In questa seconda parte vediamo chi può partecipare, quali possono essere i vantaggi e gli svantaggi della partecipazione ai “trial clinici”.
Chi può partecipare?
Esistono dei criteri di inclusione e di esclusione nel trial che vanno attentamente studiati da chi organizza il trial e perfettamente compresi e accettati da chi eventualmente voglia prendere parte alla selezione, per non restare delusi se esclusi. Già nella fase iniziale, ad esempio, i più importanti criteri di esclusione sono:
• Impossibilità a fornire il consenso informato
• Rischio inaccettabile di reazioni avverse al farmaco
• Rischio inaccettabile di assegnazione del partecipante al placebo e/o di sospensione del trattamento attivo
• Potenziale inefficacia dell’intervento
• L’individuo non è affetto dalla condizione di interesse
• L’individuo è affetto da una variante di malattia, potenzialmente non responsiva al trattamento
• Difficoltà a interpretare l’efficacia dell’intervento
• L’individuo assume un altro trattamento che può confondere l’efficacia di quello in studio
• L’individuo è affetto da una patologia indipendente con segni-sintomi simili a quelli della condizione di interesse che rendono difficile la valutazione degli effetti del trattamento.
I vantaggi
Entrare in una sperimentazione clinica non serve solo a dare il proprio contributo al progresso della medicina, in modo che si possano mettere a punto cure migliori per chi soffre della stessa patologia, ma anche a garantirsi il miglior trattamento per la propria condizione. Inoltre, può significare accedere ad una modalità di cura prima che questa diventi disponibile. In Italia, questo tema è particolarmente sentito, perché attraverso uno studio clinico si può ricevere un trattamento farmacologico magari già disponibile negli Stati Uniti, ma non ancora in Europa.
Gli svantaggi e i rischi.
Si potrebbero non ottenere i miglioramenti sperati. Molti studi vengono fermati prima della fine o comunque terminati senza che la sostanza testata dia dei miglioramenti. Vi è poi lo svantaggio di non sapere se il nuovo trattamento sarà davvero più efficace di quello standard: è importante comprendere che non vi sono certezze, ma si tratta, appunto, di uno studio che ha quasi sempre come alternativa il poter ricevere una cura standard. Se si partecipa a uno studio randomizzato non si può scegliere quale trattamento ricevere. A seconda del tipo di studio, è quindi possibile che un paziente non riceva il trattamento sperimentale, ma quello standard, oppure nessun trattamento: il placebo.
La selezione è casuale e molto spesso “in cieco”, ossia nemmeno il ricercatore sa quali pazienti stanno effettuando uno o l’altro trattamento.
Comprensibilmente, per un paziente questo è difficile da accettare.
Si può dover dedicare molto tempo a visite, esami, ricoveri in ospedale eccetera.
Si potrebbe essere esposti a rischi sconosciuti, dato che il nuovo trattamento non è stato sperimentato ampiamente e alcuni effetti avversi sono forse ancora da scoprire.
Cosa chiedere prima e come uscire
Prima di prendere la decisione di partecipare a uno studio clinico è tuttavia fondamentale acquisire tutte le informazioni che consentano di fare una scelta consapevole. Prima di tutto bisogna capire a quali quesiti clinici intende rispondere la ricerca, quali sono le caratteristiche che bisogna avere per partecipare (criteri di inclusione) e quelle che invece impediscono di prendervi parte (criteri di esclusione).
È bene inoltre farsi spiegare come è impostato lo studio e chi lo finanzia, oltre a soppesarne i possibili rischi e benefici. Partecipare a uno studio clinico significa fare da “cavia”? Non è così: i volontari che partecipano a uno studio clinico sono garantiti da una serie di regole stabilite da leggi internazionali e nazionali e da codici etici. Il protocollo viene approvato dalle autorità competenti e da un comitato etico indipendente, costituito da scienziati, operatori sanitari (medici, infermieri eccetera) e semplici cittadini, non legati in alcun modo al gruppo di ricerca che ha richiesto l’approvazione. Lo studio clinico si attiene a delle norme di Buona Pratica Clinica (GCP – Good Clinical Practice) che rappresentano uno standard internazionale di etica e qualità scientifica per progettare, condurre, registrare e relazionare una sperimentazione clinica che coinvolga soggetti umani. L’aderenza a questi standard rappresenta un costo, ma garantisce pubblicamente, oltre l’attendibilità dei dati, anche la tutela dei diritti, della sicurezza, della salute e del benessere di chi è coinvolto nello studio.
Al momento di iniziare lo studio il paziente riceve inoltre tutte le spiegazioni necessarie dal medico curante, dallo sperimentatore e tramite un documento scritto (il consenso informato) che dovrà comprendere fino in fondo e firmare per accettazione.
La firma del consenso informato non è però vincolante a concludere la sperimentazione: in ogni momento un volontario può sospendere la sua partecipazione allo studio.
Inoltre, la privacy è tutelata e i rischi per ogni volontario sono coperti da un’assicurazione.
Per saperne di più.
Per migliorare la conoscenza dei cittadini europei sulla ricerca medica e stimolare la loro partecipazione a studi clinici indipendenti e multinazionali, l’Unione Europea ha finanziato il progetto Ecran (European Communication on Research Awareness Needs). Esso ha lo scopo di “rendere la ricerca medica facile da capire”, superando la barriera di termini ostici e fornendo spiegazioni chiare e attendibili su concetti di base e avanzati tramite contenuti formativi e, nello stesso tempo, amichevoli o divertenti.
A questo scopo ha realizzato materiali nelle 23 lingue europee tra cui un sito http://www.ecranproject.eu
I registri degli studi clinici messi a punto da centri di ricerca, associazioni scientifiche, enti governativi, che elencano le sperimentazioni in corso o che stanno per cominciare su una determinata malattia o problema sono consultabili su Internet al sito
http://www.ecranproject.eu/it/content/registri
dott. Mario Vanzetti