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UN FERRAGOSTO DI FIABA!

16-08-2018 | Categoria Cultura

Cogliamo l'occasione di questo periodo di mezza estate, quando i ritmi rallentano e quasi tutti pensano a rilassarsi, per inviarvi una lettura distensiva da assaporare magari sotto l'ombrellone o nel fresco della montagna. Si tratta di un estratto di un racconto scritto dalla nostra nuova carissima amica maestra Paola Ferrero, insegnante appassionata di letteratura per bambini e ipovedente da qualche anno. Il testo è un po' lungo ma senz'altro avvincente e significativo. Ringraziamo l'autrice per averci autorizzato la pubblicazione. Buona lettura dunque e ancora tanti auguri a tutti di Buone Vacanze. Arisentirci la prossima settimana!

Paola Ferrero

LE STRANE FATICHE DI UNA FALSA VEDENTE

 

1

“Nonna mi racconti la storia di quando vedevi strano?”

“Di nuovo? Te l’ho già raccontata tante volte!”

“Lo so, ma mi piace tanto. Ti prego!”

“Va bene. Tu però mi prometti che non la racconterai a nessuno?”

“Certo! Tu però mi prometti che mi aiuterai a fare i compiti?”

“Va bene, te lo prometto, ma non so quanto ne sono capace, conosco così poco la tua lingua madre!”

“Non importa, basta che tu ti sieda vicino a me e mi faccia compagnia.”

“Tu però mi prometti che per tutto il periodo che sarai qui in vacanza mi accompagnerai ogni giorno a fare una passeggiata sulla spiaggia?”

“Sì che te lo prometto! E quando saremo lì tu mi racconterai di quando vedevi strano!”

“Affare fatto piccola mia!”

“Oggi il mare mi sembra molto tranquillo. Raccontami come si muovono le onde bambina mia.”

“Si muovono lente, lente, nonna.”

“Da che parte vanno?”

“Vanno verso il molo.”

“Allora il tempo dovrebbe restare sereno per i prossimi giorni. È iniziato ieri l’inverno ma oggi pare un giorno di primavera. Dimmi se vedi dei gabbiani, non li ho ancora sentiti stamattina.”

“Ne vedo solo uno che vola vicino al molo, forse sono andati a pescare.”

“O forse sono andati dietro alle barche dei pescatori di Rio Maggiore sperando di mangiarsi qualche avanzo!”

“Già è possibile! Ma oggi nonna cosa vedi dallo spioncino?”

“Vedo che c’è la luce del sole che brilla sul mare.”

“E vedi me?”

“Se ti siedi qui vicino forse riesco a vederti con le mie mani.”

“Eccomi nonna, guarda come mi sono pettinata stamattina!”

“Fammi sentire … ma come? Hai legato i tuoi bellissimi riccioli in due codini? Preferisco quando li tieni sciolti sulle spalle i tuoi meravigliosi capelli biondi!”

“Anche io, ma la mamma dice che così sono più ordinata!”

“La mamma ha ragione, però adesso non c’è e non sa che il vento ti ha sciolto i codini, ecco … così!”

“Mi fai ridere nonna!”

“Mi sembrava di aver visto dal mio piccolo spioncino che la tua boccuccia sorridesse e che i tuoi occhi color del mare brillassero di più!”

“Sì nonna, mi fai ridere, ma mi hai promesso che mi raccontavi la storia di quando vedevi strano.”

“Hai ragione. Da cosa vuoi che inizio?”

“Da quando hai imparato a fare i giochi di prestigio.”

“Va bene. Allora comincio. Ma prima non vuoi sapere come faccio a vedere il tuo sorriso, i tuoi capelli e il colore dei tuoi occhi?”

“Mi piacerebbe.”

“Devi sapere che tanti anni fa, quando ancora il mio spioncino era più aperto di adesso, tu non eri ancora nata e io ti ho sognata.”

“Davvero? E com’ero?”

“Oh, eri piccola, molto graziosa, con tanti riccioli biondi, un sorriso splendente come quello di tuo padre e gli occhi color del cielo come quelli di tua madre. Sai mi chiedevo, a quei tempi, come avrebbero potuto essere i miei nipoti con mio figlio così mediterraneo, capelli ricci e occhi scuri, e la sua fidanzata, la tua mamma, così bionda con i capelli lisci, lisci e i grandi occhi azzurri. Il sogno me lo rivelò e ne fui proprio contenta. Sai quello era il periodo in cui ero bravissima nei miei giochi di prestigio. Quello che mi riusciva meglio era non far capire a nessuno che non ci vedevo quasi più. Avevo molti trucchi sai?”

“Lo so! Mi racconti quello dei gradini?”

“Quello è stato il primo dei miei giochi di prestigio e di sicuro il più facile. Fare i gradini, per una come me che vedeva solo dallo spioncino, era una delle cose più difficili e pericolose. Rischiavo di cadere e di farmi male seriamente. Così ho scoperto il trucco

del -conta gradini-.”

“E come si faceva?”

“La cosa era molto facile: se arrivavo in un posto che non conoscevo e mi trovavo una scala in salita mi bastava contare i gradini salendo. Il mio cervello registrava il numero e quando dovevo scendere mi bastava trovare il primo gradino, ricordare il numero di gradini da scendere e il gioco era fatto.”

“Sembra una cosa facile!”

“Solo che a volte era difficile trovare il primo gradino. Se non avevo nulla che mi potesse aiutare, che so, una ringhiera, un ombrello a cui appoggiarmi, o anche solo un’ombra che me lo facesse individuare, diventava un problema. Allora facevo scivolare adagio un piede fino a che non lo individuavo. In quel periodo conoscevo a memoria il numero dei gradini di un sacco di posti. La scuola dove lavoravo, ad esempio aveva una rampa di sei gradini, poi una di otto e una di quattordici all’esterno. All’interno invece c’erano due rampe da undici gradini e una da sette. Sono sicura che se avessero chiesto a chiunque quanti gradini ci fossero nella scuola, nessuno avrebbe saputo   rispondere, tranne me ovviamente! Chi ci vede non fa caso a questi dettagli. Io conoscevo così bene il loro numero che ero sicura di non cadere, fatto salvo di trovare il primo gradino.”

“E se non lo trovavi?”

“Se non c’era nessuno vicino a me cercavo di individuarlo facendo scivolare il piede, se c’era qualche persona nei paraggi mettevo in atto un altro gioco di prestigio.”

“Quale nonna? Quale?”

“Era davvero divertente. Facevo finta di cercare qualcosa in tasca o nella borsa, intanto facevo scivolare il piede fino a trovare il primo gradino. Chiunque ci poteva cascare, ero una bravissima attrice!”

“Mi fa proprio ridere questo! Davvero nessuno si accorgeva?”

“Davvero! L’importante è riuscire a distogliere l’attenzione di una persona da quello che ti interessa facendogli notare qualcos’altro.”

“Che cosa buffa!”

“Poi avevo trovato anche un altro gioco di prestigio, quello del telefonino.”

“E come facevi?”

“Questo era il mio preferito, soprattutto se mi trovavo in un posto con tanta gente. Mi fermavo, e già questo mi serviva per orientare il mio spioncino verso i gradini, poi cercavo il telefonino, lo prendevo e fingevo di leggere un messaggio o di cercare un numero per una chiamata. Mi è anche capitato di telefonare per finta, sai!”

“Davvero?”

“Davvero. Facendo finta di fare altre cose il mio piede individuava il primo gradino, poi iniziavo a contare nella mente il numero degli scalini che avevo imparato a memoria e voilà, scendevo le scale indenne.”

“Che ridere nonna, facevi finta di telefonare!”

“Sì in un certo senso era pure divertente.”

“Perché lo facevi? Ti vergognavi che non ci vedevi?”

“Vedi, in realtà non mi vergognavo, ma le persone non potevano capire, soprattutto chi non mi conosceva. Vedi io non ero proprio cieca allora, ma solo ipovedente, una parolona per dire che ci vedevo poco o niente. Se la gente vede un cieco con il bastone per la strada lo scansa e pensa –Poverino!- e continua a farsi i fatti suoi. Invece io sembravo, a tutti gli effetti, una che ci vedeva. Come facevo a spiegare alla gente che vedevo solo dallo spioncino? Così preferivo che non si capisse.”

“Per questo mi dici sempre che eri una falsa vedente?”

“Sì proprio per questo! Anzi, sai, fin che ho potuto ho lavorato come una persona vedente. Non ho mai chiesto vantaggi di nessun genere. Un giorno però ho dovuto accettare la mia difficoltà e così ho continuato a lavorare usando i miei giochi di prestigio, anzi li ho pure migliorati!”

“Mi spieghi come vedevi dal tuo spioncino?”

“Certo! Io vedevo … come un pirata! Però le campane stanno suonando mezzogiorno, dobbiamo tornare a casa che il nonno è molto preciso e ci vuole a casa per il pranzo senza un minuto di ritardo!”

“Va bene nonna, allora la storia del pirata me la racconti domani!”

“Certo Helga, te la racconto domani quando torniamo sulla spiaggia.”

CONTINUA…

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