Nel 1901, un giovane studente, aspirante poeta e scrittore, sottopose alcuni suoi scritti all’attenzione di Rainer Maria Rilke, affermato esponente di una cultura cosmopolita.
Perplesso, il Maestro chiese: “Ma,oggi,cosa hai scritto?”. L’allievo rispose: “Oggi nulla”. Il Maestro concluse: “Non sei ancora scrittore” e lo spronò a lavorare quotidianamente.
L’esempio citato, ci porta a presentare il protagonista della rubrica “Rappresentare l’arte” in questo numero della rivista.
Giorgio Osti, associato Apri, è un musicista con una vastissima esperienza.
Alla domanda “Oggi cosa fai?” Osti, come suggeriva Rilke, spiega: “Oggi suonerò uno dei miei strumenti a corde: il banjo a cinque corde. Proviene dalla tradizione nordamericana, ma, precedentemente, dall’Africa, dagli schiavi. Suonato dai neri, ma poi modificato dai bianchi. Sono nate, così, nuove composizioni per nuovi strumenti, alcuni riconosciuti anche per il valore terapeutico. Suonare il banjo, da sempre, mi dà tranquillità. Ho suonato anche la tromba, ma è stato più uno sfizio degli anni dell’infanzia. La tromba non è come la chitarra. Tutta un’altra cosa”.
L’entusiasmo è evidente quando spiega: “Inutile dire che ero partito senza spartito. La mia formazione musicale inizia fin da piccolo, con due genitori appassionati che mi hanno trasmesso questa passione, la voglia di ascoltare, di approfondire, di sentire. Mio papà guardava l’opera musicale lirica. Iniziai a familiarizzare con canto, libretti, recitazione, orchestra, coreografia, scenografia ed infine il pubblico… quest’ultimo, in questo periodo, è distanziato, ma la voglia di fare continua, anzi si rafforza. Nessun virus bloccherà la voglia di esprimere, conoscere, studiare, aiutare ed essere aiutati. Nessuno, inoltre, può censurare l’espressione più generosa al mondo e con effetto boomerang: il volontariato”.
A dodici anni, Giorgio, che oggi di anni ne ha 62, ma non li dimostra, iniziò a suonare il pianoforte. La sua insegnante, francese, era molto esigente e gli impartiva lezioni di teoria, solfeggio e così via. Era bello il pianoforte, ma la musica richiede tecnica e trova la propria espressione nella libertà. La rigidità dell’insegnante contribuì a spingerlo ad un cambiamento. A quattordici anni iniziò, quasi per gioco, lo studio della chitarra. Decisivo, fu l’incontro con la musica folk blues country. Cominciò, così, a frequentare la scuola di formazione musicale di Torino. Studiava chitarra classica con il maestro Luigi Locatto. Oggi affermato liutaio.
Osti conclude: “Nella vita di ognuno c’è sempre una svolta, un punto di rottura e di crescita. Da quel momento, istintivamente, mi sono focalizzato sulla musica tradizionale nord-americana, in particolare il bluegrass, e, quindi, il banjo a cinque corde, poi il mandolino, la chitarra acustica. Il tutto declinato in alcune forme della etno-folk, old time irish. Nell’arco di quarant’anni, ho suonato con molti musicisti americani e non solo, imparando molto”.
Valter Perosino