Era il 21 giugno 1990 quando ci recammo dal notaio Musso di Torino per sottoscrivere l'atto costitutivo di A.P.R.I. Sette amici volonterosi, affiancati da alcuni medici oculisti, tutti molto arrabbiati per essere stati scaricati, nello spazio di ventiquattro ore, dalla maggiore organizzazione dei ciechi italiani. Nessuno, forse neppure noi stessi, avrebbe immaginato che, a distanza di tre decenni, saremmo stati ancora qui e soprattutto costantemente in crescita.
Dapprima l'atteggiamento della categoria era improntato alla sfiducia e al sarcasmo: ma dove vogliono arrivare questi giovani senza né arte né parte? Dopo il sarcasmo arrivarono però presto le persecuzioni, le calunnie, infine i riconoscimenti e la stima da parte di molti.
Oggi, che molti di noi giovani purtroppo non lo sono più, possiamo però, con legittimo orgoglio, far vedere quello che siamo riusciti a fare. Per essere molto sintetici: prima sono arrivati i progetti europei, poi l'ingresso nel mondo dei servizi educativi, quindi le attività sanitarie di riabilitazione visiva, i social, i tanti giovani, infine il decollo sul piano nazionale con l'apertura di sezioni in giro per l'Italia.
Oggi APRI-onlus è una realtà solida, stimata, riconosciuta, apprezzata e qualche volta..., il che non guasta, anche forse temuta. Tutto questo tempo è davvero volato perché, quando si lavora sodo, i giorni, i mesi e gli anni passano veloci.
A causa dell'emergenza sanitaria i festeggiamenti per il trentennale sono stati rinviati. Ciò non ci impedisce tuttavia di ricordare la strada percorsa, a partire da quegli amici che ne hanno fatta un bel pezzo con noi, e poi purtroppo hanno lasciato questo mondo: Gabriella Garzillo, Maria Luisa Della Rovere, Romano Rea, Eleonora Manzin, Ivo cavallo. E poi, non di meno, coloro che hanno lasciato un segno indelebile per poi allontanarsi a causa di svariati motivi, spesso solo anagrafici: Luciana Balducci, Piero Frisone, Angelo Costantino Sartoris, Nella Fubini, Sandra Giacomazzi ecc. Non ho fatto che pochi nomi: molti di più meriterebbero in realtà di essere citati e ringraziati.
Ci tengo infatti a non essere lungo e noioso. L'autocelebrazione non fa parte del nostro DNA. Concludo allora incoraggiando tutti a proseguire, con entusiasmo, pazienza, buona volontà e moderazione. Un passo dopo l'altro, questo deve essere il nostro motto, mai il passo più lungo della gamba, ma sempre comunque in avanti e senza arretrare. L'APRI, del resto, è nata in Piemonte ed i Piemontesi sono noti per la loro determinazione silenziosa e laboriosa. Avanti sempre così!
Marco Bongi