a mano a: APRI onlus, "Concorso Scritti per Libri Tattili", via Cellini, 14, Torino entro il 30 APRILE 2012. Si tratta di un'iniziativa di tipo culturale, dedicata ai singoli e alle scuole, da considerarsi anche quale strumento per parlare adeguatamente e tramite la bellezza del linguaggio artistico di ipovisione e cecità.
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Le degenerazioni retiniche rappresentano una delle maggiori cause di cecità nel mondo occidentale. Fra queste vi è la retinite pigmentosa. Rimane ad oggi ancora una malattia non trattabile, in parte a causa della sua complessità e variabilità genetica. Terapie geniche, il trapianto delle cellule staminali e la somministrazione di fattori di crescita ad emissione lenta sono alcuni dei trattamenti attualmente in fase di sperimentazione per il trattamento di questa patologia . Più recentemente, gli ormoni steroidei, ora noti per avere funzioni all'interno del SNC oltre ai loro obiettivi tradizionali, sono stati suggeriti come potenziali agenti terapeutici. Gli ormoni Progestinici servono a modulare la sopravvivenza della retina e poiché questi ormoni sono prodotti naturalmente dal corpo, il loro valore come agenti terapeutici potenziali risulta abbastanza chiaro. Saranno dunque prossimamente discussi i possibili effetti che favorirebbero la sopravvivenza delle cellule nervose da parte dei progestinici, sia nel cervello, che specialmente nell'occhio.
Fonte: University College Cork, Biosciences Research Institute, Biochemistry Department, Cell Development and Disease Laboratory , Cork , Ireland +353 21 4901321 ; +353 21 4901382 ; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..
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Una dozzina di soci, tra ipovedenti e non vedenti e volontari della sezione A.P.R.I. Onlus di Asti hanno frequentato, con entusiasmo e partecipazione, al corso di degustazione vini “OCCHIO AL BICCHIERE”. Le lezioni, di 20 ore, hanno impegnato i corsisti ed il volontario/autista e relatore, Giuliano Cesari, per otto mercoledì ( dall/8 febbraio al 28 marzo 2012 ). La peculiarità di questo corso è stata la novità della materia e nel contempo l’originalità nell’offrire al disabile visivo l’opportunità di accedere, amplificando con il profumo ed il sapore, al riconoscimento del vino in questione. Ogni lezione si concludeva con la degustazione di un vino particolare, la compilazione di una scheda di valutazione, con parametri predefiniti, ha stimolato e coinvolto ogni volta i presenti ad esternare a turno i propri pareri. A fine corso il docente ha ricevuto in dono, come ringraziamento della propria prestazione, un maxi bavaglione con logo APRI e la dicitura “OCCHIO AL BICCHIERE”. L’omaggio è stato piacevolmente gradito dall’interessato. Giuliano Cesari ha così di seguito testimoniato la sua esperienza:
Quando mi è stato chiesto di relazionare sul mondo del vino, ho accettato con entusiasmo ma con la consapevolezza che le necessarie nozioni sensoriali visive, non sarebbero state di facile comprensione per corsisti ipovedenti e non vedenti. Questo vasto argomento non è riducibile a mere nozioni enologiche. Il vino è una bevanda non facile da definire. Ho quindi approntato una docenza mirata a definire in modo semplice e sintetico, il profilo organolettico del vino. Alcuni cenni storici ed edonistiche evasioni, sono comunque d’obbligo. Cosa sarebbe la vita senza il vino? Quante emozioni nella filosofia del vino! Vini curiosi ad accattivanti , vini che fanno sognare, vini che ci fanno ricordare un evento. Anche se non si ode il suono della campanella che annuncia l’inizio della lezione, il salone adibito al corso di degustazione vino, è gremito di persone che intendono entrare, come protagonisti attivi, nel grande romanzo del vino. Da questa meravigliosa esperienza, credo di aver imparato il significato della parola curiosità Giuliano Cesari.
I partecipanti ringraziano Giuliano per la disponibilità, la competenza e la sensibilità con cui ha condotto il corso. Tenendo conto che lo stesso ha richiesto un maggiore impegno.
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I supplementi minerali sono inclusi spesso nelle preparazioni di prodotti multivitaminici a causa dei loro effetti benefici sul metabolismo. In questo studio è stato usato un modello animale in cui è stata indotta, tramite la luce, una degenerazione retinica. Lo scopo era quello di provare l'effetto di protezione dello zinco. I ratti sono stati trattati con varie dosi di ossido di zinco e quindi esposti a luce visibile intensa per 8 ore. Il trattamento con lo zinco ha impedito efficacemente il danno, come rilevato mediante l'analisi del DNA. L'ossido di zinco si è rivelato particolarmente efficace quando è stato somministrato prima dell'esposizione alla luce ed ad un dosaggio di 2-4 volte superiore rispetto a quanto raccomandato dal gruppo di studio relativo alle degenerazioni oculari legate all'età. Facendo uso di un database, 512 geni sono apparsi in grado di rispondere alla somministrazione di zinco, con il 45% di questi collegati al controllo della morte cellulare, della crescita, della proliferazione, del ciclo cellulare in generale. Questi dati suggeriscono una risposta regolatrice integrata ed estesa: i cambiamenti indotti nell'espressione genica dallo zinco sembrano dunque migliorare la capacità della retina di resistere ai danni ossidativi e ridurre il danno ossidativo in seguito all'esposizione alla luce intensa.
Fonte: Petticrew Research Laboratory, Department of Biochemistry and Molecular Biology, Boonshoft Schoolof Medicine, Wright State University, Dayton, OH. Department of Ophthalmology, Emory University, Atlanta, GA. Alcon Research Ltd. Fort Worth, TX.
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Anche su La Stampa e Torino Cronaca parlano di questa importante vicenda. Nei giorni scorsi abbiamo assistito al fallimento dell'ente di formazione CSEA, partecipato dalla Città di Torino, che gestisce, fra l'altro, il corso per i centralinisti telefonici disabili visivi. L'evento, che si inserisce pienamente nella grave crisi che colpisce tutto il settore formativo, ci tocca particolarmente perchè il corso di quest'anno, frequentato da otto allievi, rischia di saltare e di non consentire l'inserimento lavorativo di questi ultimi. Nella mattinata di giovedì 5 aprile il presidente Marco Bongi ha ricevuto l'intera classe degli studenti che hanno manifestato la loro forte preoccupazione. Le lezioni sono state sospese da quasi un mese e gli "stages" formativi non sono partiti. L'associazione si è messa, come è suo dovere, a disposizione. Subito sono stati presi contatti urgenti con la Provincia e sabato 7 aprile il problema è già stato sollevato all'interno di un articolo pubblicato su "Il Giornale". Nei prossimi giorni continueremo a fare pressione ed a cercare, se del caso, un nuovo ente formativo disposto a rilevare il corso.
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Segnaliamo la presentazione, che avrà luogo giovedì 12 aprile, del libro intitolato "Onorina voleva l'America", scritto dalla nostra collaboratrice ed amica Debora Bocchiardo, redattrice del periodico "Occhi Aperti". L'evento si svolgerà, alle ore 17, presso il Circolo della Stampa, in corso Stati Uniti 27 a Torino. Ci complimentiamo con Debora per il successo che sta riscuotendo nella sua nuova veste di scrittrice ed invitiamo soci e simpatizzanti a partecipare alla manifestazione culturale.
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Sabato 14 aprile, alle ore 10, presso la Biblioteca "Archimede" di Settimo Torinese, si avvierà un nuovo corso di alfabetizzazione Braille gestito dalla dott. Giuseppina Pinna, componente della locale delegazione zonale APRI. L'iniziativa si inserisce, a pieno titolo, fra le attività culturali previste dalla convenzione stipulata dal sodalizio con la Fondazione Cultura Metropolitana che gestisce la nuova Biblioteca Civica Settimese. Il corso è aperto sia a non vedenti che a insegnanti, educatori e volontari. Per ulteriori informazioni scrivere a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. .
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Nei giorni scorsi il vice-presidente Pericle Farris ha incontrato il presidente del Circolo ricreativo "Mossetto" di Lungodora Agrigento 16 a Torino. Nell'occasione si sono valutate alcune proposte di collaborazione fra cui la possibilità di far fruire ai nostri soci di condizioni agevolate per pasti e per la partecipazione a varie iniziative culturali.
Da molti anni infatti ci giungono periodicamente alcune richieste volte al reperimento di un punto di riferimento sociale, dove ritrovarsi per bere qualcosa, fare una partita a carte o semplicemente scambiare due chiacchere in compagnia.
Onde però avere un parametro oggettivo sulla diffusione di questa esigenza, vi preghiamo di farci sapere se, ed eventualmente con quale frequenza, vi piacerebbe ritrovarvi al circolo. Queste informazioni ci permetterebbero di trattare con maggiore cognizione di causa l'eventuale convenzione. Rimaniamo dunque in attesa di notizie.
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Gli antociani sono conosciuti per avere effetti antiossidanti e possono giocare così un importante ruolo nell'impedire le varie malattie degenerative. In questo studio, È STATO ESAMINATO l'effetto degli antociani estratti dal tegumento della soia nera su un modello animale con degenerazione retinica (RD), una delle cause principali di cecità. La RD è stata indotta in ratti tramite un'iniezione intraperitoneale di N-metil-N-nitrosurea (MNU) (50mg/kg), un agente di metilazione che provoca danni ai fotorecettori. Gli antociani estratti dal tegumento nero della soia (50mg/kg) sono stati somministrati giornalmente, oralmente, per 1, 2 e 4 settimane dopo l’iniezione. Le registrazioni (ERG) di Elettroretinografia e le analisi morfologiche sono state eseguite nei ratti di controllo e con danno retinico indotto MN.
L’ ERG ha mostrato una riduzione dipendente dal tempo significativa e graduale rispetto a quelle degli animali normali. Nei ratti con degenerazione retinica indotta da MNU gli antociani dati per 4 settimane, mostrano un aumento nella risposta di ERG significativa rispetto ai ratti non trattati, nello stimolo scotopico
Tuttavia, nei ratti trattati con gli antociani per 1 e 2 settimane, l'aumento nelle risposte di ERG non era significativo. Morfologicamente, lo strato nucleare esterno, dove i fotoricettori risiedono, era ben conservato nelle retine trattate del ratto in tutto il periodo sperimentale. Inoltre, la lesione retinica, valutata immunologicamente con un anticorpo contro la proteina acida fibrillare gliale, è stata ridotta nelle retine antociano-trattate. Questi risultati dimostrano che gli antociani estratti dai semi neri della soia possono proteggere i neuroni retinici da danni strutturali e funzionali, suggerendo un uso come supplemento utile per modulare il RD.
Fonte: Department of Anatomy, College of Medicine, The Catholic University of Korea, The Catholic University of Korea, Seoul 137-701, Republic of Korea.
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Nascere senza l'iride non significa semplicemente non poter mostrare il colore dei propri occhi. Se questa fosse infatti l'unica conseguenza dell'aniridia non staremmo certo a riferirne in una serie di articoli dedicati alle malattie rare che si manifestano nell'occhio. L'iride, questa sottilissima membrana, fittamente innervata e controllata da piccolissimi muscoli, ha in realtà l'importante funzione di regolare il flusso dei raggi luminosi all'interno del bulbo oculare. Di conseguenza chi soffre di aniridìa, una rara malattia di origine genetica, è fortemente esposto a gravi rischi dovuti alla luce troppo intensa che potrebbe danneggiare seriamente la retina. Non a caso infatti questa affezione è soprannominata "occhio indifeso": manca cioè il filtro che ripara la retina dalla luce troppo intensa che, come tutti sanno, può essere assai dannosa. Si tratta di un'anomalia di origine genetica che compare fin dalla nascita. I ricercatori ne hanno individuato l'origine in una alterazione del gene "pax-6" che si trova sul cromosoma 11. La trasmissione ereditaria risulta quindi solitamente autosomica dominante ma si registrano altresì parecchi casi sporadici, dovuti cioè ad una nuova mutazione comparsa per la prima volta. L'aniridia comporta quasi sempre una grave ipovisione. Chi ne è colpito difficilmente presenta un visus superiore a 2 / 10. Sebbene, di per sè, la patologia non sia progressiva, non mancano tuttavia effetti collaterali e complicanze che ne tendono ad aggravare il decorso. Ricorderemo, a tal proposito, il nistagmo che consiste in frequenti ed incontrollati movimenti a scatti dello sguardo, un probabile scarso sviluppo della macula e, soprattutto, la frequente comparsa, a partire dall'adolescenza, di una particolare forma di glaucoma. Per questi motivi gli aniridici devono sottoporsi a frequenti controlli oculistici ed, in particolare, alla misurazione del tono oculare. Esiste inoltre una seconda forma, assai più grave, della malattia detta "aniridia di tipo 2". Questa variante comporta anche un rischio significativo di contrarre un particolare tumore renale detto "nefroblastoma" o tumore di Wilms. Nel 15% dei casi poi si potrebbe manifestare la Sindrome di Wagr, un insieme di situazioni che comprende, oltre all'aniridìa, anche alcune malformazioni uro-genitali e ritardo mentale. A tutt'oggi non esiste una cura efficace in grado di vincere questa malattia. Si consiglia sempre di utilizzare comunque occhiali scuri e lenti protettive. Nelle scuole i bambini privi dell'iride hanno spesso bisogno di essere seguiti in modo particolare. Diventano per loro assai importanti le condizioni di illuminazione delle aule e la possibilità di utilizzare ausili per ipovedenti. Allo scopo di promuovere la ricerca scientifica in questo campo è nata, nel 2005 l'Associazione Aniridia Italia (www.aniridia.it) che ha sede a Roma. Chi fosse però interessato ad avere maggiori informazioni potrà tranquillamente contattare anche l'A.P.R.I. di Torino che conta, fra i propri soci, anche persone affette da questo importante problema.
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Il capitolo della formazione professionale ha sempre caratterizzato non poco il nostro impegno sociale. Nel corso della nostra storia abbiamo infatti, di volta in volta, attivato rapporti di collaborazione con vari enti di formazione e tentato anche di gestire una specifica struttura al nostro interno, cosa, quest'ultima, tutt'altro che semplice. Oggi ci è stata proposta una nuova opportunità che, senza trascurare le altre, riteniamo utile non lasciar perdere nella speranza di giungere ad un equilibrio ottimale nel settore. Abbiamo infatti, insieme ad altre associazioni di rilievo come ANFAS e A.I.P.D. (Associazione Italiana Persone Down), accettato la sfida di entrare nel Consiglio di Amministrazione di un ente piccolo ma solido come l'ANFA (Agenzia Nazionale Formazione Avanzata). Fino ad oggi tale struttura si è occupata, con buon successo, solo di formazione per amministratori di condominio, agenti immobiliari ed operatori di onoranze funebri. Oggi, con il nostro ingresso, si aprirebbe anche il settore della disabilità. Venerdì 2 marzo si è riunito per la prima volta il nuovo CdA e Marco Bongi è stato cooptato all'interno di tale comitato direttivo, assieme ad un rappresentante di ANFAS e AIPD. Il presidente di ANFA Elio Caretto si è mostrato molto ben disposto nei nostri confronti. Ciò lascia molto ben sperare per il futuro. Staremo a vedere...
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L'azienda farmaceutica canadese QLT Inc ha annunciato, il 1 marzo, i risultati preliminari, giudicati positivamente, del suo studio internazionale multicentrico fase 1b della sperimentazione clinica di una nuova sostanza, denominata QLT091001, per il trattamento della Retinite Pigmentosa causata da mutazioni genetiche ereditarie di proteine dell’epitelio pigmentato retinico (RPE65) o lecitina retinolo aciltransferasi (LRAT). Lo studio di fase 1b ha mostrato cambiamenti rapidi, statisticamente significativi e clinicamente rilevanti sia nel campo visivo, come pure alcuni miglioramenti dell'acuità visiva . Lo studio ha coinvolto 17 soggetti con RP. Inoltre, piccoli sottoinsiemi di persone con RP sono stati studiati, per quanto concerne effetti secondari della malattia, su altri parametri chiave della visione influenzati da RP, come ad esempio la diminuita sensibilità della retina. Anche i dati disponibili per questi sottoinsiemi hanno mostrato aumenti notevoli e promettenti nei livelli di sensibilità media.
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Si comunica che il Comitato Non Vedenti Africani della nostra associazione parteciperà, con un proprio stand, alla manifestazione denominata "Africa Market 2012" che si terrà nella serata di sabato 10 marzo p.v., presso la discoteca "Hiroshima mon amour" di Torino. L'iniziativa, che comprende un lungo concerto non stop di musiche e danze africane, avrà lo scopo di raccogliere fondi a favore di vari progetti di aiuto per quel continente. Il nostro stand offrirà oggetti vari il cui ricavato verrà devoluto all'Istituto dei Ciechi di Abidjan.
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La casa farmaceutica Regeneron annuncia l’approvazione da parte della FDA di EYLEA, iniezione per il trattamento della degenerazione maculare essudativa correlata all’età alternativo al Lucentis attualmente in uso. La dose intraoculare del farmaco raccomandata è 2mg ogni quattro settimane per le prime 12 settimane, seguita da 2mg ogni otto settimane. Gli effetti collaterali che si verificano nel 5% circa dei casi sono simili a quelli della terapia tradizionale con LUCENTIS, ossia dolore agli occhi, cataratta, distacco del vitreo, aumento della pressione oculare e, in pochi casi, distacco di retina. Rispetto al prodotto in uso, richiede una frequenza minore di somministrazioni e minori controlli intermedi. EYLEA è una proteina di fusione ricombinante contenente il recettore per VEGF (fattore di crescita che nel distretto oculare determina una anomala angiogenesi) unito con una porzione delle immunoglobuline G (IgG) in soluzione isosmotica. E’ controindicato in pazienti con infezioni oculari o perioculari, o infiammazioni oculari. Come per altri inibitori di VEGF vi è un rischio di fenomeni trombo-embolici sebbene con probabilità inferiore all’1,8%. Lo studio di efficacia è stato effettuato su 2412 pazienti di età compresa tra i 49 e i 99 anni. Il prodotto sarà distribuito in Europa da Bayer che ha richiesto a giugno 2011 le autorizzazioni necessarie.
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Alcune cellule dell’epitelio retinico sono state sottoposte a stress ossidativo con acqua ossigenata per stimolare l’apoptosi che, come è noto, consiste in una sorta di autodistruzione delle medesime. Nelle cellule di controllo è stato iniettato invece il vettore virale privo dell’inibitore. Nelle altre cellule il vettore conteneva anche la sequenza dell’inibitore dell’apoptosi. Dopo l'esposizione ad acqua ossigenata per un'ora, le cellule transfettate dal gene dell’inibitore presentano una sovra--espressione del gene stesso ed una riduzione statisticamente significativa dei fenomeni di apoptosi. Ne consegue che l’inserimento dell’inibitore dell’apoptosi nelle cellule retiniche può proteggere le stesse dallo stress ossidativo tipico ad esempio della degenerazione maculare legata all’età.
Fonte: NIHR Biomedical Research Centre, United Kingdom.
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La vitamina D svolge un ruolo chiave nel sistema immunitario e può proteggere dall’invecchiamento l'occhio umano. La somministrazione di vitamina D per sole 6 settimane in topi anziani ha contrastato sensibilmente i fenomeni di invecchiamento. I topi mostrano una significativa riduzione dell’infiammazione e dell’accumulo di beta amiloide caratteristici dell’invecchiamento. Si evidenzia inoltre una significativa riduzione dei macrofagi nella retina ed un incremento della funzionalità visiva. E’ possibile quindi che la vitamina D possa proteggere anche l’uomo dalla comparsa della degenerazione maculare legata all’età.
Fonte: University College London, Institute of Ophthalmology, UK.
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Molti studi clinici su ampia scala hanno dimostrato che la carenza di luteina rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo della degenerazione maculare. In questo studio si è ipotizzato che la luteina aumenti la densità del pigmento ottico. Si è valutata anche l’acuità visiva e la funzionalità maculare. Centoventisei pazienti con degenerazione a diversi stadi sono stati inseriti in una sperimentazione in doppio cieco, confrontati con placebo in parallelo. Nei pazienti trattati con luteina si è riscontrato un incremento della densità del pigmento del 27,9% contro il placebo. Dopo sei mesi di trattamento si è rilevata anche una variazione significativa dell’acuità visiva e della funzionalità retinica.
Fonte: Department of Ophthalmology, Medical University of Vienna, Vienna, Austria.
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