In questo numero della rivista conosciamo meglio la figura di uno dei più grandi autori della letteratura del Novecento: Jorge Luis Borges, poeta, scrittore e filosofo.
L’autore stesso, della sua vita raccontava: “Fin dall’infanzia, gradatamente, la mia vista era andata peggiorando finché si spense del tutto. Ho subito otto operazioni agli occhi, ma, dalla fine degli anni Cinquanta, per quanto riguarda il leggere e lo scrivere sono cieco. Riconosco la finissima ironia di Dio nell’assegnarmi allo stesso tempo ottocentomila libri e l’oscurità. Ma mai la povertà, né quella intellettuale e neppure quella materiale (ancor meno quella spirituale)”.
J.L.Borges nasce a Buenos Aires il 24 agosto del 1899, prematuro. Si stabilisce a Ginevra nel 1918, dove apprende il latino, il francese e il tedesco.
Prosegue intensamente gli studi a Lugano, Majorca, Madrid e infine ritorna a Buenos Aires. Qui inizia la sua “second life”. Siamo nel 1921. Ritornando scopre, o meglio riscopre, la città. La trova cambiata. Moltissimi sono i movimenti culturali di quel momento: ultraismo, modernismo, avanguardismo, ecc…
Con lo stile che lo caratterizzerà poi per tutta la vita, Borges decide di prendere distanza da questi troppi “ismi” e di pensare con la sua testa.
Nel 1938 muore il padre, da anni cieco. L’autore cerca e trova un lavoro presso una piccola biblioteca della periferia. Nel 1944 stampa “Finzioni”: una raccolta di racconti-saggi gremita di temi culturali in cui compaiono i personaggi della sua Biblioteca di Babele: mercanti levantini, aztechi, gauchos, re arabi, cinesi, spioni, filosofi, antroposofici, cospiratori, eroi medievali, Dante, matematici musulmani, poeti persiani, mercanti ebrei askenaziti e sefarditi. Un incredibile campionario di figure per dire che siamo tutti diversi e tutti uguali. Everything and nothing… In “Finzioni” c’è una preveggenza: ipotizza il sistema binario, quello che utilizziamo oggi con il computer. Questo volume (un po’ cervellotico, ma denso del meglio di sé stesso) lo rende noto a livello mondiale. Comincia così la “terza vita”. Quella che gli fa dire che non gli importano i libri che ha scritto, ma lo rendono orgoglioso quelli letti. Nel frattempo, diventa direttore della Biblioteca Nazionale Argentina, poi licenziato dal presidente, ma rinominato direttore da Cristina Ocampo nel 1955. Letture e riletture, in attesa di veder scorrere, nel fiume di Heraclito, i suoi detrattori. Borges non era un prodotto così facile da vendere e il successo arrivò solo quando intellettuali, perlopiù francesi, inglesi e qualche italiano, trovarono geniali il suo miscuglio di filosofie in direzione opposta e contraria, l’essere scettico e simmetrico, la ricerca del colore nascosto delle cose, il suo desiderio di conoscenza, la forza della parola/poesia che diventa musica e quindi infinita.
Negli anni 80’ si lega a Maria Kodama, sua allieva (di 40 anni più giovane), musa ispiratrice, innamorata accompagnatrice, seconda moglie e, dopo la morte, sua custode ed unica ereditiera di uno sterminato patrimonio (per i diritti editoriali delle 140 lingue in cui è tuttora tradotto).
Muore nel 1986 a Ginevra. Maria era al suo capezzale, riferisce che il Maestro mormorò nelle sue tre lingue - antico sassone, inglese e spagnolo- la Preghiera Universale, il Padre Nostro. Riposa in un piccolo cimitero svizzero, ma qualcuno vorrebbe traslocarlo in Argentina.
Come tutte le persone molto intelligenti, era anche infinitamente buono, conosceva, senza averle mai lette, né viste, le leggi dell’ospitalità.
Dal 1953 era diventato vegetariano.
Valter Perosino