Spesso siamo giudicati "gufi" o "catastrofisti" quando segnaliamo i gravi problemi che affliggono l'oculistica pubblica torinese. In realtà il nostro intento è però solo quello di stimolare e promuovere una autentica riorganizzazione.
Ci sembra allora assolutamente doveroso trascrivere integralmente l'articolo di Massimiliano Peggio pubblicato sul quotidiano La Stampa di martedì 30 giugno u.s. Ognuno è libero di farsi una propria opinione ma i fatti sono fatti. Buona lettura:
Basta una banale scheggia di legno in un occhio a svelare un lato inaccettabile della sanità torinese, dopo tanto lavoro eccezionale alle prese con il Covid. Capita così che la routine del soccorso diventi, a volte, il peggior nemico di chi sta in prima linea. "Guardi in alto, guardi in basso, destra, sinistra.
Bah non vedo niente, facciamo un lavaggio oculare.
Non sono un oculista, sarebbe il caso di farsi vedere da uno specialista.
Venga domani". Così si è sentito dire sabato scorso, S.C., trentenne, dipendente di una catena di negozi fai da te, dopo essere stato visitato da un medico del pronto soccorso del Maria Vittoria che gli ha ispezionato l'occhio usando la torcia dello smartphone.
Ecco come una scheggia può diventare un calvario. "Mi sono fatto male lo scorso venerdì. Sabato nel pomeriggio, dopo un giorno di dolore, telefono alla guardia medica chiedendo che cosa potevo fare.
Mi dicono di rivolgermi all'Oftalmico o al Maria Vittoria". Prima va all'Oftalmico.
Ma lì, al sabato sera, il pronto soccorso non è attivo. "Purtroppo, chi mi ha dato l'indicazione dalla guardia medica non lo sapeva.
Un medico dell'Oftalmico mi spiego che non poteva visitarmi e che dovevo andare al Maria Vittoria.
Lì forse avrei trovato un oculista.
Forse? Armato di pazienza, e con l'occhio dolorante, vado al Maria Vittoria". Test della febbre, attesa relativamente breve, triage.
A quel punto, dopo le 21, viene visitato.
Al termine della visita con la torcia dello smartphone, il medico lo invita a ripresentarsi il giorno dopo, domenica, direttamente al pronto soccorso del Maria Vittoria spiegando quanto successo il giorno precedente.
Giorno due. "Domenica, dopo una notte orribile, prima di tornare al Maria Vittoria, provo a farmi visitare al pronto soccorso dell'Oftalmico che apre alle 8. Di fronte a me c'erano già 15 persone in attesa di triage.
Ci provo.
Dopo un po' rinuncio, stavo troppo male, decido di proseguire per il Maria Vittoria.
Prima però telefono al numero che mi era stato dato il giorno prima, chiedo informazioni.
Mi dicono che l'oculista c'è e che mi avrebbe visitato". Di nuovo la trafila.
Test della febbre, coda, triage.
Dopo aver spiegato l'esito dell'accesso del giorno precedente lo indirizzano al reparto. "Mi piazzo davanti alla porta e aspetto.
Non sento rumori.
Suono, busso più volte, nessuno apre.
Dopo una lunga attesa, un medico, passando di lì, mi spiega che l'oculista non c'è di domenica.
Così torno in pronto soccorso e spiego il problema.
Si scusano, dicendo che l'oculista non si era presentato".
Epilogo.
Sempre dolorante, finisce per giocare l'ultima carta dei pazienti disperati.
Chiama un'amica e chiede aiuto: "Conosci qualcuno"? L'amica lo indirizza ad un bravo un oculista privato, che comprende subito la gravità e lo visita d'urgenza domenica pomeriggio in uno studio con macchinari all'avanguardia. "Lei ha una scheggia nell'occhio, va subito rimossa" gli dice il medico.
Tutto risolto in un'ora e mezza.
A pagamento.
E ci mancherebbe.
Ma che senso di scoraggiamento dopo tanto eroismo in corsia. -.